Il Santo Rosario

La Legge Evangelica

Somma Teologica I-II, q. 107

Confronto tra la legge nuova e l'antica

Veniamo ora a considerare il confronto tra la legge nuova e l'antica.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se la legge nuova sia una legge distinta da quella antica; 2. Se la legge nuova completi l'antica; 3. Se la legge nuova sia contenuta nella legge antica; 4. Se sia più gravosa la legge nuova o quella antica.

ARTICOLO 1

Se la legge nuova sia distinta dalla legge antica

SEMBRA che la nuova legge non sia distinta da quella antica. Infatti:
1. Sia l'una che l'altra è data per coloro che credono in Dio: poiché, a detta di S. Paolo, "senza la fede è impossibile piacere a Dio". Ora, la Glossa afferma che la fede degli antichi è identica a quella dei tempi nuovi. Dunque è identica anche la legge.
2. S. Agostino scrive, che "tra Legge e Vangelo è breve la distanza, quella cioè che passa tra il timore e l'amore". Ma le due leggi ricordate non possono distinguersi su questo punto; poiché anche nell'antica legge troviamo i precetti della carità: "Amerai il prossimo tuo", e "Amerai il Signore Dio tuo". - Così pure non possono distinguersi secondo l'altra differenza proposta da S. Agostino, cioè per il fatto "che l'antico Testamento presentava promesse temporali, mentre il nuovo presenta promesse spirituali ed eterne". Poiché anche nel nuovo Testamento si fanno delle promesse temporali, come in quel passo di S. Marco: "Riceverà il centuplo adesso, in questo tempo, in case, fratelli, ecc.". Mentre anche nell'antico Testamento si aveva la speranza di cose spirituali ed eterne, come si rileva dalle parole di S. Paolo: "Aspirano ad una patria migliore, cioè ad una patria celeste". E ciò vien detto degli antichi Patriarchi. Quindi sembra che la nuova legge non si distingua da quella antica.
3. Sembra che l'Apostolo voglia distinguere le due leggi col chiamare l'antica "legge delle opere", e la nuova "legge della fede". Ma l'antica legge fu anch'essa della fede, secondo l'espressione paolina che si riferisce agli antichi Padri: "Tutti costoro ebbero testimonianza per la fede". D'altra parte la nuova legge è una legge di opere; poiché si legge nel Vangelo: "Fate del bene a quelli che vi odiano"; "Fate questo in mio ricordo". Dunque la nuova legge non si distingue da quella antica.

IN CONTRARIO: L'Apostolo insegna: "Mutato il sacerdozio, di necessità avviene anche il mutamento della legge". Ma il sacerdozio del nuovo Testamento, come S. Paolo dimostra nel brano citato, è distinto da quello dell'antico Testamento. Dunque è distinta anche la legge.

