Il Santo Rosario

La Pace

Somma Teologica II-II, q. 29

Veniamo ora a parlare della pace.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se la pace si identifichi con la concordia; 2. Se tutti gli esseri bramino la pace; 3. Se la pace sia un effetto della carità; 4. Se la pace sia una virtù.

ARTICOLO 1

Se la pace si identifichi con la concordia

SEMBRA che la pace si identifichi con la concordia. Infatti:
1. S. Agostino afferma, che "la pace degli uomini (tra loro) è un'ordinata concordia". Ma qui non parliamo che della pace degli uomini. Dunque la pace s'indentifica con la concordia.
2. La concordia è una certa unione di volontà. Ora, l'essenza della pace consiste in tale unione: infatti Dionigi afferma, che "la pace è l'elemento che unisce tutte le cose, e ne produce il consenso". Dunque la pace s'identifica con la concordia.
3. Due cose che hanno il medesimo contrario sono identiche tra loro. Ora, è identico il contrario che si oppone alla concordia e alla pace, cioè la dissensione; infatti S. Paolo afferma: "Egli non è il Dio della dissensione, ma della pace". Perciò la pace si identifica con la concordia.

IN CONTRARIO: La concordia può esserci anche tra gli empi, sia pure nel male. Invece Isaia afferma che "non c'è pace fra gli empi". Dunque la pace non si identifica con la concordia.

RISPONDO: La pace implica la concordia, e in più qualche altra cosa. Cosicché dovunque c'è la pace, c'è pure la concordia; ma non viceversa, se prendiamo il termine pace in senso proprio. Invece la concordia propriamente è in rapporto ad altri: poiché consiste nel consenso dei voleri di più cuori in una determinata decisione. Il cuore di un uomo però può tendere verso cose diverse: e questo in due modi. Primo, in base alle sue diverse potenze appetitive: l'appetito sensitivo, p. es., spesso è in contrasto con l'appetito razionale, secondo le parole di S. Paolo: "La carne ha desideri contrari allo spirito". Secondo, in quanto un'identica potenza appetitiva tende verso oggetti contrastanti, che non è possibile conseguire simultaneamente. E quindi è inevitabile un contrasto tra i moti dell'appetito. Ora, nel concetto di pace si ha l'unione di codesti moti: poiché l'uomo non ha il cuore pacificato fino a che non ha ciò che vuole, oppure avendo ciò che vuole, non è in condizione di poter avere altre cose che pure vorrebbe. Invece questa unione non rientra nel concetto di concordia. Perciò la concordia implica l'unione degli appetiti di diverse persone; mentre la pace oltre a questo implica l'unione degli appetiti in ciascuna di esse.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino parla qui della pace di un uomo con l'altro. E dice che questa pace è una concordia, non qualsiasi, ma "ordinata": cioè in modo che l'uno concordi con l'altro su cose che convengono ad entrambi. Infatti se un uomo concorda con un altro non per spontanea volontà, ma costretto in qualche modo dal timore di un male imminente, tale concordia non è veramente una pace: poiché manca l'ordine dei due interessati, turbato da colui che incute il timore. Ecco perché S. Agostino aveva detto in precedenza, che "la pace è la tranquillità dell'ordine". La quale tranquillità consiste nel fatto che tutti i moti appetitivi vengono a quietarsi.
2. Un uomo pur consentendo in una data cosa con un altro, non rende il suo consenso del tutto unito, se tutti i suoi moti non sono anch'essi tra loro consenzienti.
3. Alla pace si oppongono tutte e due le dissensioni: quella di ciascuno con se stesso, e quella dell'uno con l'altro. Invece alla concordia si contrappone soltanto quest'ultima.

ARTICOLO 2

Se tutti gli esseri bramino la pace

SEMBRA che non tutti gli esseri bramino la pace. Infatti:
1. La pace, secondo Dionigi è "fatta per produrre il consenso". Ma negli esseri privi di conoscenza non si può produrre il consenso. Dunque tali esseri non possono bramare la pace.
2. Il desiderio non può portarsi simultaneamente su cose contrarie. Ora, ci sono molti che desiderano guerre e discordie. Quindi non tutti desiderano la pace.
3. È desiderabile soltanto il bene. Ma certa pace sembra che sia cattiva; altrimenti il Signore non avrebbe detto: "Non son venuto a portare la pace". Perciò non tutti gli esseri bramano la pace.
4. Ciò che tutti bramano non è che il sommo bene, e quindi l'ultimo fine. Ma la pace non è tutto questo: perché si può avere anche nella vita presente. Altrimenti il Signore avrebbe detto invano: "Siate in pace tra voi". Dunque non tutti gli esseri bramano la pace.

