Il Santo Rosario

La Legge Evangelica

Somma Teologica I-II, q. 108

Il contenuto della nuova legge

Passiamo finalmente a trattare del contenuto della nuova legge.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se la nuova legge debba comandare o proibire degli atti esterni; 2. Se essa sia esauriente nel comandare e nel proibire gli atti esterni; 3. Se guidi bene gli uomini rispetto agli atti interni; 4. Se aggiunga in modo conveniente i consigli ai precetti.

ARTICOLO 1

Se la nuova legge debba comandare o proibire atti esterni

SEMBRA che la nuova legge non debba comandare o proibire nessun atto esterno. Infatti:
1. La nuova legge non è che il Vangelo del regno, secondo l'espressione evangelica: "Questo Vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo". Ora, il regno di Dio non consiste in atti esterni, ma solo in atti interiori: "Il regno di Dio è dentro di voi", dice il Vangelo. E S. Paolo insegna: "Il regno di Dio non è cibo né bevanda, ma giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo". Dunque la nuova legge non deve comandare o proibire atti esterni.
2. A detta di S. Paolo, la nuova legge è "legge dello Spirito". Ma altrove egli dice, che "dove è lo Spirito del Signore ivi è libertà". Ora, non c'è libertà quando l'uomo viene obbligato a fare, o ad evitare delle opere esterne. Quindi la nuova legge non deve contenere alcun precetto, o proibizione che riguardi le azioni esterne.
3. Tutti gli atti esterni si attribuiscono alla mano, come gli atti interni si attribuiscono all'animo. Ma tra la nuova e l'antica legge si riscontra questa differenza, che "l'antica legge trattiene la mano, mentre la nuova trattiene l'animo". Perciò nella nuova legge non devono esserci la proibizione, o il comando di atti esterni, ma solo di atti interiori.

IN CONTRARIO: La nuova legge rende gli uomini "figli della luce", secondo l'espressione evangelica: "Credete nella luce, affinché siate figli della luce". Ma i figli della luce devono compiere le opere della luce, e fuggire le opere delle tenebre, secondo l'ammonimento paolino: "Una volta eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Camminate come figli della luce". Dunque la nuova legge doveva proibire certe opere e comandarne altre.