RISPONDO: Come abbiamo già visto, qualsiasi legge ordina la vita umana a un determinato fine. Ora le cose che dicono ordine a un fine possono differenziarsi tra loro in rapporto al fine, per due motivi. Primo, perché sono ordinate a fini diversi: e allora si ha una differenza specifica, soprattutto se si tratta del fine immediato. Secondo, in base alla vicinanza o alla lontananza del fine. I vari moti, p. es., differiscono specificamente tra loro in quanto sono indirizzati verso termini differenti: invece per il fatto che una fase del moto è più vicina al termine di un'altra, determina una differenza nel moto stesso, come ciò che è imperfetto differisce dalla sua perfezione.
Perciò due leggi si possono distinguere tra loro in due maniere. Primo, come del tutto diverse, perché ordinate a fini diversi: la legge di uno stato, p. es., ordinato a regime popolare differisce specificamente da quella di uno stato a regime aristocratico. - Secondo, due leggi possono distinguersi tra loro per il fatto che l'una è ordinata al fine più immediatamente dell'altra. In un medesimo stato, p. es., la legge imposta alle persone mature, che sono già capaci di eseguire quanto è richiesto dal bene comune, è diversa dalla legge per l'educazione dei bambini, i quali devono essere formati ad eseguire in seguito le azioni dei grandi.
Dobbiamo quindi concludere che la nuova legge non differisce dalla legge antica nella prima maniera: essendo unico il fine di entrambe, cioè la sottomissione degli uomini a Dio; e d'altra parte unico è il Dio del nuovo e del vecchio Testamento, secondo l'espressione paolina: "Unico è il Dio che giustifica i circoncisi per la fede come i non circoncisi mediante la fede". - Ma la legge nuova è distinta dalla legge antica nell'altra maniera. Poiché l'antica legge è come il pedagogo dei bambini, secondo le parole dell'Apostolo: mentre la nuova legge è una legge di perfezione perché legge della carità, di cui l'Apostolo afferma che è "il vincolo della perfezione".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'unità della fede dei due Testamenti dimostra l'unità del fine: infatti sopra abbiamo spiegato che oggetto delle virtù teologali, tra le quali c'è la fede, non è che il fine ultimo. Tuttavia la fede ebbe stati diversi nell'antica e nella nuova legge: poiché quanto allora si credeva come cosa futura, oggi si crede come cosa avvenuta.
2. Tutte le difterenze. che si è soliti stabilire tra l'antica e la nuova legge, sono concepite in base ai rapporti tra una cosa imperfetta e la sua perfezione. Infatti i precetti di qualsiasi legge riguardano sempre atti di virtù. Ma a compiere codesti atti non sono spinti allo stesso modo gli uomini imperfetti, che non hanno ancora l'abito della virtù, e quelli già perfetti per i loro abiti virtuosi. Poiché chi è privo dell'abito virtuoso è spinto ad agire virtuosamente da una causa estrinseca: cioè dalla minaccia del castigo, o dalla promessa di un premio, dagli onori, p. es., dalle ricchezze, o da altre cose del genere. Ecco perché l'antica legge, che fu data ad uomini imperfetti, cioè privi della grazia spirituale, è stata chiamata "legge del timore", poiché induceva all'osservanza dei precetti con la minaccia di determinati castighi. E si afferma che essa aveva delle promesse di beni temporali. - Invece gli uomini provvisti di virtù sono spinti all'esercizio delle azioni virtuose dall'amore delle virtù, e non dal castigo, o dal premio estrinseco ad esse. Ecco perché la nuova legge, la quale principalmente consiste nella grazia divina infusa nei cuori, viene chiamata "legge dell'amore". E si dice che ha promesse di beni spirituali ed eterni, che sono l'oggetto stesso della virtù, specialmente della carità. Perciò ad essi le persone virtuose sono portate per se stesse, non come verso cose estranee, ma come verso il proprio oggetto. - Per questo stesso motivo si dice che l'antica legge "tratteneva la mano e non l'animo": poiché quando uno si astiene dal peccato per paura del castigo, la sua volontà non desiste dalla colpa in senso assoluto, come la volontà di colui che se ne allontana per amore dell'onestà. Ed ecco perché si dice che la nuova legge, legge dell'amore, "trattiene l'animo".
Tuttavia nell'antico Testamento ci furono anime ripiene di carità e della grazia dello Spirito Santo, le quali guardavano principalmente alle promesse spirituali ed eterne. E sotto tale aspetto costoro appartenevano alla nuova legge. - Così nel nuovo Testamento ci sono degli uomini carnali che ancora non hanno raggiunto la perfezione della nuova legge, e che bisogna indurre alle azioni virtuose con la paura del castigo, o con la promessa di beni temporali. Però l'antica legge, anche se dava i precetti della carità, non era in grado di offrire la grazia dello Spirito Santo, in virtù del quale, come dice S. Paolo, "la carità di Dio si è riversata nei nostri cuori".
3. Come sopra abbiamo detto, la nuova legge viene denominata "legge della fede", in quanto il suo elemento principale consiste nella grazia interiore concessa ai credenti: tanto che è denominata anche "grazia della fede". Invece come elemento secondario troviamo in essa delle azioni sia morali che sacramentali: ma esse non costituiscono l'aspetto principale della nuova legge, come invece lo costituiscono per quella antica. Quelli però che nell'antico Testamento furono accetti a Dio per la fede, sotto questo aspetto appartenevano al nuovo Testamento: infatti essi non venivano giustificati che dalla fede in Cristo, artefice del nuovo Testamento. Ecco perché a proposito di Mosè così si esprime l'Apostolo: "Stimò maggior ricchezza dei tesori egiziani l'obbrobrio di Cristo".

