Il Santo Rosario

La Fede

Somma Teologica II-II, q. 11

L'eresia

Passiamo ora a parlare dell'eresia.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se l'eresia sia una delle specie dell'incredulità; 2. Quale sia la materia di cui si occupa; 3. Se gli eretici si debbano tollerare; 4. Se quelli che si ravvedono si debbano accogliere.

ARTICOLO 1

Se l'eresia sia una delle specie dell'incredulità

SEMBRA che l'eresia non sia una delle specie dell'incredulità. Infatti:
1. L'incredulità, come abbiamo visto, risiede nell'intelletto. Invece l'eresia non sembra appartenere all'intelletto, ma alla volontà. Scrive infatti S. Girolamo: "Eresia in greco significa elezione, o scelta, per il fatto che ognuno sceglie con essa l'opinione che considera migliore". Ora, l'elezione è un atto della volontà, come sopra abbiamo dimostrato. Dunque l'eresia non è una specie di incredulità.
2. Un vizio viene specificato soprattutto dal fine. Infatti il Filosofo ha scritto, che "chi commette adulterio per rubare, è più ladro che adultero". Ma l'eresia ha come suo fine un vantaggio temporale e specialmente il dominio e la gloria, che rientrano nel vizio della superbia, o della cupidigia. Infatti S. Agostino afferma che "eretico è colui che produce, o segue opinioni nuove e false, spinto da un vantaggio temporale, e specialmente dal desiderio della propria gloria e del proprio dominio". Dunque l'eresia non è una specie dell'incredulità, ma della superbia.
3. L'incredulità, essendo nell'intelletto, non può appartenere alla carne. Invece l'eresia, a detta dell'Apostolo, è tra le opere della carne: "Ora le opere della carne è manifesto quali sono: fornicazione, impurità... divisioni, sette". E queste ultime si identificano con le eresie. Dunque l'eresia non è una specie di incredulità.

IN CONTRARIO: La falsità si contrappone alla verità. Ma "l'eretico è colui che produce, o segue opinioni nuove e false". Quindi l'eresia si oppone alla verità, su cui invece poggia la fede. Perciò essa rientra nell'incredulità.

RISPONDO: Il termine eresia implica l'idea di scelta, come si è visto. E la scelta, o elezione, ha per oggetto i mezzi, presupponendo già stabilito il fine, stando alle spiegazioni date. Ora, nel credere il volere accetta una data verità quale bene suo proprio, come sopra abbiamo visto. Infatti la verità principale ha natura di ultimo fine; mentre le verità secondarie hanno natura di mezzi. E quando si aderisce alle parole di qualcuno, la cosa principale, e quasi finale, in ogni atto di fede è proprio colui alla cui parola si crede: sono invece secondarie le cose di cui si occupa in codesta adesione. Perciò chi ha in pieno la fede cristiana aderisce a Cristo con la propria volontà nelle cose che riguardano la sua dottrina. E quindi uno può deviare dalla fede cristiana in due maniere. Primo, rifiutandosi di aderire a Cristo: e costui in qualche modo è mal disposto verso il fine medesimo. E si ha così quella specie di incredulità che è propria dei pagani e degli Ebrei. Secondo, perché, pur volendo aderire a Cristo, uno sbaglia nella elezione dei mezzi: poiché non sceglie le verità che sono state realmente insegnate da Cristo, ma cose a lui suggerite dalla propria intelligenza. Perciò l'eresia è la specie di incredulità propria di coloro che, professando la fede di Cristo, ne corrompono i dogmi.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'elezione sta all'incredulità, come la volontà sta alla fede, secondo le spiegazioni date.
2. I vizi ricevono la loro specie dal fine prossimo, ma nel fine remoto essi hanno il loro genere e la causa. Quando uno, p. es., commette adulterio per rubare, si ha in questo una specie di adulterio, desunta dal fine immediato e dall'oggetto; ma dal fine ultimo risulta che l'adulterio è nato dal furto, e da questo dipende come effetto dalla causa, e come specie dal suo genere. Ciò fu chiarito nel trattato precedente sugli atti umani in generale. Parimente, nel caso nostro il fine prossimo dell'eresia è l'attaccamento alle proprie false idee: e di qui essa riceve la sua specie. Ma dal fine remoto risulta quale è la sua causa: essa cioè nasce dalla superbia o dalla cupidigia.
3. Come eresia viene da scegliere (αιρειν), così setta viene da sectari (seguire), secondo la spiegazione di S. Isidoro. Perciò eresia e setta sono la stessa cosa. E appartiene alle opere della carne, non per il rapporto di questo atto di incredulità col suo oggetto prossimo, ma in rapporto alla sua causa: la quale è, o il desiderio di un fine disonesto, nascendo esse dalla superbia o dalla cupidigia, come abbiamo detto; oppure è un'illusione fantastica, la quale, a detta del Filosofo, può essere causa di errore. E la fantasia stessa in qualche modo appartiene alla carne, in quanto i suoi atti sono dovuti a un organo corporeo.