RISPONDO: L'elemento principale della nuova legge è la grazia dello Spirito Santo, che si manifesta mediante la fede operante nella carità. Ora, gli uomini ottengono questa grazia dal Figlio di Dio fatto uomo, la cui umanità codesta grazia dovette riempire, prima di riversarsi su di noi. Infatti nel Vangelo si legge: "Il Verbo si è fatto carne"; e aggiunge: "pieno di grazia e di verità"; e più sotto: "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia". E conclude affermando, che "la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo". Perciò è giusto che la grazia giunga a noi dal Verbo Incarnato mediante cose sensibili; e che da questa grazia interiore, la quale sottomette la carne allo spirito, vengano prodotte delle opere esterne e sensibili.
Ecco quindi che le azioni esterne appartengono alla grazia in due modi. Primo, come atti che concorrono a produrre la grazia. E tali sono le azioni sacramentali istituite nella nuova legge: cioè il battesimo, l'eucarestia, ecc.
Ci sono invece altri atti esterni che sono prodotti sotto la mozione della grazia. Ma in questi si deve notare una distinzione. Infatti alcuni hanno un'affinità, o una contrarietà necessaria con la grazia interiore, che consiste nella fede operante mediante la carità. E codesti atti sono, o comandati, o proibiti dalla nuova legge; così è comandato di confessare la fede, ed è proibito di negarla: "Chi mi avrà confessato davanti agli uomini, anch'io lo confesserò davanti al Padre mio. Chi invece mi avrà rinnegato davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio". Altri atti invece non hanno una contrarietà o un'affinità necessaria con la fede che opera nella carità. E codesti atti non sono comandati o proibiti nella nuova legge in forza della sua prima istituzione, ma dal suo legislatore, cioè da Cristo, sono lasciati a ciascuno secondo la funzione di guida che egli deve esercitare. E quindi ognuno è libero in codesti atti di determinare quello che gli sembra di dover fare, o evitare; e a ciascun superiore è dato in proposito di ordinare ai propri sudditi quello che devono fare, o non fare. Perciò anche per questo la legge evangelica è chiamata legge della libertà; infatti la legge antica determinava moltissime cose, e poche ne lasciava da determinare alla libertà degli uomini.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il regno di Dio consiste principalmente negli atti interiori: ma indirettamente vi appartengono anche tutte quelle cose, senza le quali gli atti interiori non possono prodursi. Se il regno di Dio, p. es., è giustizia interiore, pace, e gioia spirituale, è necessario che tutti gli atti esterni contrari alla pace, o alla gioia spirituale, siano contrari al regno di Dio: e quindi devono esser proibiti nel Vangelo del regno. Invece tutto ciò che è indifferente in rapporto a codesti atti interiori, p. es., mangiare questi o quegli altri cibi, non costituisce il regno di Dio; ecco perché l'Apostolo affermava: "Il regno di Dio non è cibo né bevanda".
2. Secondo il Filosofo, "libero è colui che è per se stesso". Perciò agisce liberamente chi agisce per se stesso. Ora, quando un uomo agisce per abito, agisce per se stesso, se codesto abito è consono alla natura umana: poiché l'abito dà un'inclinazione conforme alla natura. Se invece codesto abito fosse contro natura, l'uomo non agirebbe secondo quello che egli è, ma secondo una corruzione a lui accidentale. E poiché la grazia dello Spirito Santo è come un abito interiore infuso in noi che ci spinge a ben operare, esso ci fa compiere liberamente gli atti che sono in armonia con essa, e ci fa evitare quelli che ad essa si oppongono.
Ecco quindi che la nuova legge si chiama legge della libertà per due motivi. Primo, perché non ci obbliga a fare, o ad evitare troppe cose, ma solo quelle indispensabili, o incompatibili con la salvezza, le quali sono comandate o proibite dalla legge. Secondo, perché ci fa osservare codesti precetti o proibizioni liberamente, facendoci agire per una spinta interiore della grazia. E per queste due cose la nuova legge viene chiamata "legge della perfetta libertà".
3. La nuova legge, trattenendo l'animo dai moti disordinati, necessariamente trattiene anche la mano dalle azioni disordinate, che sono l'effetto di quei moti interiori.

ARTICOLO 2

Se la nuova legge abbia ordinato in maniera adeguata gli atti esterni

SEMBRA che la nuova legge abbia ordinato in maniera insufficiente gli atti esterni. Infatti:
1. Alla nuova legge spetta principalmente la fede operante nella carità, secondo le parole di S. Paolo: "In Cristo Gesù non ha valore l'essere circonciso o incirconciso, ma vale la fede operante nell'amore". Ora, la nuova legge esplicitò dei dogmi che erano impliciti nella legge antica, p. es., il dogma della Trinità. Dunque doveva aggiungere anche qualche atto esterno di ordine morale, che era indeterminato nell'antica legge.
2. Nell'antica legge non solo furono istituiti dei sacramenti, ma anche delle cose sacre, come sopra abbiamo detto. Invece nella nuova legge, pur trovandosi l'istituzione di certi sacramenti, non si trova che il Signore abbia istituito cose sacre, come potrebbero essere le cerimonie relative alla consacrazione di un tempio o di vasi sacri, oppure alla celebrazione delle feste. Perciò la nuova legge ha ordinato in modo insufficiente gli atti esterni.
3. Nell'antica legge, come c'erano osservanze relative ai ministri di Dio, c'erano pure osservanze che riguardavano il popolo, come abbiamo visto sopra, trattando delle cerimonie dell'antica legge. Invece nella nuova legge ci sono delle osservanze imposte ai ministri di Dio, com'è evidente da quel passo di S. Matteo: "Non tenete nelle vostre cinture né oro, né argento, né denaro, ecc."; e dai passi analoghi di S. Luca. Dunque nella nuova legge si dovevano istituire delle osservanze riguardanti il popolo cristiano.
4. Nell'antica legge, oltre al precetti morali e cerimoniali, ce n'erano anche dei giudiziali. Invece nella legge nuova non c'è nessun precetto giudiziale. Dunque la nuova legge non ha ordinato in maniera adeguata le opere esterne.

