Il Santo Rosario

La Speranza

Somma Teologica II-II, q. 22

I precetti relativi alla speranza e al timore

Passiamo così a studiare i precetti relativi alla speranza e al timore.
Due sono i punti da considerare: 1. I precetti relativi alla speranza; 2. I precetti relativi al timore.

ARTICOLO 1

Se sia giusto dare dei precetti sulla speranza

SEMBRA che non si dovesse dare nessun precetto relativo alla virtù della speranza. Infatti:
1. Quando per ottenere un effetto basta una cosa, non è necessario ricorrere ad altro. Ora, l'uomo è portato efficacemente a sperare il bene dalla stessa inclinazione naturale. Perciò non è necessario spingerlo a questo con un precetto della legge.
2. Siccome il precetto ha di mira gli atti di virtù, i precetti principali devono riguardare gli atti delle virtù principali. Ma tra tutte le virtù le principali sono le tre teologali, cioè fede, speranza e carità. E poiché i principali precetti della legge sono quelli del decalogo, a cui si riducono tutti gli altri, come sopra abbiamo visto; sembra che se si volevano dare dei precetti sulla speranza, questi dovevano trovarsi nel decalogo. Ma non vi si trovano. Dunque nella legge non si doveva dare nessun precetto sugli atti della speranza.
3. Comandare l'atto di una virtù e proibire l'atto del vizio contrario sono cose che si equivalgono. Ora, non si trova un precetto che proibisca la disperazione, che è contraria alla speranza. Quindi non è giusto che si diano dei precetti sulla speranza.

IN CONTRARIO: S. Agostino, nel commentare quel passo evangelico: "Questo è il mio comandamento, che vi amiate scambievolmente", afferma: "Ci sono stati dati molti comandamenti sulla fede; molti sulla speranza". Dunque è giusto che ci siano dei precetti sulla speranza.

RISPONDO: Tra i precetti che si riscontrano nella Scrittura alcuni formano la sostanza della legge: altri invece sono preparatori alla legge. Sono preparatori quelli, senza dei quali la legge non può sussistere. Tali sono i precetti relativi agli atti della fede e della speranza: perché l'atto della fede porta la mente umana a riconoscere l'autore della legge, al quale deve sottomettersi; e la speranza del premio induce l'uomo all'osservanza dei precetti. Invece i comandamenti che formano la sostanza della legge son quelli che vengono imposti all'uomo già sottoposto, e preparato ad obbedire, e che riguardano l'onestà della vita. Ecco perché essi vengono proposti subito come precetti fin dalla promulgazione stessa della legge. Invece i comandamenti relativi alla speranza e alla fede non si dovevano proporre come precetti: poiché se uno già non credesse e non sperasse, sarebbe inutile imporgli la legge. Però come il precetto della fede, stando alle cose già dette, doveva essere proposto come una dichiarazione e un ricordo; così anche il precetto della speranza doveva essere presentato nella prima istituzione della legge come una promessa: infatti colui che promette il premio a chi obbedisce, con ciò stesso esorta alla speranza. Perciò tutte le promesse contenute nella legge eccitano alla speranza.
Tuttavia, una volta stabilita la legge, è compito dei sapienti non solo indurre gli uomini all'osservanza dei precetti, ma più ancora a conservare i fondamenti della legge. Perciò dopo la prima enunciazione della legge la Sacra Scrittura in più modi induce gli uomini alla speranza; anche con ammonimenti e precetti, e non più soltanto con le promesse come nei libri della legge. Ciò è evidente in quel detto dei Salmi: "Sperate in lui voi tutti del popolo", e in molti altri passi della Scrittura.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La natura porta efficacemente a sperare il bene proporzionato alla natura umana. Ma per indurre l'uomo a sperare il bene soprannaturale ci voleva l'autorità della legge divina, in parte con le promesse, e in parte con gli ammonimenti e i precetti. - Tuttavia anche per cose alle quali porta l'inclinazione stessa della ragione naturale, come sono gli atti delle virtù morali, furono necessari i precetti della legge divina, per una maggiore sicurezza; e specialmente perché la ragione naturale era ottenebrata per le concupiscenze del peccato.
2. I precetti del decalogo appartengono alla prima enunciazione della legge. Per questo in essi non si trova nessun precetto riguardante la speranza: ma bastava allora indurre alla speranza presentando delle promesse, come si fa nel primo e nel quarto comandamento.
3. Per cose la cui osservanza è imposta come un dovere da compiere, basta il precetto affermativo; nel quale sono incluse anche le proibizioni per gli atti da evitare. Nella legge, p. es., viene dato il precetto di onorare i genitori: mentre non esiste la proibizione di disonorarli, se non nella minaccia della pena a coloro che li disonorano. E poiché è un dovere per l'uomo sperare la propria salvezza, bisogna indurvelo in uno dei modi suddetti, quasi in maniera affermativa, nella quale è inclusa la proibizione del contrario.

