Il Santo Rosario

La Grazia

Somma Teologica I-II, q. 113

Gli effetti della grazia. La giustificazione del peccatore

Passiamo ora a considerare gli effetti della grazia: primo, la giustificazione dell'empio, che è effetto della grazia operante; secondo, il merito, effetto della grazia cooperante.
Sul primo argomento si pongono dieci quesiti: 1. Che cosa sia la giustificazione; 2. Se per essa si richieda l'infusione della grazia; 3. Se si richieda l'esercizio del libero arbitrio; 4. Se si richieda un atto di fede; 5. Se si richieda un moto del libero arbitrio contro il peccato; 6. Se alle cose suddette si debba aggiungere anche la remissione dei peccati; 7. Se nella giustificazione dell'empio ci sia un processo di tempo, o avvenga all'istante; 8. Quale sia l'ordine naturale degli elementi che concorrono alla giustificazione; 9. Se la giustificazione dell'empio sia la più grande opera di Dio; 10. Se la giustificazione dell'empio sia miracolosa.

ARTICOLO 1

Se la giustificazione dell'empio consista nella remissione dei peccati

SEMBRA che la giustificaziune dell'empio non consista nella remissione dei peccati. Infatti:
1. Come sopra abbiamo detto, il peccato non si contrappone soltanto alla giustizia, ma a qualsiasi virtù. Invece la giustificaziune sta a indicare un moto verso la giustizia. Dunque non ogni remissione di peccati è una giustificazione: essendo ogni moto un passaggio da un contrario all'altro.
2. Ogni cosa dev'essere denominata, come nota Aristotele, dal suo elemento principale. Ora, la remissione dei peccati avviene principalmente, sia mediante la fede, secondo l'espressione di S. Pietro: "Avendo purificati i loro cuori mediante la fede"; sia mediante la carità, ché a detta dei Proverbi, "La carità ricopre tutte le colpe". Perciò la remissione dei peccati dev'essere denominata più dalla fede e dalla carità, che dalla giustizia.
3. La remissione dei peccati s'identifica con la vocazione, o chiamata: infatti viene chiamato chi è distante; e uno è distante da Dio col peccato. Ma la vocazione, a detta di S. Paolo, precede la giustificazione: "Quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati". Dunque la giustificazione non consiste nella remissione dei peccati.

IN CONTRARIO: La Glossa spiegando l'espressione paolina, "Quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati", aggiunge: "mediante la remissione dei peccati". Quindi la remissione dei peccati non è che la giustificazione.

RISPONDO: La giustificazione al passivo implica un moto verso la giustizia; come il riscaldamento implica un moto verso il calore. Ma poiché la giustizia nel suo concetto implica rettitudine di ordine, essa si può prendere in due sensi diversi. Primo, in quanto implica un ordine retto nell'atto medesimo dell'uomo. E in tal senso, come insegna Aristotele, la giustizia è una speciale virtù: sia che si tratti della giustizia particolare, che ordina rettamente l'atto di un uomo in rapporto a un'altra persona sìngola; sia che si tratti della giustizia legale, che ordina rettamente gli atti di un uomo in rapporto al bene comune della collettività.
Secondo, la giustizia può indicare una rettitudine di ordine nella stessa interna disposizione dell'uomo: cioè la subordinazione della sua parte superiore a Dio, e quella delle potenze inferiori dell'anima alla facoltà suprema, ossia alla ragione. E anche questa disposizione da Aristotele è chiamata giustizia "metaforica". E tale giustizia nell'uomo può attuarsi in due modi. Primo, come semplice generazione, che parte dalla privazione della forma. E in tal senso la giustificazione può attribuirsi anche a chi, senza essere in peccato, ricevesse codesta giustizia da Dio; è così infatti che Adamo ha ricevuto la giustizia originale.
Secondo, quest'ultima giustizia può attuarsi nell'uomo attraverso il passaggio da un dato termine al suo contrario. E in codesto senso la giustificazione implica la trasmutazione da un dato precedente di ingiustizia a codesta giustizia. È in tal senso che si parla della giustificazione dell'empio, secondo le parole di S. Paolo: "E a chi non fa le opere, ma crede in colui che giustifica l'empio...". E poiché un moto si denomina più dal termine di arrivo che da quello di partenza, codesta trasmutazione, in cui uno abbandona lo stato d'ingiustizia con la remissione dei peccati, si denomina giustificazione dell'empio, dal termine di arrivo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Qualsiasi peccato, in quanto implica un'insubordinazione dell'anima a Dio, si può dire che è un'ingiustizia, contraria alla giustizia di cui abbiamo parlato. Così infatti si esprime S. Giovanni: "Chiunque commette il peccato, commette iniquità, perché il peccato è iniquità". E in tal senso l'eliminazione di qualsiasi peccato è una giustificazione.
2. La fede e la carità indicano un ordine specifico dell'anima umana verso Dio, sia secondo l'intelletto, sia secondo la volontà. Invece la giustizia indica in generale qualsiasi rettitudine di ordine. Ecco perché la trasmutazione suddetta si denomina dalla giustizia, piuttosto che dalla carità, o dalla fede.
3. La vocazione dice rapporto all'aiuto di Dio, che muove interiormente e sollecita l'anima ad abbandonare il peccato. Ora, codesta mozione divina non è la remissione stessa del peccato, ma la causa di essa.

