Il Santo Rosario

L'Eucarestia

Somma Teologica III, q. 81

L'uso che Cristo fece di questo sacramento nell'istituirlo

Dobbiamo ora esaminare l'uso che Cristo fece di questo sacramento nell'istituirlo.
In proposito si pongono quattro quesiti: 1. Se Cristo abbia sunto lui stesso il suo corpo e il suo sangue; 2. Se li abbia dati a Giuda; 3. Se abbia sunto o ministrato un corpo passibile o impassibile; 4. Come sarebbe stato presente Cristo in questo sacramento, se fosse stato conservato o consacrato nel triduo della sua morte.

ARTICOLO 1

Se Cristo abbia sunto il corpo e il sangue suo proprio

(Oggi si ritiene che Gesù non si sia comunicato quando ha istituito l'Eucarestia).

SEMBRA che Cristo non abbia sunto il corpo e il sangue suo proprio. Infatti:
1. Delle azioni e delle parole di Cristo non si deve asserire ciò che non è attestato dall'autorità della S. Scrittura. Ma negli Evangeli non è detto che Cristo abbia mangiato il proprio corpo, o bevuto il proprio sangue. Ciò dunque non si deve asserire.

2. Nessuna cosa può essere in se stessa se non nel senso che una sua parte è in un'altra, come dice Aristotele. Ora, ciò che si mangia e si beve, è nel soggetto che mangia e beve. Perciò Cristo, essendo presente nella sua integrità in entrambe le specie sacramentali, è impossibile che egli stesso abbia sunto questo sacramento.
3. La ricezione di questo sacramento è di due specie: spirituale e sacramentale. Ma a Cristo non si addiceva quella spirituale, perché egli nulla poteva ricevere dai sacramenti. Quindi non gli si addiceva neppure quella sacramentale, poiché essa senza la comunione spirituale è imperfetta, come sopra abbiamo visto. Dunque in nessun modo Cristo fece uso di questo sacramento.

IN CONTRARIO: S. Girolamo ha scritto: "Il Signore Gesù è insieme convitato e convito, commensale e vivanda".

RISPONDO: Alcuni hanno sostenuto che Cristo nella Cena diede il suo corpo e il suo sangue ai discepoli, senza sumerli egli stesso. Ma questo non sembra plausibile. Perché Cristo per primo osservò i riti che istituì come obbligatori per gli altri: così egli stesso volle essere battezzato prima d'imporre agli altri il battesimo, secondo le parole degli Atti: "Cominciò Gesù a fare e poi a insegnare". Perciò egli per primo dovette sumere il corpo e sangue propri, per poi darli ai suoi discepoli. È quanto la Glossa dice commentando quel passo di Rut, "Avendo mangiato e bevuto, ecc.", "Cristo mangiò e bevve nella Cena, quando diede ai discepoli il sacramento del suo corpo e del suo sangue. Cosicché, "avendo i servi partecipato della sua carne e del suo sangue, anch'egli volle parteciparne"".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nei Vangeli si legge che Cristo "prese il pane e il calice". Ciò non significa che li abbia presi soltanto in mano, come dicono alcuni, ma che li prese nello stesso modo in cui li fece prendere agli altri. Perciò, avendo detto ai discepoli: "Prendete e mangiate", e poi: "Prendete e bevete", si deve intendere che il Signore stesso prendendoli abbia mangiato e bevuto. Di qui i versi spesso ripetuti: "Siede alla Cena; intorno ha la schiera dei dodici; tiene se stesso in mano; cibo è di sé lui stesso".
2. Cristo, come si disse sopra, per il modo in cui è presente in questo sacramento, si riferisce allo spazio non secondo le proprie dimensioni, ma secondo le dimensioni delle specie sacramentali, cosicché dovunque sono quelle specie là egli è presente. E poiché quelle specie potevano stare nelle mani e nella bocca di Cristo, Cristo stesso poté essere tutto intero nelle proprie mani e nella propria bocca. Ciò non sarebbe potuto avvenire secondo il rapporto con lo spazio delle dimensioni proprie.
3. Effetto dell'Eucarestia, come si disse sopra, non è solo l'aumento della grazia abituale, ma anche il gusto immediato della dolcezza spirituale. Ora, Cristo, sebbene non abbia ricevuto dalla percezione di questo sacramento una crescita di grazia, ebbe tuttavia un godimento spirituale nell'istituzione di questo nuovo sacramento, tanto da dire: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi". S. Eusebio riferisce questo passo al mistero del nuovo Testamento che egli stava per dare ai suoi discepoli. Perciò Cristo si comunicò spiritualmente e anche sacramentalmente, prendendo il proprio corpo sotto il sacramento che volle e istituì come sacramento del suo corpo. In modo però diverso da come si comunicano sacramentalmente e spiritualmente gli altri, perché questi ricevono un aumento di grazia, e perché hanno bisogno dei segni sacramentali per mettersi a contatto con la verità.