ARTICOLO 2

Se si dovesse dare un precetto relativo al timore

SEMBRA che nella legge non si dovesse dare nessun precetto sul timore. Infatti:
1. Il timor di Dio riguarda cose che sono introduttive alla legge, essendo "inizio della sapienza". Ma le cose introduttive alla legge non cadono sotto i precetti della legge. Dunque sul timore non si doveva dare nessun precetto nella legge.
2. Posta la causa si pone anche l'effetto. Ma l'amore è la causa del timore: poiché ogni timore, come insegna S. Agostino, deriva da qualche amore. Quindi, una volta posto il precetto dell'amore, era superfluo dare un precetto sul timore.
3. Al timore si contrappone in qualche modo la presunzione. Ora, nella legge non si trova nessuna proibizione della presunzione. Perciò non si doveva dare nessun precetto neppure sul timore.

IN CONTRARIO: Sta scritto nel Deuteronomio: "Ed ora, Israele, che cosa chiede da te il Signore Dio tuo, se non che tu tema il Signore Dio tuo?". Ora, Dio ci chiede quello che ci comanda di osservare. Dunque temere Dio cade sotto precetto.

RISPONDO: Il timore è di due specie: servile e filiale. Ora, l'uomo viene indotto ad osservare i precetti della legge non solo dalla speranza del premio, ma anche dal timore delle pene, cioè dal timore servile. Stando, perciò, alle cose già dette, come nella promulgazione della legge non era opportuno dare un precetto sulla speranza, poiché bastavano i beni promessi per indurre gli uomini a sperare; così non era necessario dare un vero precetto sul timore (servile), avente per oggetto i castighi, ma bastava indurvi gli uomini con la minaccia del castigo. E questo fu fatto, sia nei precetti del decalogo, sia nei successivi precetti secondari della legge. In seguito però i sapienti e i profeti, volendo consolidare gli uomini nell'obbedienza alla legge, diedero degli insegnamenti sotto forma di ammonizioni e di precetti, sia sulla speranza, che sul timore.
Invece il timore filiale, che consiste nella riverenza verso Dio, è come incluso in uno stesso genere con l'amore di Dio, ed è principio di tutto ciò che si compie in ossequio a Dio. Perciò nella legge si danno dei precetti sul timore filiale, come sulla carità: poiché entrambi sono prerequisiti agli atti esterni, comandati dalla legge con i precetti del decalogo. Ecco perché nel brano citato si esige dall'uomo il timore, sia "perché cammini nelle vie di Dio" esercitandone il culto, sia "perché lo ami".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il timore filiale è introduttivo alla legge non come qualche cosa di estrinseco, ma quale principio della legge, come l'amore. Ecco perché per l'uno e per l'altro son dati dei precetti, che sono come principi generali di tutta la legge.
2. Dall'amore seguono il timore filiale e tutte le altre opere buone che derivano dalla carità. Perciò, come dopo il precetto della carità sono dati i precetti relativi agli atti delle altre virtù, così son dati i precetti sia del timore, che dell'amore di carità. Del resto anche nelle scienze non basta porre i primi principi, senza le conclusioni, prossime e remote, che ne derivano.
3. Basta indurre al timore per escludere la presunzione: come basta indurre alla speranza per escludere, come abbiamo detto, la disperazione.