ARTICOLO 2

Se la nuova legge dia compimento a quella antica

SEMBRA che la nuova legge non dia compimento a quella antica. Infatti:
1. L'impletio è il contrario dell'evacuatio. Ora, la nuova legge evacua, ovvero abolisce le osservanze dell'antica. Infatti l'Apostolo scrive: "Se vi circoncidete, Cristo non vi giova a nulla". Dunque la nuova legge non dà compimento alla legge antica.
2. Il contrario di una cosa non può esserne il compimento. Ma il Signore nella nuova legge ha dato dei precetti contrari ai precetti della legge antica: "Voi avete udito che fu detto agli antichi: Chiunque rimanda la propria moglie, le dia il libello del ripudio. Io invece vi dico: Chiunque manda via la propria moglie la rende adultera". E così fece col proibire il giuramento, la legge del contrappasso, e l'odio dei nemici. Inoltre il Signore mostra di abrogare i precetti dell'antica legge sulla distinzione dei cibi: "Quello che entra dalla bocca non contamina l'uomo". Perciò la nuova legge non è il compimento dell'antica.
3. Chi agisce contro una legge non le dà compimento. Ora, Cristo in certi casi ha agito contro la legge. Infatti egli toccò un lebbroso come narra S. Matteo: il che era proibito dalla legge. Così sembra che abbia violato più volte il sabato; tanto che gli ebrei dicevano: "Non può venire da Dio quest'uomo che non osserva il sabato". Dunque Cristo non ha adempiuto la legge. E quindi la nuova legge data da lui non è il compimento di quella antica.
4. La legge antica abbracciava precetti morali, cerimoniali e giudiziali, come sopra abbiamo visto. Ma il Signore nell'enunziare il compimento di certi precetti della legge, nel capitolo 5 di S. Matteo, non accenna affatto ai precetti giudiziali e cerimoniali. Quindi la legge nuova non sembra essere il compimento di tutta l'antica legge.

IN CONTRARIO: Il Signore afferma: "Non sono venuto per abolire la legge, ma per completarla". E aggiunge: "Non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto".