ARTICOLO 2

Se Cristo abbia dato il proprio corpo a Giuda

SEMBRA che Cristo non abbia dato il proprio corpo anche a Giuda. Infatti:
1. Come si legge in Matteo, dopo che il Signore ebbe dato ai discepoli il suo corpo e il suo sangue, disse loro: "D'ora in poi non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio". Da queste parole risulta che quelli cui aveva dato il suo corpo e sangue avrebbero poi bevuto di nuovo con lui. Ma Giuda non bevve più con lui. Dunque Giuda non ricevette con gli altri discepoli il corpo e il sangue di Cristo.
2. Il Signore metteva in pratica quello che comandava; conforme alle parole degli Atti: "Cominciò Gesù a fare e poi a insegnare". Ora, egli comandò: "Non date ai cani le cose sante". Conoscendo dunque che Giuda era in peccato, non gli può aver offerto il suo corpo e il suo sangue.
3. Si legge che Cristo porse a Giuda personalmente "del pane intinto". Se dunque gli diede il proprio corpo, glielo diede allora con quel boccone, tanto più che Giovanni dice: "Appena Giuda ebbe preso il boccone, Satana entrò in lui"; e S. Agostino commenta: "Qui ci viene insegnato quanto dobbiamo guardarci dal ricevere malamente il bene. Se infatti si rimprovera chi non distingue il corpo del Signore dagli altri cibi, come non sarà condannato chi fingendosi amico si accosta da nemico alla sua mensa?". Ora, con il boccone di pane inzuppato Giuda non prese il corpo di Cristo, come nota S. Agostino commentando le parole di S. Giovanni, "intinto un pezzetto di pane, lo diede a Giuda di Simone Iscariota": "Giuda non ricevette da solo allora il corpo di Cristo, come credono alcuni, leggendo senza attenzione". Dunque Giuda non ricevette il corpo di Cristo.

IN CONTRARIO: Il Crisostomo afferma: "Giuda, pur partecipando ai misteri, non si convertì. E così il suo delitto è per ogni verso più enorme: sia perché si accostò ai misteri con quel cattivo proposito, sia perché dopo averli ricevuti non divenne migliore, né per il timore, né per la gratitudine né per l'onore".

RISPONDO: S. Ilario sostiene che Cristo non diede a Giuda il suo corpo e il suo sangue. E ciò sarebbe stato conveniente, considerata la malizia di Giuda. Ma poiché Cristo doveva essere per noi esempio di giustizia, non si addiceva al suo magistero separare dalla comunione degli altri Giuda peccatore occulto, senza un'accusa e una prova evidente, per non dare così l'esempio ai superiori ecclesiastici di fare lo stesso; e per evitare che Giuda, dall'esasperazione prendesse da ciò occasione di peccare. Dobbiamo quindi affermare che Giuda assieme agli altri discepoli ricevette il corpo e il sangue del Signore, come ritengono Dionigi e S. Agostino.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La ragione è quella usata da S. Ilario, per dimostrare che Giuda non ricevette il corpo di Cristo. Ma non è una ragione cogente. Perché Cristo si rivolge ai discepoli, dal collegio dei quali Giuda si separò, senza che Cristo lo avesse escluso. Perciò Cristo, per quanto dipendeva da lui, era disposto a bere il vino nel regno di Dio anche con Giuda; ma Giuda stesso rifiutò questo convito.
2. La malizia di Giuda era nota a Cristo come Dio, ma non gli era nota nel modo umano. Quindi Cristo non respinse Giuda dalla comunione, per dare l'esempio agli altri sacerdoti, perché non respingessero i peccatori occulti.
3. Certamente Giuda col pane intinto non ricevette il corpo di Cristo, ma semplice pane. "Forse però quell'intingolo sul pane indica", dice S. Agostino "la finzione di Giuda: alcune cose infatti si tingono per camuffarle. Se invece l'intingolo significa qui qualche cosa di buono", cioè la dolcezza della bontà divina, perché il pane è reso più sapido dall'intingolo, "giustamente la dannazione colpì chi fu ingrato a quel beneficio". A causa di tale ingratitudine "il bene divenne male per Giuda", come accade a coloro che ricevono indegnamente il corpo di Cristo.
Inoltre a detta di S. Agostino "si deve ritenere che il Signore prima distribuì a tutti i suoi discepoli il sacramento del suo corpo e del suo sangue, Giuda compreso, secondo il racconto di Luca. E poi avvenne quanto racconta Giovanni, che cioè il Signore mostrò chi era il traditore porgendogli un boccone di pane intinto".