ARTICOLO 2

Se la remissione del peccato, ossia la giustificazione dell'empio, richieda l'infusione della grazia

SEMBRA che la remissione del peccato, ossia la giustificazione dell'empio, non richieda l'infusione della grazia. Infatti:
1. Uno può recedere da un termine, senza raggiungere il termine contrario, se si tratta di contrari che ammettono un termine intermedio. Ora, tra lo stato di grazia e lo stato di colpa c'è uno stato intermedio: c'è lo stato d'innocenza, nel quale l'uomo è privo sia di grazia che di colpa. Dunque a uno può essere condonata la colpa, senza per questo conseguire la grazia.
2. La remissione della colpa si riduce a una decisione di Dio; secondo le parole del Salmo: "Beato l'uomo cui il Signore non imputa colpa". Invece l'infusione della grazia mette in noi qualche cosa, come sopra abbiamo detto. Perciò per la remissione dei peccati non si richiede l'infusione della grazia.
3. Nessuno può avere contemporaneamente due atti contrari. Ora, certi peccati sono contrari tra loro: p. es., la prodigalità e la spilorceria. Quindi chi pecca di prodigalità non può peccare simultaneamente di spilorceria. Può darsi invece che lo abbia fatto in precedenza. Perciò peccando di prodigalità, uno si libera del peccato contrario. E così viene rimesso un peccato senza la grazia.

IN CONTRARIO: S. Paolo scrive: "Sono giustificati gratuitamente per mezzo della sua grazia".

RISPONDO: L'uomo peccando offende Dio, come sopra abbiamo visto. Ora, un'offesa viene condonata solo perché l'animo offeso si rappacifica verso il colpevole. Perciò si dice che a noi sono rimessi i peccati, in quanto Dio si rappacifica con noi. Ma questa pace consiste nell'amore col quale Dio ci ama. E l'amore di Dio, pur essendo eterno ed immutabile come atto divino, negli effetti che imprime in noi talora si interrompe, in quanto per un dato tempo abbandoniamo Dio, e a un dato momento lo ritroviamo. Ora, l'effetto prodotto in noi dall'amore che Dio ci porta, e che il peccato distrugge, è la grazia, la quale rende l'uomo degno della vita eterna, da cui siamo esclusi per il peccato mortale. Dunque non si può concepire la remissione del peccato, senza l'infusione della grazia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si richiede di più per condonare a qualcuno un'offesa, che per non odiare chi non offende. Infatti può capitare tra gli uomini che uno non abbia né amore né odio per un'altra persona; ma se questa l'offende, non può perdonarla senza una particolare benevolenza. Ora, la benevolenza di Dio verso l'uomo si ristabilisce col dono della grazia. Ecco perché l'uomo, prima del peccato avrebbe anche potuto trovarsi senza grazia e senza colpa; ma dopo il peccato non può liberarsi dalla colpa senza ricevere la grazia.
2. Come l'amore di Dio non consiste soltanto in un atto della volontà divina, ma implica un effetto della grazia, come sopra abbiamo accennato; così anche la sua non imputazione della colpa implica un effetto nell'uomo al quale codesta colpa non è imputata. Infatti la non imputazione del peccato da parte di Dio deriva dal suo amore.
3. Come insegna S. Agostino, "se per non avere più il peccato bastasse desistere dal commetterlo, la Scrittura si limiterebbe ad ammonire: "Figliolo hai peccato; non lo fare più". Invece non basta, ed aggiunge: "Pentiti del passato, per ottenere il perdono"". Infatti il peccato passa come atto, ma rimane come reato, secondo le spiegazioni date in precedenza. Perciò quando uno passa da un dato peccato a quello del vizio contrario, cessa di avere l'atto del vizio precedente, ma non cessa di averne il reato: ché accumula il reato di entrambi. Del resto i peccati non sono contrari tra loro sotto l'aspetto di aversione da Dio, da cui si desume il reato.