IN CONTRARIO: Il Signore afferma: "Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà paragonato all'uomo saggio, che si è fabbricato la casa sulla roccia". Ora, il saggio costruttore non trascura niente di quanto è necessario all'edificio. Dunque dalla parola di Cristo è stabilito in maniera adeguata quanto riguarda la salvezza umana.

RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, la nuova legge doveva comandare o proibire tra gli atti esterni soltanto quelli che ci procurano la grazia, o che si richiedono strettamente al retto uso di essa. E poiché non possiamo conseguire la grazia da noi stessi, ma solo per mezzo di Cristo, il Signore medesimo istituì i sacramenti che ce la procurano: e cioè il battesimo, l'eucarestia, l'ordine dei ministri della nuova legge, mediante l'istituzione degli Apostoli e dei settantadue discepoli, la penitenza, e il matrimonio indissolubile. Promise inoltre la confermazione mediante la discesa dello Spirito Santo. E si legge nel Vangelo che per suo comando gli Apostoli guarivano gli infermi ungendoli con l'olio.
D'altra parte il retto uso della grazia consiste nelle opere della carità. E queste, in quanto sono atti indispensabili alla virtù, appartengono ai precetti morali, inculcati già nell'antica legge. E quindi da questo lato la nuova legge non doveva aggiungere nulla a quella antica riguardo agli atti esterni. - Invece la determinazione di codesti atti in ordine al culto di Dio apparteneva ai precetti cerimoniali della legge, e in ordine al prossimo apparteneva ai precetti giudiziali, come sopra abbiamo visto. Ecco perché queste determinazioni di suo non sono indispensabili alla grazia interiore, che è il costitutivo della (nuova) legge; e quindi non cadono sotto i suoi precetti, ma sono lasciate all'arbitrio dell'uomo: alcune all'arbitrio dei sudditi, cioè quelle che riguardano i singoli; le altre all'arbitrio dei superiori, sia laici che ecclesiastici, cioè quelle che riguardano il bene comune.
Perciò la nuova legge, con i suoi comandi, o con le sue proibizioni, non doveva determinare nessun'altra azione esterna, all'infuori dei sacramenti e dei precetti morali indispensabili per la virtù, come non uccidere, non rubare, e altri comandamenti del genere.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I dogmi di fede sorpassano la ragione umana: e quindi non possiamo raggiungerli che mediante la grazia. Perciò, al sopraggiungere di una grazia più abbondante, era giusto che venissero esplicitate molteplici cose da credere. Invece alle opere della virtù noi siamo guidati dalla ragione naturale, che è la regola dell'agire umano, come sopra abbiamo visto. Ecco perché non era necessario aggiungere nulla ai precetti morali della legge, che sono dettati anche dalla ragione.
2. Nei sacramenti della nuova legge viene data la grazia, che deriva solo da Cristo: perciò era necessario che essi fossero da lui istituiti. Invece nelle cose sacre, p. es., nella consacrazione di un tempio o di un altare, o in altre cose del genere, oppure nella celebrazione delle feste, non viene data la grazia. Ecco perché il Signore lasciò ai suoi fedeli il potere di determinare di loro arbitrio codeste cose, non essendo esse necessariamente connesse con la grazia interiore.
3. Il Signore diede codesti comandi agli Apostoli non come osservanze cerimoniali, ma come norme morali. E di essi possiamo dare due spiegazioni. Primo, stando a S. Agostino, essi non sarebbero comandi, ma concessioni. Cioè egli concedeva loro di poter affrontare il compito della predicazione, senza bisaccia, senza bastone, ecc., avendo la facoltà di ricevere il necessario alla vita da coloro cui predicavano; aggiunge infatti: "Poiché l'operaio è degno del suo nutrimento". Perciò non pecca, ma fa un'opera supererogatoria chi nella predicazione porta con sé di che vivere, senza ricevere un compenso da coloro cui predica: così come fece S. Paolo.
Secondo, stando agli altri Santi Padri, si può pensare che agli Apostoli siano state date delle norme provvisorie, per il tempo in cui furono mandati a predicare nella Giudea, prima della passione di Cristo. Infatti allora i discepoli, essendo come dei bambini alla scuola di Cristo, avevano bisogno di ricevere da lui speciali ordinamenti, come i sudditi dai loro prelati: specialmente perché avevano bisogno d'imparare a deporre ogni sollecitudine delle cose temporali, rendendosi idonei così a predicare il Vangelo in tutto il mondo. E non fa meraviglia che Cristo abbia determinato un certo modo di vivere, mentre ancora durava lo stato dell'antica legge, e i discepoli non avevano ancora conseguito la perfetta libertà dello Spirito. Ma codeste norme egli le abrogò nell'imminenza della passione, essendo i discepoli già abbastanza esercitati in esse. Infatti in S. Luca si legge: "Quando vi mandai senza sacco, senza bisaccia e senza calzari, vi mancò mai nulla? Ed essi risposero: Nulla. Egli riprese: Ma ora chi ha un sacco lo prenda; così pure la bisaccia". Allora infatti era prossimo il tempo della perfetta libertà, e quindi dovevano essere lasciati completamente al loro arbitrio in ciò che non è necessariamente connesso con la virtù.
4. I precetti giudiziali, considerati in se stessi, non sono necessariamente connessi con la virtù nelle loro particolari determinazioni, ma solo sotto l'aspetto generale del giusto. Perciò il Signore lasciò la facoltà di disporre dei precetti giudiziali a coloro che avrebbero avuto la cura spirituale o temporale degli altri. Però volle esporre alcune cose riguardanti i precetti giudiziali dell'antica legge, per le false interpretazioni dei Farisei, come vedremo in seguito.

