Il Santo Rosario

La Fede

Somma Teologica II-II, q. 9

Il dono della scienza

Veniamo quindi a trattare del dono della scienza.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se la scienza sia un dono; 2. Se riguardi le cose divine; 3. Se sia speculativa o pratica; 4. Quale beatitudine le corrisponda.

ARTICOLO 1

Se la scienza sia un dono

SEMBRA che la scienza non sia un dono. Infatti:
1. La scienza implica un effetto della ragione naturale; poiché il Filosofo afferma, che la dimostrazione è "un sillogismo che fa scienza". Perciò la scienza non è un dono dello Spirito Santo.
2. Come sopra abbiamo detto, i doni sono comuni a tutti i santi. Invece S. Agostino afferma, che "molti fedeli non sono provvisti di scienza, sebbene abbiano la fede". Dunque la scienza non è un dono.
3. I doni, come abbiamo notato, sono più perfetti delle virtù. Perciò un unico dono basta al compimento di una virtù. Ma alla virtù della fede si è visto già che corrisponde il dono dell'intelletto. Dunque non le corrisponde il dono della scienza. E non si vede a quale virtù questo possa corrispondere: eppure i doni devono essere, come abbiamo detto, il coronamento delle virtù. Quindi la scienza non è un dono.

IN CONTRARIO: Nel cap. 11 d'Isaia la scienza è enumerata tra i doni.

RISPONDO: La grazia è più perfetta della natura: perciò non può mancare di quelle cose in cui l'uomo può ricevere un perfezionamento anche nell'ordine di natura. Ora, quando l'uomo aderisce intellettualmente a una verità con la ragione naturale, in due modi può aspirare alla perfezione rispetto a codesta verità: primo, col capirla; secondo, formulando su di essa un giudizio sicuro. Quindi affinché l'intelletto umano aderisca perfettamente alla verità di fede si richiedono due cose. Primo, che capisca i dogmi proposti: e questo spetta al dono dell'intelletto, come sopra abbiamo spiegato. Secondo, che abbia su di essi un giudizio retto e sicuro, per distinguere le cose da credere da quelle che non sono da credersi. E per questa funzione è necessario il dono della scienza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La certezza della conoscenza nelle varie nature, segue la condizione diversa di ciascuna. L'uomo infatti raggiunge un giudizio certo sulla verità mediante il processo discorsivo della ragione: ecco perché la scienza umana si acquista con una ragione dimostrativa. Invece in Dio abbiamo il giudizio certo della verità senza nessun processo discorsivo, con una semplice intuizione, come abbiamo spiegato nella Prima Parte: perciò la scienza divina non è discorsiva o raziocinativa, ma immediata e semplice. E ad essa somiglia la scienza che troviamo tra i doni dello Spirito: essendo questa una somiglianza e una partecipazione di essa.
2. Sulle cose di fede si possono avere due tipi di scienza. Il primo serve a far conoscere ciò che uno deve credere, distinguendo le cose da credere da quelle che non meritano di essere credute: e questo è il dono della scienza, comune a tutti i santi. Invece il secondo tipo di scienza non solo serve a far conoscere all'uomo ciò che deve credere, ma anche a dargli la capacità di insegnare la fede, di persuadere gli altri a credere, e di affrontare chi contraddice. E questa scienza viene posta tra le grazie gratis date: le quali non sono date a tutti, ma solo ad alcuni. Ecco perché S. Agostino, dopo le parole riferite, aggiunge: "Altro è sapere soltanto ciò che l'uomo deve credere; e altro è sapere come servirsene a favore delle anime pie, e come difenderlo contro gli empi".
3. I doni sono più perfetti delle virtù morali e intellettuali. Non sono però più perfetti delle virtù teologali: anzi tutti i doni sono ordinati a perfezionare le virtù teologali. Perciò niente impedisce che più doni corrispondano a un'unica virtù teologale.

ARTICOLO 2

Se il dono della scienza riguardi le cose divine

SEMBRA che il dono della scienza riguardi le cose divine. Infatti:
1. S. Agostino insegna, che con la scienza "nasce, si nutre e si rafforza la fede". Ma la fede riguarda le cose divine, avendo essa per oggetto la prima verità, come abbiamo spiegato. Perciò anche il dono della scienza riguarda le cose divine.
2. Il dono della scienza è superiore alla scienza acquisita. Ora, c'è una scienza acquisita, cioè la metafisica, che ha per oggetto le cose divine. A maggior ragione, quindi, il dono della scienza ha per oggetto le cose divine.
3. Come dice S. Paolo, "le cose invisibili di Dio, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili". Perciò, se la scienza ha per oggetto le cose create, abbraccia anche le cose di Dio.

IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: "La scienza delle cose divine propriamente si chiama sapienza: a quella invece delle cose umane è riservato propriamente il nome di scienza".