ARTICOLO 3

Se per la giustificazione dell'empio si richieda l'esercizio del libero arbitrio

SEMBRA che per la giustificazione dell'empio non si richieda l'esercizio del libero arbitrio. Infatti:
1. Vediamo che i bambini, e talora anche gli adulti, vengono giustificati col sacramento del battesimo, senza l'esercizio del libero arbitrio. S. Agostino, p. es., racconta di un suo amico, che mentre era in preda alla febbre, "rimase a lungo privo di sensi in un sudore di morte; e considerato ormai perduto, fu battezzato senza che egli se ne accorgesse, e ottenne la rigenerazione", la quale avviene mediante la grazia santificante. Ora, Dio non ha coartato la sua potenza ai sacramenti. Quindi egli potrebbe anche giustificare gli uomini senza i sacramenti, e senza un moto qualsiasi del libero arbitrio.
2. Mentre dorme l'uomo non ha l'uso della ragione, senza il quale è impossibile l'esercizio del libero arbitrio. Eppure Salomone ricevette da Dio il dono della sapienza mentre dormiva, come narra la Scrittura. Perciò, per lo stesso motivo talora può essere concesso all'uomo il dono della grazia giustificante, senza l'esercizio del libero arbitrio.
3. Identica è la causa che produce la grazia e la conserva: infatti S. Agostino ha scritto, che "l'uomo deve rivolgersi a Dio, in maniera da essere fatto giusto da lui per sempre". Ora, la grazia si conserva nell'uomo, senza l'esercizio del libero arbitrio. Dunque anche in principio può essere infusa, senza l'intervento di esso.

IN CONTRARIO: Sta scritto nel Vangelo: "Chiunque ha udito il Padre ed ha appreso, viene a me". Ma l'apprendimento non avviene senza l'esercizio del libero arbitrio: infatti chi impara acconsente a chi insegna. Perciò nessuno va a Dio con la grazia santificante, senza l'esercizio del libero arbitrio.