ARTICOLO 2

Se l'eresia propriamente abbia per oggetto le cose di fede

SEMBRA che l'eresia propriamente non abbia per oggetto le cose di fede. Infatti:
1. Come nota S. Isidoro, le eresie esistono tra i cristiani come un tempo esistevano tra gli Ebrei e tra i farisei. Ma il dissidio tra costoro non aveva per oggetto le cose di fede. Perciò l'eresia non ha come proprio oggetto cose di fede.
2. Materia di fede sono le cose credute. Invece le eresie non si fermano alle sole cose, ma riguardano le parole, e le interpretazioni della Sacra Scrittura. Infatti S. Girolamo afferma, che "chiunque intende la Scrittura in un senso diverso da quello inteso dallo Spirito Santo, che ne è l'autore, anche se non si allontana dalla Chiesa, si può chiamare eretico". E altrove egli dice, che "dalle parole inconsiderate nascono le eresie". Dunque l'eresia propriamente non riguarda le materie di fede.
3. Anche ai Santi Dottori capita di dissentire in cose di fede: così avvenne a S. Girolamo e a S. Agostino, p. es., a proposito della cessazione delle osservanze legali. E tuttavia ciò non implica un peccato di eresia. Perciò l'eresia non ha per oggetto propriamente le cose di fede.

IN CONTRARIO: S. Agostino così scriveva contro i Manichei: "Nella Chiesa di Cristo sono eretici coloro i quali abbracciano qualche idea corrotta o cattiva, e corretti resistono con ostinazione, rifiutandosi di emendare i loro insegnamenti pestiferi e mortiferi, insistendo a difenderli". Ora, gli insegnamenti pestiferi e mortiferi sono precisamente quelli contrari ai dogmi della fede, mediante la quale, a detta di S. Paolo, "il giusto vive". Dunque l'eresia ha per oggetto suo proprio le cose di fede.

RISPONDO: Parliamo qui dell'eresia in quanto implica una corruzione della fede cristiana. Ora, alla corruzione della fede cristiana non importa nulla, se uno ha una falsa opinione in cose estranee alla fede, p. es., in geometria o in altri campi; ma solo quando uno ha una falsa opinione sulle cose riguardanti la fede. E una cosa può appartenere alla fede in due modi, come sopra si è detto: primo, in maniera diretta e principale, come gli articoli di fede; secondo, in maniera indiretta e secondaria, come quelle asserzioni dalle quali deriva la negazione di qualche articolo. Ebbene, in tutti e due codesti casi una cosa può essere oggetto dell'eresia, come può esserlo della fede.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come le eresie degli Ebrei e dei farisei riguardavano certe opinioni attinenti al giudaismo e al fariseismo, così le eresie dei cristiani riguardano cose attinenti alla fede di Cristo.
2. Si dice che uno espone la Scrittura diversamente da quanto intendeva lo Spirito Santo, quando le fa dire con la sua interpretazione cose contrarie a quanto lo Spirito Santo ha rivelato. Perciò sta scritto dei falsi profeti, che "persistevano a confermare il discorso", usando cioè false interpretazioni della Scrittura. - Parimente, uno professa la sua fede con le parole che proferisce: infatti la confessione è, come abbiamo detto, un atto di fede. Perciò un parlare inconsiderato sulle cose di fede può dar luogo a una corruzione della fede. Ecco perché S. Leone Papa scriveva: "Poiché i nemici della croce di Cristo spiano tutte le nostre parole e tutte le nostre sillabe, non dobbiamo dare neppure la più piccola occasione di supporre che noi ci esprimiamo nel senso di Nestorio".
3. Rispondiamo con S. Agostino: "Se uno difende senza animosità e senza ostinazione la propria opinione, sia pure falsa e perversa, e cerca con la dovuta sollecitudine la verità, pronto a seguirla quando la trova, non si può annoverare tra gli eretici": perché non ha la determinazione di contraddire l'insegnamento della Chiesa. E in tal senso alcuni Santi Dottori furono in disaccordo, o su questioni che per la fede sono indifferenti; oppure su cose riguardanti la fede, ma che la Chiesa non aveva ancora determinato. Sarebbe invece un eretico chi si opponesse ostinatamente a una simile definizione, quando fossero state determinate dall'autorità della Chiesa universale. E questa autorità risiede principalmente nel Sommo Pontefice. Nei canoni infatti si legge: "Tutte le volte che si tratta della fede penso che tutti i vescovi nostri confratelli debbano ricorrere a nessun altro che a Pietro, cioè a chi detiene la sua autorità". E contro l'autorità del Pontefice, né S. Agostino, né S. Girolamo, né altri Santi Dottori, osarono difendere la propria sentenza. Scrive infatti S. Girolamo: "Questa è la fede, o Beatissimo Padre, che abbiamo appreso nella Chiesa Cattolica. E se nella nostra formulazione abbiamo detto o posto qualche cosa di inesatto o di avventato, desideriamo di essere corretti da te, che possiedi la fede e la cattedra di Pietro. Ma se questa nostra confessione è approvata dal tuo giudizio apostolico, chiunque vorrà accusarmi dimostrerà di essere ignorante o malevolo; oppure non cattolico, ma eretico".