RISPONDO: La nuova legge, come abbiamo detto, sta alla legge antica, come una cosa perfetta sta alla sua imperfezione. Ora, tutto ciò che è perfetto dà compimento a quanto manca nella cosa imperfetta. E dunque in tal senso la nuova legge compie la legge antica, colmandone le deficienze.
Ora, nell'antica legge si possono considerare due cose: il fine e i precetti della legge. Ebbene, come abbiamo già spiegato, il fine di ogni legge è rendere gli uomini giusti e virtuosi. Quindi il fine della legge antica era la giustificazione degli uomini, la quale ultima superava la capacità di essa, ma veniva soltanto prefigurata da certe sue cerimonie, e promessa dalle sue parole. E da questo lato la nuova legge dà compimento alla legge antica, giustificando in virtù della passione di Cristo. Così infatti si esprime l'Apostolo: "Quello che era impossibile alla legge, Dio, mandando suo Figlio in carne simile a quella del peccato, condannò il peccato nella carne, affinché la giustificazione della legge si adempisse in noi". - E da questo lato la legge nuova dà quello che l'antica aveva promesso, secondo le parole di S. Paolo: "Quante sono le promesse di Dio, si avverano in lui", cioè in Cristo. - Inoltre da questo lato essa dà compimento a quanto l'antica legge prefigurava. S. Paolo infatti afferma, a proposito dei precetti cerimoniali, che erano "ombra delle cose future, ma il corpo", cioè la verità, "è Cristo". Ecco perché la legge nuova si denomina "legge della verità"; mentre quella antica si dice "dell'ombra" o "delle figure".
Quanto poi ai precetti dell'antica legge Cristo ha dato loro compimento con l'opera e con la dottrina. Con l'opera, perché volle essere circonciso, ed osservare tutte le altre pratiche legali che erano allora in vigore, secondo l'espressione paolina: "Fatto sotto la legge". - Col suo insegnamento, poi, diede compimento alla legge in tre modi. Primo, spiegandone il vero significato. Ciò è evidente nel caso dell'omicidio e dell'adulterio, la cui proibizione gli Scribi e i Farisei riducevano al solo atto esterno: e quindi il Signore diede compimento alla legge, mostrando che anche gli atti interni ricadono sotto quella proibizione. - Secondo, indicando la maniera più sicura per osservare le norme date dall'antica legge. Quest'ultima, p. es., ordinava di non fare spergiuri: ma questo si osserva con maggior sicurezza, se ci si astiene del tutto dal giurare, eccetto casi di necessità. - Terzo, aggiungendovi certi consigli di perfezione; il che è evidente là dove il Signore, in risposta a chi gli diceva di aver osservato i precetti della legge antica, replicava: "Una sola cosa ti manca. Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto ciò che hai, ecc.".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La nuova legge abolisce l'osservanza della legge antica solo per i precetti cerimoniali, come sopra abbiamo dimostrato. Ma questi servirono soltanto a prefigurare le cose future. Quindi per il fatto stesso che i precetti cerimoniali hanno avuto compimento con l'attuazione di quanto prefiguravano, non sono più da osservarsi: poiché se venissero osservati, indicherebbero che qualche cosa deve avvenire e non è ancora compiuta. La promessa di un dono, p. es., non ha più ragion d'essere, una volta che la promessa è adempiuta con l'offerta del dono. Ecco perché le cerimonie figurali dell'antica legge sono abrogate dal loro compimento.
2. Come spiega S. Agostino, codesti precetti del Signore non sono contrari ai precetti dell'antica legge. "Infatti quando il Signore comanda di non rimandare la moglie, non è contrario a ciò che comanda la legge. Poiché la legge non dice: Chi vuole, rimandi la moglie; che sarebbe contro il comando di non rimandarla. Ché anzi non voleva certo si rimandasse la moglie chi imponeva un ritardo, perché l'animo infiammato dal dissidio avesse modo di calmarsi, riflettendo nello scrivere il libello del ripudio". "Ecco perché il Signore, a conferma di questa prescrizione di non rimandare facilmente la moglie, eccettuò il solo caso di fornicazione". - Lo stesso si dica per la proibizione del giuramento, come abbiamo già spiegato. Così pure per la proibizione del contrappasso. Infatti la legge impose delle norme alla vendetta, perché non ci si abbandonasse ad una vendetta esagerata: e il Signore distoglie perfettamente da codesto pericolo, esortando ad astenersi da qualsiasi vendetta. Rispetto all'odio verso i nemici egli corregge la falsa interpretazione dei Farisei, esortandoci a odiare non la persona, ma la sua colpa. - E a proposito dei cibi, trattandosi di leggi cerimoniali, il Signore non comandava che allora non si osservassero: ma voleva dimostrare che quei cibi non erano affatto immondi per la loro natura, bensì per quello che significavano, secondo le spiegazioni da noi date in precedenza.
3. Il contatto dei lebbrosi era proibito dalla legge, perché l'uomo contraeva in esso una specie di irregolarità, come nel contatto con un morto, secondo le spiegazioni date. Ma il Signore che era il guaritore dei lebbrosi non poteva contrarre la lebbra. - Inoltre non si può dire che realmente egli abbia violato il sabato con le opere da lui compiute in esso, come dimostra il Maestro medesimo nel Vangelo: sia perché compiva i miracoli con la potenza divina, la quale opera continuamente nel mondo; sia perché compiva opere necessarie alla salvezza degli uomini, mentre gli stessi Farisei in giorno di sabato provvedevano a salvare gli animali; sia anche per ragione di necessità, come quando ebbe a scusare gli apostoli, che raccoglievano le spighe in giorno di sabato. Ma sembrava che egli lo violasse secondo la superstiziosa interpretazione dei Farisei, i quali credevano che in giorno di sabato bisognava astenersi anche dalle opere richieste per la salute: il che era contrario alle intenzioni della legge.
4. I precetti cerimoniali non sono ricordati nel capitolo 5 di S. Matteo, perché la loro osservanza è del tutto abolita dal loro adempimento, come si è detto. - Invece tra i precetti giudiziali viene ricordata la legge del contrappasso: perché quanto si dice di essa si possa intendere di tutte le altre. Ora a proposito di codesto precetto egli insegna che non era intenzione della legge esigere la pena del taglione, per sfogare il livore della vendetta che egli proibisce, ma solo per amore della giustizia; ricordando che si deve essere disposti a soffrire ingiurie anche più gravi. E ciò rimane anche nella nuova legge.