ARTICOLO 3

Se la nuova legge abbia ordinato l'uomo in maniera adeguata per gli atti interni

SEMBRA che per gli atti interni la nuova legge non abbia ordinato l'uomo in maniera adeguata. Infatti:
1. Dieci sono i precetti del decalogo che ordinano l'uomo verso Dio e verso il prossimo. Ora, il Signore completò tre soli di essi, e cioè: la proibizione dell'omicidio, e quelle dell'adulterio e dello spergiuro. Dunque non ordinò in maniera adeguata l'uomo, trascurando di dar compimento agli altri precetti.
2. Il Signore nel Vangelo non determinò niente sui precetti giudiziali, all'infuori del ripudio della moglie, della pena del taglione e della vendetta sui nemici. Ma nell'antica legge, come già si disse, ci sono molti altri precetti giudiziali. Quindi da questo lato il Signore non ordinò adeguatamente la vita umana.
3. Nell'antica legge, c'erano i precetti cerimoniali oltre quelli morali e giudiziali. Ma su tali precetti il Signore non determinò niente. Perciò la sua determinazione è inadeguata.
4. Per la buona disposizione interiore dell'animo si richiede che l'uomo non compia nessun'opera buona per un fine terreno. Ora, esistono molti beni terreni oltre la vanagloria: come pure ci sono molte altre opere buone oltre il digiuno, l'elemosina e la preghiera. Dunque non è giusto che il Signore si sia limitato a insegnare la fuga della sola vanagloria in codeste opere buone, senza accennare agli altri beni terreni.
5. L'uomo ha insito per natura di preoccuparsi del necessario alla vita, e tale preoccupazione è comune anche agli animali; cosicché si legge nei Proverbi: "Va', o pigro, dalla formica, considera le sue vie. Essa prepara nell'estate il suo sostentamento, e nel tempo della messe raccoglie da mangiare". Ora, un precetto che è dato contro l'inclinazione della natura è ingiusto; perché contrario alla legge naturale. Perciò non sembra conveniente la proibizione del Signore di preoccuparsi del vitto e del vestito.
6. Nessun atto di virtù può essere proibito. Ma il giudicare è un atto della giustizia, come appare anche dalla Scrittura: "Fino a che la giustizia non torni a giudicare". Dunque non è ragionevole la proibizione di giudicare, fatta dal Signore. E quindi sembra che la nuova legge non abbia ordinato convenientemente l'uomo per i suoi atti interiori.