ARTICOLO 3

Se gli eretici debbano essere tollerati

SEMBRA che gli eretici debbano essere tollerati. Infatti:
1. L'Apostolo ammonisce: "Un servo del Signore deve essere mansueto, tale che con mitezza ammaestri quelli che si oppongono alla verità, se mai conceda loro Iddio il pentimento per riconoscere la verità, e ritornino in sé liberandosi dai lacci del diavolo". Ora, se gli eretici non sono tollerati, ma messi a morte, si toglie loro la possibilità di pentirsi. Dunque la loro uccisione è contro il comando dell'Apostolo.
2. Si deve tollerare ciò che nella Chiesa è necessario. Ma nella Chiesa le eresie sono necessarie; infatti l'Apostolo scrive: "Bisogna che vi siano le eresie, perché diventino riconoscibili tra voi quelli degni di approvazione". Quindi gli eretici devono essere tollerati.
3. Il Signore ha comandato ai servi della parabola di permettere alla zizzania di crescere fino alla mietitura, cioè fino alla fine del mondo, stando alla spiegazione del testo. Ma i Santi Padri ci dicono nelle loro esposizioni che la zizzania sono gli eretici. Dunque gli eretici vanno tollerati.

IN CONTRARIO: L'Apostolo insegna: "L'uomo eretico, dopo una o due ammonizioni, evitalo, sapendo che un uomo siffatto è perduto".

RISPONDO: A proposito degli eretici si devono considerare due cose: una che proviene da essi; l'altra che è presente alla Chiesa. Da essi proviene un peccato, per il quale hanno meritato non solo di essere separati dalla Chiesa con la scomunica, ma di essere tolti dal mondo con la morte. Infatti è ben più grave corrompere la fede, in cui risiede la vita delle anime, che falsare il danaro, con cui si provvede alla vita temporale. Perciò, se i falsari e altri malfattori sono subito messi a morte giustamente dai principi; a maggior ragione e con giustizia potrebbero essere non solo scomunicati, ma uccisi gli eretici, appena riconosciuti colpevoli di eresia.
Alla Chiesa invece è presente la misericordia, che tende a convertire gli erranti. Essa perciò non condanna subito, ma "dopo la prima e la seconda ammonizione", come insegna l'Apostolo. Dopo di che, se l'eretico rimane ostinato, la Chiesa, disperando della sua conversione, provvede alla salvezza degli altri, separandolo da sé con la sentenza di scomunica; e finalmente lo abbandona al giudizio civile, o secolare, per toglierlo dal mondo con la morte. Scrive infatti S. Girolamo: "La carne marcita deve essere tagliata, e la pecora rognosa va allontanata dal gregge, affinché non arda, non si corrompa, non imputridisca, e non muoia tutto: casa, pasta, corpo e gregge. Ario in Alessandria era una scintilla: ma poiché non fu subito soffocato, le sue fiamme hanno devastato tutto il mondo".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La mitezza ricordata vuole che l'eretico sia ammonito una, o due volte. Ma se non vuole ravvedersi, deve considerarsi perduto, secondo le parole dell'Apostolo.
2. Il vantaggio proveniente dalle eresie è estraneo all'intenzione degli eretici: vantaggi che sono la riprova della costanza dei fedeli, come accennava l'Apostolo; e lo stimolo a uno studio più accurato della Sacra Scrittura, come dice S. Agostino. Invece è intenzione degli eretici corrompere la fede, che è un danno gravissimo. Perciò si deve considerare di più ciò che rientra direttamente nella loro intenzione, e che porta a eliminarli; di quanto non si debbono tenere presenti cose preterintenzionali, che consigliano di sopportarli.
3. Come si dice nei Canoni, "una cosa è la scomunica, e un'altra è l'eliminazione. Infatti uno viene scomunicato, "perché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore", secondo le parole dell'Apostolo". - Anzi, neppure l'eliminazione radicale dell'eretico mediante la morte può dirsi contraria a quel comando del Signore, che deve intendersi di quei casi in cui non è possibile estirpare la zizzania, senza estirpare anche il frumento: come abbiamo spiegato sopra parlando dei miscredenti in generale.