RISPONDO: La giustificazione del peccatore avviene perché Dio muove l'uomo alla giustizia: è lui infatti, come insegna S. Paolo, "che giustifica l'empio". Dio però muove tutti gli esseri secondo la natura di ciascuno: così vediamo tra gli esseri fisici che diversamente egli muove i corpi gravi e quelli leggeri, per la diversa natura di essi. Ecco perché egli muove l'uomo alla giustizia, secondo la condizione della natura umana. Ora, l'uomo secondo la sua natura è dotato di libero arbitrio. Perciò in chi possiede l'uso del libero arbitrio non c'è una mozione di Dio verso la giustizia, senza l'esercizio di esso; e Dio non infonde il dono della grazia giustificante, senza muovere al tempo stesso il libero arbitrio ad accettarlo, sempre in coloro che sono capaci di esercitare codesta facoltà.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I bambini non sono capaci di esercitare il libero arbitrio; ecco perché sono mossi da Dio alla giustizia mediante la sola trasformazione della loro anima. Questo però non avviene senza il sacramento: poiché come per essi non fu volontaria la propagazione del peccato originale, dal quale vengono mondati, ma fu prodotta dall'origine carnale; così in essi si produce la grazia, mediante la loro rigenerazione spirituale in Cristo. Lo stesso si dica dei pazzi furiosi e dei dementi che non hanno mai avuto l'uso del libero arbitrio. Se invece uno ha per un dato tempo codesto uso, e dopo lo perde, o col sonno, o con l'infermità, non può conseguire la grazia santificante col battesimo o con altri sacramenti, amministrati esternamente, se prima non ne ha avuto il proposito. E questo è impossibile senza l'esercizio del libero arbitrio. Perciò colui di cui parla S. Agostino fu rigenerato, perché sia prima che dopo aveva accettato il battesimo.
2. Salomone stesso non meritò e non ricevette la sapienza mentre dormiva. Ma nel sonno gli fu soltanto dichiarato che Dio gli avrebbe infuso la sapienza, per il suo desiderio precedente; così infatti si esprime l'agiografo parlando a nome suo: "Implorai e mi fu data la sapienza". - Oppure si può pensare che quel sonno non fosse naturale, ma profetico, come quello di cui parlano i Numeri: "Se vi sarà tra voi un profeta del Signore, io gli apparirò in visione, o gli parlerò in sogno". Si conserva allora l'uso del libero arbitrio.
Tuttavia va notato che non è identica la condizione dei doni della sapienza e della grazia santificante. Poiché il dono della grazia santificante ha il compito principale di ordinare l'uomo al bene, che è oggetto della volontà: perciò uno si muove verso di esso con un moto della volontà che è un moto del libero arbitrio. Invece la sapienza si esplica nell'intelletto il quale precede la volontà: perciò l'intelletto può essere illuminato col dono della sapienza, senza un moto completo del libero arbitrio. E così vediamo che alcune cose sono rivelate agli uomini nel sonno, secondo le parole della Scrittura: "Quando il sopore si riversa sugli uomini ed essi dormono sul giaciglio, allora apre egli l'orecchio degli uomini, e li erudisce istruendoli nella disciplina".
3. Nella (prima) infusione della grazia santificante avviene una trasmutazione dell'anima: perciò si richiede un esercizio proprio di codesta anima, perché essa si muova secondo la sua natura. Invece la conservazione della grazia avviene senza trasmutazioni: perciò non si richiede un moto da parte dell'anima, bensì la sola continuazione dell'influsso divino.

ARTICOLO 4

Se per la giustificazione dell'empio si richieda un atto di fede

SEMBRA che per la giustificazione dell'empio non si richieda un atto di fede. Infatti:
1. L'uomo è giustificato dalla fede come da altri moti virtuosi. Cioè dal timore, di cui sta scritto: "Il timore di Dio scaccia il peccato; poiché chi è senza timore non potrà essere giustificato". Dalla carità, di cui fu detto: "Le sono rimessi molti peccati, perché molto ha amato". Dall'umiltà; poiché sta scritto: "Dio resiste ai superbi, e dà la grazia agli umili". E finalmente dalla misericordia, secondo le parole dei Proverbi: "Per la misericordia e per la fede si purificano i peccati". Perciò nella giustificazione i moti della fede non sono richiesti più di quelli delle virtù ricordate.
2. Un atto di fede non è richiesto nella giustificazione, se non perché con la fede l'uomo conosce Dio. Ma l'uomo può conoscere Dio anche in altre maniere: cioè con una conoscenza naturale, oppure con il dono della sapienza. Dunque per la giustificazione dell'empio non si richiede un atto di fede.
3. Gli articoli della fede sono molteplici. Perciò, se per la giustificazione del peccatore fosse necessario un atto di fede, bisognerebbe che l'uomo nella prima sua giustificazione pensasse a tutti codesti articoli. Il che è inammissibile: per il fatto che codesta meditazione richiede lungo tempo. Perciò per la giustificazione non si richiede nessun atto di fede.