IN CONTRARIO: S. Agostino commentando il discorso della montagna scrive: "Si deve considerare che l'espressione, "Chi ascolta queste mie parole...", sta a indicare che questo discorso del Signore esaurisce tutti i precetti atti ad informare la vita cristiana".

RISPONDO: Come appare già dalle parole citate di S. Agostino, il discorso tenuto dal Signore sul monte (delle beatitudini) contiene tutto il programma della vita cristiana. In esso sono perfettamente ordinati i moti interiori dell'uomo. Infatti, dopo aver ricordato il fine che è la beatitudine, ed esaltato la dignità degli Apostoli, chiamati a propagare la dottrina evangelica, si passa a ordinare i moti interiori dell'animo: prima in se stessi; e quindi verso il prossimo.
In se stesso l'uomo viene così ordinato in due maniere, in base ai due suoi moti interiori verso le azioni da compiere, che sono la volizione degli atti e l'intenzione del fine. Infatti il Signore prima ordina la volontà dell'uomo, conformandolo ai diversi precetti della legge: portando l'uomo, cioè, non solo ad astenersi dalle opere esterne in se stesse malvagie, ma anche dagli atti interni, e dalle occasioni del male. Quindi ordina l'intenzione dell'uomo, insegnandoci a non cercare, nel compiere il bene, né la gloria umana, né la ricchezza del mondo, cioè un tesoro qua sulla terra.
Passa poi a ordinare i moti interiori dell'uomo in ordine al prossimo: e cioè a non giudicarlo in modo temerario, ingiusto, o presuntuoso; senza peccare però di faciloneria verso gli altri, affidando loro le cose sacre, quando ne sono indegni.
Finalmente insegna il modo di mettere in pratica la dottrina evangelica: cioè implorando l'aiuto di Dio, sforzandoci ad entrare per la porta stretta della perfetta virtù; e guardandoci dai seduttori. Inoltre ricorda che per la virtù è necessaria l'osservanza dei comandamenti: e non basta la professione della fede, il compimento dei miracoli, o il solo ascoltare.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Signore diede compimento a quei precetti della legge, di cui i Farisei davano una falsa interpretazione. Ciò avveniva specialmente per quei tre precetti del decalogo. Infatti a proposito della proibizione dell'adulterio e dell'omicidio costoro ritenevano che fosse proibito il solo atto esterno, e non il desiderio interiore. E ciò lo pensavano più per l'omicidio e per l'adulterio, che per il furto, o per la falsa testimonianza, perché il moto dell'ira che porta all'omicidio, e i moti della concupiscenza che tendono all'adulterio, sembrano quasi connaturati in noi; non così il desiderio di giurare, o di dire falsa testimonianza. Inoltre avevano un concetto sbagliato dello spergiuro, pensando che lo spergiuro fosse peccato, ma che il giuramento fosse per se stesso da desiderare e da praticare, perché sembra un atto di ossequio a Dio. Ecco perché il Signore dimostrò che il giuramento non è di per sé desiderabile come cosa buona; e che era meglio, invece, parlare senza giuramenti, se la necessità non lo esige.
2. Intorno ai precetti giudiziali gli scribi e i Farisei commettevano due errori. Primo, perché ritenevano giuste per se stesse certe cose che nella legge di Mosè erano solo delle concessioni: tale era, p. es., il ripudio della moglie, e l'esercizio dell'usura con gli stranieri. Ecco perché il Signore proibì il ripudio della moglie, e il prestare ad usura, dicendo: "Date in prestito, senza speranza di contraccambio".
Secondo, sbagliavano nel credere che certe pene disposte dalla legge antica per ristabilire la giustizia, si potessero infliggere per desiderio di vendetta, o per cupidigia di beni temporali, oppure per odio verso i nemici. E si fondavano per questo su tre tipi di precetti. Credevano infatti che fosse lecito il desiderio della vendetta, per i precetti relativi alla pena del taglione. Questi invece erano stati posti per salvaguardare la giustizia, non già per incitare alla vendetta. Ecco perché il Signore, per correggere questo errore, insegna che l'uomo deve essere spiritualmente così disposto, da essere pronto, in caso di necessità, a soffrire cose anche più gravi. - Inoltre essi ritenevano leciti gli appetiti della cupidigia, perché i precetti giudiziali comandavano la restituzione dei beni rubati con