ARTICOLO 4

Se la Chiesa debba accogliere sempre chi lascia l'eresia

SEMBRA che la Chiesa debba accogliere sempre chi lascia l'eresia. Infatti:
1. In Geremia il Signore così parla: "Tu hai fornicato con molti amanti; ma pure torna a me, e io ti riceverò". Ma il giudizio della Chiesa è il giudizio di Dio, stando alle parole del Deuteronomio: "Ascoltate l'umile come il potente, e non guardate alla persona di alcuno; perché deve essere il giudizio di Dio". Perciò anche se uno ha fornicato con l'incredulità, che è una fornicazione spirituale, deve essere accolto senz'altro.
2. Il Signore comandò a S. Pietro di perdonare al fratello che pecca non sette volte soltanto, "ma fino a settanta volte sette". Il che significa, a detta di S. Girolamo, che si deve perdonare tutte le volte che uno pecca. Quindi tutte le volte che uno pecca ricadendo nell'eresia, la Chiesa deve accoglierlo.
3. L'eresia è una specie di incredulità. Ora, la Chiesa accoglie gli altri increduli che vogliono convertirsi. Dunque deve accogliere anche gli eretici.

IN CONTRARIO: Si legge nelle Decretali, che "se uno dopo aver abiurato l'errore, si scopre che è ricaduto nell'eresia, deve essere consegnato al giudizio secolare". Perciò la Chiesa non deve accoglierlo.

RISPONDO: La Chiesa, secondo il comando del Signore, deve estendere a tutti la sua carità, non solo agli amici, ma anche ai nemici e ai persecutori, stando alle parole evangeliche: "Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia". Ora, la carità richiede che si voglia e si compia del bene al prossimo: Ma il bene è di due specie. Uno è spirituale, cioè la salvezza dell'anima, che la carità principalmente ha di mira: tutti infatti con la carità devono volere questo bene agli altri. Perciò da questo lato gli eretici pentiti, per quante volte siano ricaduti, devono essere accolti dalla Chiesa col perdono, che apre ad essi la via della salvezza.
L'altro bene invece è oggetto della carità in modo secondario: esso è un bene temporale, come la vita corporale, i beni materiali, il buon nome, e le dignità ecclesiastiche o secolari. Questo bene infatti non siamo tenuti a volerlo agli altri in forza della carità, se non in ordine alla salvezza eterna di loro stessi, o di altri. Perciò se l'esistenza di qualcuno di tali beni in un dato individuo potesse impedire la salvezza eterna di molti, la carità non ci obbligherebbe a volergli codesto bene, ma piuttosto a volerne la privazione: sia perché la salvezza eterna va preferita al bene temporale; sia perché il bene di molti va preferito a quello di uno solo. Ora, se gli eretici pentiti venissero accolti, così da conservare la vita e gli altri beni temporali, questo finirebbe col pregiudicare la salvezza degli altri: sia perché ricadendo ancora corromperebbero gli altri; sia anche perché restando essi impuniti, altri potrebbero cadere più facilmente nell'eresia. Si legge infatti nell'Ecclesiaste: "poiché non subito si fa giustizia dei malvagi, perciò senza timore alcuno gli uomini commettono il male". Ecco perché la Chiesa non solo accoglie col perdono quelli che per la prima volta tornano dall'eresia, ma li lascia in vita; e talora con delle dispense li reintegra nelle dignità ecclesiastiche precedenti, se appaiono realmente convertiti. E sappiamo dalla storia che questo è avvenuto spesso, per amore della pace. Ma quando i pentiti ricadono di nuovo, mostrano incostanza nella loro fede. Perciò, se si ravvedono, vengono accolti col perdono, ma non liberati dalla pena di morte.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nel giudizio di Dio i pentiti sono sempre perdonati: perché Dio scruta i cuori e conosce quelli che sono veramente pentiti. Ma la Chiesa in questo non può imitarlo. E quindi deve presumere che non siano veramente pentiti quelli che, una volta perdonati, sono di nuovo ricaduti. Ecco perché senza negare loro la salvezza eterna, non li libera dal pericolo della morte.
2. Il Signore parla così a Pietro dei peccati commessi personalmente contro di lui, e che uno deve sempre perdonare al fratello pentito. Ma le sue parole non vanno applicate ai peccati commessi contro il prossimo, o contro Dio, che, a detta di S. Girolamo, "non spetta a noi perdonare". Ma per questi la misura è stabilita dalla legge, conforme all'onore di Dio e al bene del prossimo.
3. Gli altri increduli che non hanno mai ricevuto la fede, nel convertirsi non mostrano dei segni di incostanza nella fede, come gli eretici recidivi. Perciò il paragone non regge.