IN CONTRARIO: Sta scritto: "Giustificati dunque dalla fede, abbiamo pace con Dio".

RISPONDO: Abbiamo già visto che per la giustificazione si richiede un atto del libero arbitrio, in quanto l'anima dell'uomo viene mossa da Dio. Ora, Dio muove l'anima dell'uomo volgendola verso se stesso, secondo le parole che riscontriamo in una versione del Salmo 84: "O Dio, tu volgendoci a te tornerai a viviflcarci". Ecco quindi che per la giustificazione dei peccatori si richiede un moto psicologico di conversione a Dio. Ma la prima conversione verso Dio avviene mediante la fede, come insegna S. Paolo: "Chi s'accosta a Dio deve credere che egli esiste". Dunque per la giustificazione si richiede un atto di fede.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Un atto di fede non è perfetto, se non è informato dalla carità: perciò nella giustificazione dell'empio l'atto della fede è accompagnato da un atto di carità. Inoltre il libero arbitrio si muove verso Dio per sottomettersi a lui: quindi vi concorre un atto di timore filiale, e un atto di umiltà. Infatti non si esclude che un medesimo atto del libero arbitrio possa essere atto di diverse virtù in quanto l'una è imperante e l'altra esecutrice: e cioè in quanto un atto è ordinabile a diversi fini. L'atto di misericordia, poi, può agire contro il peccato, o come soddisfazione, e allora è successivo alla giustificazione; oppure come preparazione, in quanto "i misericordiosi troveranno misericordia", e allora può anche precederla; e può anche concorrere alla giustificazione assieme alle virtù sopra ricordate, in quanto la misericordia è inclusa nella carità verso il prossimo.
2. Con la conoscenza naturale l'uomo non si volge a Dio in quanto è oggetto della beatitudine e causa della giustificazione: perciò tale conoscenza non basta per giustificare un'anima. Il dono della sapienza, poi, presuppone, come abbiamo visto, la conoscenza della fede.
3. Come scrive l'Apostolo, "a chi crede in colui che giustifica l'empio, è calcolata la fede a giustizia, secondo il proposito della grazia di Dio". Da ciò risulta evidente che nella giustificazione dell'empio l'atto della fede si richiede solo perché l'uomo creda che Dio è il santificatore dell'umanità mediante il mistero di Cristo.

ARTICOLO 5

Se la giustificazione dell'empio richieda un moto del libero arbitrio contro il peccato

SEMBRA che per la giustificazione dell'empio non si richieda un moto del libero arbitrio contro il peccato. Infatti:
1. Per cancellare il peccato basta la carità; poiché sta scritto: "La carità ricopre tutti i peccati". Ma oggetto della carità non è il peccato. Dunque per la giustiflcazione dell'empio non si richiede un moto del libero arbitrio contro il peccato.
2. Chi tende ad avanzare non deve guardare indietro, secondo le parole dell'Apostolo: "Dimenticando quel che mi è dietro le spalle, e slanciandomi alle cose davanti, vo dietro al segno per raggiungere il premio della superna vocazione". Ora, per chi tende alla giustizia il di dietro sono i peccati commessi. Perciò egli è tenuto a dimenticarli, e a non slanciarsi verso di essi col moto del libero arbitrio.
3. Nella giustificazione del peccatore non viene rimesso un peccato, senza il perdono degli altri: infatti "è un'empietà sperare da Dio un perdono a mezzo". Quindi se nella giustificazione si richiedesse un moto del libero arbitrio contro il peccato, bisognerebbe che uno pensasse allora a tutti i suoi peccati. Ma ciò è impossibile: sia perché codesto ripensamento richiede molto tempo; sia perché altrimenti dei peccati dimenticati uno non sarebbe più in grado di ottenere il perdono. Dunque la giustificazione del peccatore non richiede un moto del libero arbitrio contro il peccato.

IN CONTRARIO: Scrive il Salmista: "Dissi: Confesserò contro di me la mia colpa al Signore. - E tu perdonasti l'empietà del mio peccato".