IN CONTRARIO: S. Agostino insegna che tutti gli esseri bramano la pace. E lo stesso fa Dionigi.

RISPONDO: Per il fatto stesso che un uomo desidera una cosa, desidera il conseguimento di essa, e quindi la rimozione degli ostacoli che potrebbero impedirlo. Ora, il conseguimento del bene desiderato può essere impedito da un desiderio contrario, o del soggetto medesimo, o di altri: e questi, come abbiamo detto sopra, vengono eliminati dalla pace. Perciò è necessario che chiunque ha una brama, brami la pace: poiché tutti coloro che bramano tendono a conseguire con tranquillità e senza ostacoli le cose bramate, nella quale tranquillità consiste l'essenza della pace, che S. Agostino definisce "la tranquillità dell'ordine".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La pace dice fusione non solo dell'appetito intellettivo, o di quello sensitivo, in cui può verificarsi il consenso, ma anche dell'appetito naturale. Ecco perché Dionigi ha scritto, che "la pace è fatta per produrre il consenso e la connaturalità": indicando nel consenso la fusione degli appetiti che derivano dalla conoscenza, e nella connaturalità la fusione degli appetiti della natura fisica.
2. Anche chi cerca le guerre e le discordie non desidera altro che la pace, che crede di non avere. Infatti, come sopra abbiamo detto, non c'è pace se uno accetta l'accordo con un altro contro quello che egli preferisce. Ecco perché gli uomini cercano di rompere con la guerra la concordia in cui trovano questa carenza di pace, per giungere a una pace in cui niente ripugni alla loro volontà. Perciò tutti quelli che combattono cercano di raggiungere con la guerra una pace più perfetta della precedente.
3. La pace consiste nella quiete e nella coesione dell'appetito. Ora, come l'appetito può avere per oggetto il bene vero o il bene apparente; così anche la pace può essere vera o apparente. Ma non può esserci vera pace che nel desiderio del vero bene; perché qualsiasi male, anche se da un certo punto di vista è bene e soddisfi così l'appetito, ha molte carenze, che lasciano l'appetito inquieto e turbato. Perciò la vera pace non può trovarsi che nei buoni e nel bene. Mentre la pace dei cattivi è una pace apparente e non vera. Nella Scrittura infatti si legge: "Vivendo in grandi guerre, a motivo della loro ignoranza, tanti e così gran mali essi chiamano pace".
4. La vera pace non ha per oggetto che il bene; perciò, come esistono due tipi di bene, cioè quello perfetto e quello imperfetto, così esistono due tipi di vera pace. C'è una pace perfetta, che consiste nella fruizione del sommo bene, mediante la quale tutti gli appetiti si fondono quietandosi in un unico oggetto. E questo è l'ultimo fine della creatura ragionevole, secondo le parole del Salmista: "Ha messo la pace tra i tuoi fini". - C'è poi una pace imperfetta, che è l'unica possibile in questo mondo. Poiché, anche se i moti principali dell'anima tendono a Dio, ci sono sempre delle cose, che dentro e fuori turbano questa pace.

ARTICOLO 3

Se la pace sia effetto proprio della carità

SEMBRA che la pace non sia effetto proprio della carità. Infatti:
1. La carità non si può avere senza la grazia santificante. Ora, la pace è posseduta da alcuni che non hanno la grazia santificante: i pagani stessi, p. es., talora hanno la pace. Dunque la pace non è un effetto della carità.
2. Non è effetto della carità una cosa il cui contrario può sussistere con la carità. Ora, la dissensione, che è contraria alla pace, può sussistere con la carità. Infatti vediamo che anche i Santi Dottori, come Girolamo e Agostino, dissentono tra loro in certe opinioni. Leggiamo poi nella Scrittura che ebbero dissensi anche Paolo e Barnaba. Dunque la pace non è un effetto della carità.
3. Un'identica cosa non può essere effetto proprio di virtù diverse. Ma la pace, dice Isaia, è effetto della giustizia: "Opera della giustizia sarà la pace". Perciò non è effetto della carità.

IN CONTRARIO: Sta scritto: "Molta pace per quelli che amano la tua legge".