ARTICOLO 3

Se Cristo abbia consumato e offerto ai discepoli il proprio corpo in stato d'impassibilità

SEMBRA che Cristo abbia consumato e offerto ai discepoli il suo corpo in stato d'impassibilità. Infatti:
1. Commentando le parole di S. Matteo "si trasfigurò dinanzi a loro", la Glossa afferma: "Ai discepoli nella Cena diede quel corpo che aveva per natura, non mortale però né passibile". E, commentando un passo del Levitico, dice: "La croce, forte più di tutte le cose, rese la carne di Cristo atta ad essere mangiata, mentre prima della passione sembrava non commestibile". Ora, Cristo diede il suo corpo come atto a essere mangiato. Quindi lo diede quale esso fu dopo la passione, ossia impassibile e immortale.

2. Ogni corpo passibile soffre se viene pressato e masticato. Se dunque il corpo di Cristo fosse stato passibile, avrebbe sofferto nell'essere pressato e masticato dai discepoli.
3. Le parole sacramentali, ora che le proferisce il sacerdote in nome di Cristo, non sono più efficaci di quando furono pronunziate da Cristo stesso. Ma ora in virtù delle parole sacramentali il corpo di Cristo sull'altare viene consacrato impassibile e immortale. Dunque tanto più allora.

IN CONTRARIO: Come dice Innocenzo III, "(Cristo) diede ai suoi discepoli il suo corpo, quale egli allora lo possedeva". Ma allora possedeva un corpo passibile e mortale. Dunque diede ai suoi discepoli il suo corpo passibile e mortale.

RISPONDO: Ugo di S. Vittore sostenne che Cristo prima della passione in circostanze diverse assunse le quattro doti del corpo glorificato: la sottilità nella nascita, quando uscì dall'utero della Vergine lasciandolo intatto; l'agilità quando camminò a piedi asciutti sul lago; la luminosità nella trasfigurazione; l'impassibilità nella Cena, quando diede il suo corpo in cibo ai discepoli. E così avrebbe dato ai suoi discepoli il proprio corpo in stato d'impassibilità e di immortalità.
Ma checché si dica delle altre doti, di cui abbiamo già parlato in precedenza, non si può tuttavia accettare ciò che si asserisce rispetto all'impassibilità. Infatti era certamente il vero e identico corpo di Cristo quello che vedevano allora i discepoli nella sua specie e quello che veniva ricevuto sotto le specie del sacramento. Ora, esso non era impassibile nella specie propria in cui lo vedevano, ché anzi era pronto alla passione. Quindi nemmeno il corpo di Cristo sotto la specie del sacramento era impassibile.
Tuttavia quel corpo, che in se stesso era passibile, si trovava in modo impassibile sotto le specie sacramentali: come vi si trovava in modo invisibile, pur essendo in se stesso visibile. Infatti come la visione richiede il contatto tra l'oggetto visibile e il mezzo interposto, così la passione richiede il contatto tra il corpo passibile e le cose che agiscono su di esso. Ora, il corpo di Cristo, secondo il modo in cui è presente nel sacramento, e di cui abbiamo parlato sopra, non è in relazione con l'ambiente circostante mediante le proprie dimensioni, con le quali i corpi si toccano tra loro, ma mediante le dimensioni delle specie del pane e del vino. Di conseguenza a patire e a esser viste sono le specie, non già il corpo stesso di Cristo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che Cristo nella Cena diede il suo corpo non mortale e passibile, nel senso che non lo diede in modo fisico e cruento. - La croce poi rese la carne di Cristo atta a essere mangiata, perché questo sacramento aveva il compito di rappresentare la passione di Cristo.
2. L'argomento varrebbe se il corpo di Cristo, che allora era passibile, così fosse stato presente nell'Eucarestia in modo passibile.
3. Gli accidenti del corpo di Cristo, come si disse sopra, sono presenti in questo sacramento per naturale concomitanza, non già in forza del sacramento, il quale rende presente la sostanza del corpo di Cristo. Perciò la virtù delle parole sacramentali ha il compito di produrre e rendere presente nel sacramento il corpo di Cristo, con tutti gli accidenti che (in quel momento) realmente possiede.