un sovrappiù di multa, come abbiamo visto. Anche qui il comando della legge mirava a ristabilire la giustizia, e non a fomentare la cupidigia. Ecco perché il Signore insegna a non reclamare la roba nostra per cupidigia, ma ad esser pronti, se è necessario, a cedere anche di più. - Finalmente credevano lecito il sentimento dell'odio, perché la legge comandava di uccidere i nemici. La legge però non aveva dato codeste norme, come abbiamo detto, per dare all'odio libero sfogo, ma per ristabilire la giustizia. Ed ecco che il Signore comanda di amare i nemici, e di esser pronti, se necessario, a far loro del bene. Infatti, come nota S. Agostino, questi precetti vanno intesi "secondo una disposizione d'animo".
3. I precetti morali dovevano rimanere inalterati nella nuova legge, perché appartengono direttamente all'essenza della virtù. Invece i precetti giudiziali non dovevano rimanere necessariamente nel modo che la legge li aveva determinati; ma veniva lasciato all'arbitrio dell'uomo determinarne in concreto le norme. Perciò giustamente il Signore volle predisporci a questi due generi di precetti. Invece l'osservanza dei precetti cerimoniali veniva del tutto abrogata con il compimento delle profezie. Ecco perché il Signore non ricordò affatto codesti precetti in quella sua istruzione generale. Tuttavia altrove egli chiarì che tutto il culto esterno determinato dalla legge doveva trasformarsi in un culto spirituale, come riferisce il Vangelo di S. Giovanni: "Viene l'ora in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre; ma i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità".
4. Tutti i beni terreni si riducono a tre, e cioè agli onori, alle ricchezze e ai piaceri; secondo le parole di S. Giovanni: "tutto quello che è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita". Ora, la legge non prometteva gli eccessi del piacere, ma piuttosto li proibiva. Invece prometteva grandezza di onori, e abbondanza di ricchezze; infatti nel Deuteronomio si legge: "Se tu ascolterai la voce del Signore Dio tuo, egli ti esalterà sopra tutti i popoli"; e poco dopo: "Ti farà abbondare in ogni bene". Gli ebrei però intendevano così male tali promesse, da pensare che si doveva servire Dio per codesti beni, come se fossero l'ultimo fine. Perciò il Signore in primo luogo esclude il suddetto errore, insegnando che gli atti virtuosi non si devono compiere per una gloria mondana. E accenna a tre di codeste azioni, che compendiano le altre: infatti tutto ciò che si fa per tenere a freno se stessi nelle proprie concupiscenze si riduce al digiuno; tutto ciò che si compie per amore del prossimo, si riduce all'elemosina; e quanto si compie per il culto di Dio si riduce alla preghiera. E nomina in particolare queste tre azioni virtuose, perché sono le principali, e perché con esse gli uomini son soliti procacciarsi la gloria. - In secondo luogo egli ci ha insegnato a non mettere il nostro fine nelle ricchezze, dicendo: "Non vogliate accumulare tesori sulla terra".
5. Il Signore non ha proibito la preoccupazione necessaria, ma quella eccessiva. Ora, quattro sono gli eccessi da evitare in codesta preoccupazione delle cose terrene. Primo, si deve evitare di mettere in tali cose il nostro fine, e di servire Dio per il necessario nel vitto e nel vestito. Di qui l'ammonimento: "Non vogliate accumulare tesori, ecc.". - Secondo, non dobbiamo essere troppo preoccupati delle cose temporali, per mancanza di fiducia nell'aiuto divino. Perciò il Signore afferma: "Il Padre vostro sa che avete bisogno di tutte queste cose". - Terzo, la preoccupazione non deve essere presuntuosa: l'uomo, cioè, non deve pensare che basti la sua industria a procurargli il necessario alla vita, senza bisogno dell'aiuto di Dio. Il Signore in proposito ricorda, che "l'uomo non può aggiungere nulla alla propria statura". - Quarto, l'intempestività di codesta preoccupazione: e cioè il fatto che uno si preoccupa in questo momento di una cosa, che non interessa al presente, ma solo nel futuro. Perciò ammonisce: "Non vi preoccupate del domani".
6. Il Signore non proibisce il giudizio secondo giustizia, senza il quale non sarebbe possibile negare le cose sante agli indegni. Ma proibisce, come abbiamo detto, il giudizio sregolato.