ARTICOLO 3

Se la nuova legge sia contenuta nella legge antica

SEMBRA che la nuova legge non sia contenuta nella legge antica. Infatti:
1. La nuova legge consiste principalmente nella fede: tanto è vero che S. Paolo la chiama "legge della fede". Ma nella nuova legge vengono insegnati molti dogmi di fede che non sono contenuti in quella antica. Dunque la nuova legge non è contenuta in essa.
2. Un autore, nel commentare quel passo evangelico: "Chi violerà uno di questi minimi precetti", afferma che i precetti della legge sono minori, mentre quelli del Vangelo sono più grandi. Ora, una cosa più grande non può essere contenuta in una più piccola. Quindi la legge nuova non è contenuta in quella antica.
3. Una cosa che è contenuta in un'altra è simultanea a quella che la contiene. Perciò, se la legge nuova fosse contenuta nell'antica, posta l'antica legge, ne seguirebbe la presenza anche della legge nuova. E quindi era inutile dare la nuova legge essendovi già quella antica. Dunque la legge nuova non è contenuta nell'antica.

IN CONTRARIO: In Ezechiele si legge, che "una ruota era dentro l'altra ruota"; e San Gregorio spiega: "Il nuovo Testamento era dentro quello vecchio".

RISPONDO: Una cosa può essere contenuta in un'altra in due maniere. Primo, in maniera attuale: cioè come un corpo in un luogo. Secondo, in maniera virtuale, come un effetto nella sua causa, o come il completamento in una cosa incompleta: cioè come il genere contiene virtualmente le specie, e come il seme contiene l'albero intero. E in questa seconda maniera la legge nuova è contenuta nell'antica: infatti abbiamo già visto che la legge nuova sta a quella antica, come una cosa perfetta alla sua imperfezione. Ecco perché il Crisostomo, nel commentare quel passo evangelico: "La terra produce da se stessa il frutto; prima l'erba, poi la spiga, poi il grano nella spiga", fa questa applicazione: "Prima produce l'erba con la legge naturale; poi le spighe, con la legge di Mosè; quindi il grano perfetto col Vangelo". Perciò la legge nuova è contenuta nell'antica legge come il frutto nella spiga.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti i dogmi che il nuovo Testamento propone a credere in modo chiaro ed esplicito sono insegnati anche dall'antico Testamento, però in maniera implicita e figurale. Perciò anche da questo lato dei dogmi la legge nuova è contenuta nell'antica.
2. I precetti della legge nuova sono maggiori di quelli contenuti nell'antica per una più esplicita chiarezza. Ma quanto alla sostanza sono già tutti contenuti nel vecchio Testamento. Infatti S. Agostino nota, che "quasi tutti gli ammonimenti e i precetti dati dal Signore là dove ripete: "Io invece vi dico", si trovano anche in quegli antichi libri. Ma poiché per omicidio ci si limitava a intendere l'uccisione del corpo umano, il Signore spiegò che ogni moto cattivo, il quale tende a danneggiare un fratello, rientra nel genere dell'omicidio". Ebbene, i precetti della legge nuova si dicono maggiori dei precetti dell'antica legge per codeste chiariflcazioni. Tuttavia niente impedisce che una cosa più grande sia contenuta virtualmente in una più piccola: come l'albero, p. es., è contenuto nel seme.
3. Ciò che è implicito ha bisogno di essere dichiarato. Ecco perché dopo la legge antica era necessaria la promulgazione della nuova legge.