ARTICOLO 4

Se Cristo sarebbe morto nell'Eucarestia, qualora al momento della sua morte questa fosse stata conservata in una pisside, o consacrata da un Apostolo

SEMBRA che Cristo in questo sacramento, qualora al momento della sua morte fosse stato conservato in una pisside, o consacrato da un Apostolo, non sarebbe morto. Infatti:
1. La morte di Cristo avvenne mediante la sua passione. Ma Cristo era anche allora in questo sacramento in modo impassibile. Dunque non avrebbe potuto morire in questo sacramento.

2. Nella morte di Cristo il suo sangue fu separato dal corpo. Ma in questo sacramento è presente insieme il corpo e il sangue di Cristo. Dunque Cristo in questo sacramento non sarebbe morto.
3. La morte avviene per separazione dell'anima dal corpo. Ma in questo sacramento è presente tanto il corpo quanto l'anima di Cristo. Dunque in questo sacramento Cristo non poteva morire.

IN CONTRARIO: Nel sacramento ci sarebbe stato lo stesso Cristo che era sulla croce. Ma sulla croce egli allora moriva. Dunque sarebbe morto anche nel sacramento.

RISPONDO: Sia in questo sacramento che nella propria specie il corpo di Cristo è identico nella sostanza, ma non è identico nel modo: infatti nella propria specie esso viene a contatto con i corpi circostanti mediante le proprie dimensioni, il che non avviene come si è visto sopra, nell'Eucarestia. Quindi tutto ciò che è vero di Cristo quanto alla sua sostanza, gli può essere attribuito e nella propria specie e nella presenza eucaristica: p. es. vivere, morire, soffrire, essere animato o inanimato e cose simili. Tutto ciò che al contrario è vero di lui per i suoi rapporti con i corpi esterni, gli può essere attribuito se si considera nella propria specie, non già nella sua presenza eucaristica: si esclude quindi che possa essere deriso, coperto di sputi, crocifisso, flagellato e cose simili. Sono perciò giustificati quei versi: "Nella pisside giunge il dolor sofferto, ma non gli attribuire quello inferto".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La passione, come abbiamo notato implica l'atto di un agente estrinseco. Perciò Cristo, nella sua presenza sacramentale non poteva subirla. Invece poteva morire.
2. In forza della consacrazione, sotto le specie del pane, come si è detto sopra, è presente il corpo di Cristo, e sotto le specie del vino è presente il sangue. Adesso però, non essendo il sangue di Cristo separato dal suo corpo, sotto le specie del pane è presente per reale concomitanza anche il sangue di Cristo insieme al corpo; e sotto le specie del vino è presente anche il corpo insieme al sangue. Se invece al tempo della passione di Cristo, quando il suo sangue fu realmente separato dal suo corpo, fosse stato consacrato questo sacramento, sotto le specie del pane sarebbe stato presente soltanto il corpo e sotto le specie del vino soltanto il sangue.
3. L'anima di Cristo, come si disse sopra, è presente in questo sacramento per naturale concomitanza, perché non è separata dal corpo; ma essa non è presente in forza della consacrazione. Perciò, se questo sacramento fosse stato consacrato o conservato nel tempo in cui l'anima era realmente separata dal corpo, in questo sacramento non sarebbe stata presente l'anima di Cristo: non per difetto di virtù nelle parole sacramentali, ma per la diversa condizione della realtà.