RISPONDO: La certezza del giudizio su una cosa va desunta specialmente dalla causa di essa. Perciò l'ordine dei giudizi segue l'ordine delle cause: infatti come la causa prima è causa della seconda, così mediante la causa prima si giudica della seconda. Invece non è possibile giudicare la causa prima con altre cause. Il giudizio quindi che si desume dalla causa prima è primo e perfettissimo. Ora, quando su un dato genere di cose ce n'è una perfettissima, il termine comune del genere viene appropriato a quelle che non raggiungono la perfezione suprema, mentre a quella più perfetta viene dato un nome speciale. Ciò è spiegato in logica. Infatti nel genere dei termini equivalenti, quello che esprime l'essenza della cosa viene chiamato definizione: quelli invece che non raggiungono questo grado di equivalenza rimangono col nome comune di proprietà.
Ora, il termine scienza implica una certezza di giudizio, come abbiamo già detto; perciò, se il giudizio desume la sua certezza dalla causa più alta, prende il nome speciale di sapienza: infatti si denomina sapiente in ciascun genere di cose chi conosce la causa più alta di codesto genere, mediante la quale è in grado di giudicare di tutto. Ma si dice sapiente in senso assoluto chi conosce la causa assolutamente più alta, cioè Dio. Ecco perché la conoscenza delle cose divine si chiama sapienza. Invece la conoscenza delle cose umane si chiama scienza, con un termine che indica la certezza del giudizio desunto dalle cause seconde. Perciò il termine scienza, preso in questo senso, sta a indicare un dono distinto dal dono della sapienza. Dunque il dono della scienza ha per oggetto soltanto le cose umane, o create.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene le cose di cui si occupa la fede siano divine ed eterne, tuttavia la fede stessa è qualche cosa di temporale nell'animo del credente. Ecco perché sapere ciò che si deve credere appartiene al dono della scienza. Conoscere invece le cose credute in se stesse, per una certa unione con esse, appartiene al dono della sapienza. Perciò il dono della sapienza corrisponde piuttosto alla carità, che unisce l'anima a Dio.
2. Il secondo argomento parte dal termine scienza nel suo significato generico. La scienza però non si considera un dono speciale in codesto senso, ma in quanto si restringe al giudizio desunto dalle cose create.
3. Abbiamo detto sopra che qualsiasi abito conoscitivo dice ordine formalmente al termine medio di cui si serve per conoscere, e materialmente a quanto può conoscere con esso. E poiché l'elemento formale è predominante, le scienze che si fondano sui principi di matematica per concludere in materia di fisica, sono considerate prevalentemente tra le scienze matematiche, perché più simili ad esse: sebbene per la materia appartengano piuttosto alla fisica, e per questo da Aristotele son dette "piuttosto fisiche". Perciò, la conoscenza che l'uomo ha di Dio dalle cose create, si deve più alla scienza, cui appartiene formalmente, che alla sapienza, cui appartiene materialmente. E, al contrario, quando giudichiamo delle cose create partendo da quelle divine, questa conoscenza appartiene più alla sapienza che alla scienza.

ARTICOLO 3

Se la scienza dono sia una scienza pratica

SEMBRA che la scienza posta tra i doni sia una scienza pratica. Infatti:
1. S. Agostino ha scritto, che "alla scienza è deputata l'operazione con la quale ci serviamo delle cose esterne". Ma la scienza cui è deputata un'operazione è una scienza pratica. Dunque la scienza dono è una scienza pratica.
2. S. Gregorio insegna: "La scienza è nulla, se non è utile alla pietà: e la pietà è del tutto inutile se manca la discrezione della scienza". Da ciò si rileva che la scienza dirige la pietà. Ma questo non può essere un compito della scienza speculativa. Dunque la scienza dono non è speculativa, ma pratica.
3. I doni dello Spirito Santo si trovano, come abbiamo visto, soltanto nei giusti. Ma la scienza speculativa può trovarsi anche nei peccatori; come è chiaro da quelle parole di S. Giacomo: "Chiunque conosce il bene, e non lo fa, commette peccato". Perciò la scienza dono non è speculativa, ma pratica.

IN CONTRARIO: Scrive S. Gregorio: "La scienza nel suo giorno prepara il convito, vincendo il digiuno dell'ignoranza nelle viscere della mente". Ma l'ignoranza si toglie del tutto solo con entrambe le scienze, cioè con quella speculativa e con quella pratica. Dunque la scienza dono è insieme speculativa e pratica.