ARTICOLO 4

Se la nuova legge sia più gravosa di quella antica

SEMBRA che la nuova legge sia più gravosa di quella antica. Infatti:
1. Il Crisostomo così commenta quel passo di S. Matteo: "Chi violerà uno di questi minimi precetti": "I precetti di Mosè, "Non uccidere", "Non commettere adulterio", nella pratica sono facili. Mentre i precetti di Cristo, "Non ti adirare", "Non desiderare", in pratica sono difficili". Dunque la legge nuova è più gravosa dell'antica.
2. È più facile godere la prosperità, che sopportare le tribolazioni. Ora, nell'antico Testamento l'osservanza della legge era accompagnata dalla prosperità terrena, come appare dal Deuteronomio. Invece quelli che osservano la nuova legge sono perseguitati da molteplici avversità, come appare dall'esortazione di S. Paolo: "Mostriamoci quali ministri di Dio pronti alla costanza, in mezzo alle afflizioni, alle necessità, alle angustie, ecc.". Quindi la legge nuova è più gravosa dell'antica.
3. Ciò che perfeziona e completa una norma è più difficile di essa. Ora, la nuova legge completa così quella antica. Infatti l'antica legge proibiva lo spergiuro, la legge nuova proibisce anche il giuramento; l'antica legge proibiva il divorzio, fatto senza il libello del ripudio, la legge nuova lo proibisce del tutto; come appare dal testo di S. Matteo, secondo le spiegazioni di S. Agostino. Dunque la legge nuova è più gravosa dell'antica.

IN CONTRARIO: Nel Vangelo si legge: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi". E S. Ilario spiega: "Egli chiama a sé coloro che sono affaticati per la difficoltà della legge, e oppressi dai peccati del mondo". E applica al giogo della legge evangelica le parole che seguono: "Il mio giogo è dolce, e il mio peso è leggero". Perciò la nuova legge è più leggera dell'antica.

RISPONDO: Nelle azioni virtuose, oggetto delle norme di legge, si possono considerare due tipi di difficoltà. Il primo deriva dalle opere esterne, che in se stesse presentano una certa difficoltà e gravezza. E quanto a questo la legge antica è molto più gravosa della nuova: poiché l'antica legge obbligava a un maggior numero di atti esterni per la complessità delle cerimonie, a differenza della legge nuova, la quale, nell'insegnamento di Cristo e degli Apostoli, aggiunge ben poche cose ai precetti della legge naturale; sebbene in seguito siano state aggiunte alcune prescrizioni per iniziativa dei Santi Padri. Ma in queste ultime norme S. Agostino stesso dice che si deve usare moderazione, affinché la vita dei fedeli non risulti gravosa. Infatti egli critica certuni, i quali "aggravano di pesi servili anche la nostra religione, che la misericordia di Dio ha voluto rendere libera nella pratica di pochi ed evidentissimi sacramenti, così da rendere più tollerabile la condizione dei Giudei, i quali nell'osservanza dei sacramenti legali non sono soggetti a presuntuose invenzioni umane".
Il secondo tipo di difficoltà deriva nelle opere virtuose dalle disposizioni interiori: è difficile, p. es., compiere un atto di virtù prontamente e con piacere. È questa la difficoltà delle virtù: infatti per chi non ha la virtù ciò è molto difficile; mentre la virtù lo rende facile. E quanto a questo i precetti della nuova legge sono più gravosi dei precetti della legge antica: poiché nella nuova legge vengono proibiti i moti interiori dell'animo, che invece non erano espressamente proibiti dalla legge antica, sebbene lo fossero in materie particolari; però senza un castigo che rafforzasse codesta proibizione. Ora, questa è una cosa difficilissima per chi non ha la virtù: e il Filosofo stesso afferma che compiere le opere del giusto è cosa facile; ma compierle nel modo che il giusto le compie, cioè con piacere e prontezza, è cosa difficile per chi non possiede l'abito della giustizia. Ecco perché S. Giovanni poteva affermare che "i suoi comandamenti non sono gravosi": "Non sono gravosi per chi ama", spiega S. Agostino, "ma sono tali per chi non ama".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In quel passo si parla espressamente della difficoltà della nuova legge, relativa alla repressione diretta dei moti interiori.
2. Le tribolazioni che soffrono coloro i quali osservano la nuova legge non sono imposte dalla legge stessa. E tuttavia mediante l'amore, in cui codesta legge consiste, sono facilmente sopportate: poiché, come dice S. Agostino, "l'amore riduce quasi a nulla ogni crudeltà e ogni barbarie".
3. Le aggiunte fatte ai precetti dell'antica legge sono ordinate a renderne più facile l'adempimento, come nota S. Agostino. Perciò questo non dimostra che la nuova legge è più gravosa, ma che è più facile.