ARTICOLO 4

Se era giusto che nella nuova legge venissero proposti determinati consigli

SEMBRA non fosse giusto che nella nuova legge venissero proposti determinati consigli. Infatti:
1. Trattando del consiglio, abbiamo detto che esso riguarda i mezzi adatti al raggiungimento del fine. Ma non sono adatte per tutti le medesime cose. Quindi non è il caso di proporre a tutti determinati consigli.
2. I consigli hanno per oggetto il meglio, ma nel meglio non ci sono determinati gradi. Perciò non si devono proporre (per tutti) determinati consigli.
3. I consigli appartengono alla perfezione spirituale. Ma a codesta perfezione appartiene pure l'obbedienza. Dunque è ingiustificabile che nel Vangelo essa non sia stata consigliata.
4. Molte cose che rientrano nella perfezione spirituale son poste tra i precetti: p. es., il comando, "Amate i vostri nemici", e tutte le norme date dal Signore agli Apostoli nel capitolo 10 di S. Matteo. Perciò i consigli non sono dati convenientemente nella nuova legge: sia perché non ci sono tutti; sia perché non sono distinti dai precetti.

IN CONTRARIO: I consigli di un amico sapiente offrono grandi vantaggi, secondo le parole della Scrittura: "D'unguento e di rari profumi si rallegra il cuore, e dai buoni consigli dell'amico l'anima si sente raddolcire". Ma Cristo è sommamente sapiente ed amico. Dunque i suoi consigli portano il massimo vantaggio e sono quanto mai convenienti.