RISPONDO: Il concetto di pace implica, come abbiamo detto, due tipi di unificazione: la prima riguardante il coordinamento dei propri appetiti; la seconda riguardante la fusione dei propri appetiti con quelli altrui. E tutte e due queste unificazioni sono compiute dalla carità. La prima per il fatto che con essa si ama Dio con tutto il cuore, cioè in modo da rivolgere a lui ogni cosa: e così tutte le nostre brame sono rivolte a un solo oggetto. La seconda poi per il fatto che amiamo il prossimo come noi stessi: dal che risulta che uno vuole compiere la volontà del prossimo come la propria. Ecco perché tra i requisiti dell'amicizia c'è anche l'identità di elezione, come Aristotele insegna; e Cicerone afferma, che "gli amici hanno identico il volere e il disvolere".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Non si decade dalla grazia santificante che col peccato: con esso l'uomo si allontana dal debito fine, scegliendone uno cattivo. Perciò il suo appetito non aderisce di preferenza al vero bene finale, ma a quello apparente. Ecco perché senza la grazia santificante non può esserci una pace vera, ma solo apparente.
2. Come spiega il Filosofo, per l'amicizia non si richiede la concordia nelle opinioni, ma nei beni utili alla vita, specialmente in quelli più importanti: perché dissentire in certe piccole cose non sembra neppure un dissenso. Per questo niente impedisce che ci sia dissenso di opinioni tra persone che hanno la carità. E questo non esclude la pace: poiché le opinioni riguardano l'intelletto, il quale precede l'appetito che è unificato dalla pace. - Parimenti, quando c'è concordia nei beni principali, la dissensione in certe piccole cose non compromette la carità. Infatti tale dissensione deriva dalla diversità di opinioni, in quanto l'uno giudica una data cosa conforme al bene in cui essi concordano, mentre l'altro non la giudica conforme. - Ecco quindi che tale dissensione sulle piccole cose e sulle opinioni è incompatibile con la pace perfetta, nella quale la verità sarà pienamente conosciuta e ogni desiderio sarà soddisfatto: ma non è incompatibile con la pace imperfetta quale si ha tra i viatori.
3. La pace è indirettamente opera della giustizia, in quanto questa ne rimuove gli ostacoli. Ma direttamente è opera della carità: poiché la carità causa la pace in forza della sua natura. Infatti l'amore, come insegna Dionigi, è "una forza unitiva": e la pace è l'unificazione tra le inclinazioni dell'appetito.

ARTICOLO 4

Se la pace sia una virtù

SEMBRA che la pace sia una virtù. Infatti:
1. I precetti hanno per oggetto soltanto gli atti di virtù. Ora, nella Scrittura non mancano i precetti di mantenere la pace, come in quel testo evangelico: "Siate in pace tra voi". Dunque la pace è una virtù.
2. Non si può meritare che con atti di virtù. Ma pacificare è un atto meritorio; poiché sta scritto: "Beati i pacifici; perché saranno chiamati figli di Dio". Quindi la pace è una virtù.
3. I vizi si contrappongono alle virtù. Ora, le dissensioni, che si contrappongono alla pace, da S. Paolo vengono enumerate tra i vizi. Dunque la pace è una virtù.

IN CONTRARIO: Una virtù non è l'ultimo fine, ma la via per giungere ad esso. La pace invece è in qualche modo il fine ultimo, come afferma S. Agostino. Perciò la pace non è una virtù.

RISPONDO: Gli atti che derivano da un agente per uno stesso motivo, essendo tutti connessi tra loro, come abbiamo già notato, derivano necessariamente da una medesima virtù, senza che ciascuno abbia una propria virtù da cui derivi. Ciò è evidente negli esseri materiali: per il fatto, p. es., che il fuoco riscaldando rende una materia liquida e poi gassosa, non c'è da distinguere nel fuoco una virtù per liquefare e una virtù per vaporizzare; ma il fuoco compie tutti questi atti in forza della sua unica virtù calorifica. Perciò siccome la pace, stando alle spiegazioni date, viene causata dalla carità in forza della stessa sua natura di amore di Dio e del prossimo, non c'è fuori della carità un'altra virtù di cui la pace sia l'atto peculiare: come abbiamo già dimostrato per la gioia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Viene dato il precetto di mantenere la pace, perché si tratta di un atto di carità. E per questo è anche un atto meritorio. E quindi la pace è enumerata tra le beatitudini, che sono gli atti delle virtù perfette, come abbiamo visto nei trattati precedenti. Ed è ricordata tra i frutti: in quanto è un bene finale, accompagnato da spirituale dolcezza.
2. È così risolta anche la seconda difficoltà.
3. Molteplici sono i vizi che si oppongono a un'unica virtù, secondo i vari atti di essa. Ecco quindi che alla carità non si oppone soltanto l'odio in rapporto all'atto dell'amore; ma anche l'accidia e l'invidia in rapporto alla gioia; e quindi la dissensione in rapporto alla pace.