RISPONDO: Abbiamo già detto che il dono della scienza, come quello dell'intelletto, è ordinato alla certezza della fede. Ora, la fede in maniera primaria e principale consiste nella speculazione, cioè consiste nell'aderire alla prima verità. Siccome però la prima verità è anche l'ultimo fine del nostro operare, ne viene che la fede si estende anche all'operazione, secondo le parole di S. Paolo: "La fede opera mediante l'amore". Perciò il dono della scienza in maniera primaria e principale riguarda la speculazione, e si riduce a sapere quello che uno deve credere. E in maniera secondaria si estende anche all'operazione, regolandoci nell'agire mediante la scienza delle verità di fede, e di quanto è connesso con quelle.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino parla del dono della scienza in quanto si estende all'operazione: infatti ad esso viene attribuita l'azione, però non sola, né per prima. Ed è così che dirige la pietà.
2. È così risolta anche la seconda difficoltà.
3. Come a proposito del dono dell'intelletto abbiamo visto che non lo posseggono tutti quelli che intendono, ma solo chi intende quasi mediante un dono della grazia; così anche per il dono della scienza, va notato che lo posseggono quelli soltanto che per l'infusione della grazia hanno un giudizio tanto certo sulle cose da credere e da operare, da non deviare mai dalla rettitudine della giustizia. E questa è "la scienza dei santi", di cui così parla la Scrittura: "Il Signore guidò il giusto per vie rette e gli dette la scienza dei santi".

ARTICOLO 4

Se al dono della scienza corrisponda la terza beatitudine: "Beati coloro che piangono, perché saranno consolati"

SEMBRA che alla scienza non corrisponda la terza beatitudine: "Beati coloro che piangono, perché saranno consolati". Infatti:
1. Come il male è causa di tristezza e di pianto, così il bene è causa di gioia. Ora, la scienza manifesta più il bene che il male, poiché il male stesso si conosce mediante il bene: infatti Aristotele scrive che "una linea retta è giudice di se stessa e di quella obliqua". Perciò la suddetta beatitudine non corrisponde al dono della scienza.
2. La considerazione della verità è un atto di scienza. Ora, la considerazione della verità non implica tristezza, ma gioia; poiché sta scritto: "Non ha amarezza la sua conversazione, né tedio il conviver con lei, ma letizia e gioia". Dunque la beatitudine indicata non corrisponde bene al dono della scienza.
3. Il dono della scienza consiste più nella speculazione che nell'operazione. Ma per quanto riguarda la speculazione, ad esso non corrisponde il pianto: poiché, a detta di Aristotele, l'intelletto speculativo "non dice nulla di ciò che si deve imitare o fuggire", come non dice nulla di lieto o di triste. Perciò la beatitudine indicata non corrisponde al dono della scienza.

IN CONTRARIO: S. Agostino insegna: "La scienza si addice a coloro che piangono, i quali hanno appreso come essi furono incatenati da quei mali, che avevano cercato come altrettanti beni".

RISPONDO: La scienza propriamente ha il compito di giudicare rettamente delle creature. Ora, le creature danno occasione all'uomo di allontanarsi da Dio. Così infatti si legge nella Scrittura: "Le creature si tramutarono in abominazione e in laccio per i piedi degli insensati", i quali appunto non ne hanno un retto giudizio, pensando che in esse si trovi il bene perfetto. Perciò, costituendo in esse il proprio fine, peccano e perdono il vero bene. E questo danno viene conosciuto dall'uomo mediante il retto giudizio sulle creature, dovuto al dono della scienza. Ecco perché si dice che la beatitudine del pianto corrisponde al dono della scienza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I beni creati non provocano la gioia spirituale, se non in quanto sono riferiti al bene divino, dal quale deriva propriamente codesta gioia. Perciò la pace dello spirito, e la gioia che l'accompagna, corrispondono direttamente al dono della sapienza. Invece al dono della scienza corrisponde prima di tutto il pianto per gli errori del passato; e quindi la consolazione, che viene dall'ordinare le creature al bene divino mediante il retto giudizio della scienza. Ecco perché in questa beatitudine troviamo come merito il pianto, e come premio la consolazione che ne deriva. E questa, iniziale nella vita presente, sarà perfetta in quella futura.
2. L'uomo gode della considerazione stessa della verità; ma ciò non toglie che possa rattristarsi delle cose di cui considera la verità. È in questo senso, appunto, che alla scienza viene attribuito il pianto.
3. Nessuna beatitudine corrisponde alla scienza dal lato della speculazione: poiché la beatitudine dell'uomo non consiste nella considerazione delle creature, ma nella contemplazione di Dio. Invece la beatitudine umana, dico la beatitudine della vita presente, consiste in qualche modo nel debito uso delle creature, e dell'affetto ordinato verso di esse. Ecco perché alla scienza non viene attribuita nessuna beatitudine di ordine conoscitivo; contrariamente a quanto si fa con l'intelletto e la sapienza, che hanno per oggetto le cose divine.