RISPONDO: Questa è la differenza tra il consiglio e il precetto, che il precetto implica una necessità, mentre il consiglio è lasciato all'opzione di chi lo riceve. Ecco perché era giusto che nella nuova legge di libertà, oltre ai precetti venissero proposti dei consigli: non così invece nella legge antica, che era legge di schiavitù. Perciò si deve concludere che i precetti della nuova legge riguardano le cose necessarie per conseguire il fine della beatitudine eterna, che la nuova legge direttamente raggiunge. Invece i consigli devono avere per oggetto quei mezzi che servono all'uomo per raggiungere meglio e più speditamente codesto fine.
Ora, l'uomo è posto tra le cose di questo mondo e i beni spirituali, che costituiscono la beatitudine eterna: cosicché più aderisce alle une, più si allontana dagli altri, e viceversa. Chi, dunque, aderisce totalmente alle cose di questo mondo, ponendo in esse il proprio fine, e regolando su di esse la propria condotta, decade totalmente dai beni spirituali. Perciò codesto disordine viene eliminato dai precetti. - Ma per raggiungere il fine suddetto non è necessario che l'uomo abbandoni del tutto le cose del mondo: poiché un uomo il quale usa le cose di questo mondo, senza mettere in esse il proprio fine, può arrivare anch'egli alla beatitudine eterna. Ma ci arriverebbe più speditamente, rinunziando del tutto ai beni del mondo. Di questo appunto trattano i consigli evangelici.
Ora, i beni terreni che servono alla vita umana consistono, come afferma S. Giovanni, in queste tre cose: nelle ricchezze dei beni esterni, che si richiamano alla "concupiscenza degli occhi"; nei piaceri della carne, che si richiamano alla "concupiscenza della carne"; e negli onori, che si richiamano alla "superbia della vita". Ebbene, l'abbandono totale di queste tre cose, nei limiti del possibile, è oggetto dei consigli evangelici. Su di essi si fonda ogni istituto religioso, che professa lo stato di perfezione: infatti si rinunzia alle ricchezze con la povertà; ai piaceri della carne con la castità perpetua; e alla superbia della vita con la sottomissione dell'obbedienza.
L'osservanza rigorosa di queste cose appartiene ai consigli suddetti a tutto rigore. Invece l'osservanza di ciascuno di essi in casi particolari appartiene anch'essa ai consigli, ma solo in senso relativo. Quando uno, p. es., dà a un povero un'elemosina che non è tenuto a dare, segue un consiglio relativamente a codesto atto. Così pure quando uno si astiene per un dato tempo dai piaceri della carne, per attendere alla preghiera, segue un consiglio per quel dato tempo. E così quando uno non segue la propria volontà in una data azione che potrebbe lecitamente compiere, segue un consiglio in quel dato caso: quando, p. es., fa del bene ai nemici, senza esservi tenuto, o perdona un'offesa di cui potrebbe esigere giustamente riparazione. Perciò anche gli altri consigli particolari si riducono tutti a quei tre, che sono generali e perfetti.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I consigli ricordati di suo sono utili a tutti: ma per le contrarie disposizioni di certuni capita che non siano utili per essi, poiché il loro affetto non è incline a condiscendervi. Perciò il Signore, nel proporre i consigli evangelici, accenna sempre all'attitudine degli uomini ad osservarli. Infatti, nel dare il consiglio della povertà assoluta, fece questa premessa: "Se vuoi essere perfetto"; e poi aggiunse: "Va' e vendi tutto ciò che hai". Così pure, nel dare il consiglio della castità perpetua, dopo aver detto: "Ci sono degli eunuchi che si son resi tali per il regno dei cieli", subito continuò: "Chi può capire, capisca". Anche l'Apostolo, dopo aver raccomandato il consiglio della verginità, aggiunge: "Questo io vi dico nel vostro interesse, non già per tendervi un laccio".
2. Il meglio nei casi particolari è indeterminato. Però sono determinate le cose che universalmente sono migliori in senso assoluto. E ad esse si riduce anche il meglio nei casi particolari, come abbiamo spiegato sopra.
3. Si deve ritenere che il Signore ha dato il consiglio dell'obbedienza con quelle parole: "e mi segua"; poiché allora lo seguiamo non soltanto imitandone le opere, ma anche obbedendo ai suoi comandi; secondo l'affermazione evangelica: "Le mie pecorelle ascoltano la mia voce, e mi seguono".
4. Quanto il Signore ha detto a proposito dell'amore dei nemici nel capitolo 5 di S. Matteo, e nel 6 di S. Luca, se s'intende come disposizione d'animo, è norma strettamente necessaria alla salvezza: l'uomo cioè tra l'altro dev'essere disposto a far del bene ai nemici quando la necessità lo richiede. Perciò codesta norma è posta tra i precetti. Ma che uno compia attualmente codesto bene con prontezza, quando la necessità non esiste, è materia particolare di un consiglio, come abbiamo detto. - Invece le raccomandazioni contenute nel capitolo 10 di S. Matteo e nei capitoli 9 e 10 di S. Luca, erano norme disciplinari limitate a quel tempo, oppure concessioni, come sopra abbiamo visto. Perciò esse non vengono ricordate tra i consigli.