RISPONDO: Come sopra abbiamo visto, la giustificazione dell'empio è un moto col quale l'anima umana è condotta da Dio dallo stato di peccato a quello di giustizia. Perciò si richiede che l'anima muti i suoi rapporti secondo il moto del libero arbitrio verso i due termini estremi, come un corpo mosso localmente in rapporto ai due termini del moto. Ora, è evidente, nel moto locale dei corpi, che il corpo mosso si allontana dal termine di partenza, e si avvicina a quello di arrivo. Quindi è necessario che l'anima umana nella giustificazione abbandoni il peccato con un moto del suo libero arbitrio, e si avvicini alla giustizia. Ma codesti moti di allontanamento e avvicinamento nel libero arbitrio corrispondono alla detestazione e al desiderio; così infatti scrive S. Agostino: "I nostri affetti sono i moti dello spirito: la gioia è la dilatazione dell'anima, il timore ne è la fuga; avanzi con l'anima quando desideri, fuggi con essa quando hai paura". Ecco perché nella giustificazione del peccatore si richiedono due moti del libero arbitrio: uno per tendere alla giustizia di Dio col desiderio, l'altro per detestare il peccato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Spetta a un'unica virtù perseguire un dato oggetto e fuggire il suo contrario. Perciò siccome spetta alla carità amare Dio, appartiene ad essa anche detestare i peccati, che separano l'anima da lui.
2. L'uomo non deve tornare indietro con l'affetto verso il passato, ma deve piuttosto dimenticarlo, per non esserne preso. Però deve ricordarsene, per detestarlo: è così infatti che se ne allontana.
3. Nel tempo che precede la giustificazione l'uomo deve detestare i singoli peccati commessi, di cui si ricorda. E da codesta previa considerazione segue nell'anima un moto di detestazione universale per tutti i peccati commessi, tra i quali sono inclusi anche quelli dimenticati: poiché un uomo si trova allora in tale disposizione da esser pronto a pentirsi anche di ciò che non ricorda, se potesse richiamarlo alla memoria. Ed è codesto moto che concorre alla giustificazione.

ARTICOLO 6

Se la remissione dei peccati sia da enumerarsi tra le cose richieste per la giustificazione

SEMBRA che la remissione dei peccati non sia da enumerarsi tra le cose richieste per la giustificazione. Infatti:
1. L'essenza di una cosa non si può enumerare tra gli elementi che per essa si richiedono: l'uomo, p. es., non si può computare assieme all'anima e al corpo. Ora, la giustificazione dell'empio non è che la remissione stessa dei peccati, come abbiamo visto. Dunque la remissione dei peccati non si può enumerare tra le cose richieste per la giustificazione dell'empio.
2. L'infusione della grazia si identifica con la remissione della colpa come s'identifica l'illuminazione con l'eliminazione delle tenebre. Ora, una cosa non può essere enumerata con se stessa: poiché l'unità si contrappone alla pluralità. Perciò la remissione del peccato non può essere enumerata con l'infusione della grazia.
3. La remissione dei peccati segue come un effetto al moto del libero arbitrio verso Dio e contro il peccato: infatti i peccati vengono rimessi mediante la fede e la contrizione. Ora, un effetto non si deve enumerare con la sua causa: poiché le cose, che sono tra loro suddivise in una data enumerazione, sono per natura simultanee. Dunque la remissione dei peccati non dev'essere enumerata tra gli elementi richiesti per la giustificazione.

IN CONTRARIO: Nell'enumerazione dei requisiti di una data cosa non si deve trascurare il fine, che è sempre il requisito principale. Ma nella giustificazione dell'empio la remissione dei peccati è precisamente il fine; poiché sta scritto: "E tutto il frutto sarà questo, che il peccato sia tolto via". Dunque la remissione dei peccati dev'essere enumerata tra i requisiti della giustificazione.

RISPONDO: Quattro sono gli elementi che vengono enumerati e che sono richiesti per la giustificazione dei peccatori, e cioè: l'infusione della grazia; un moto del libero arbitrio verso Dio mediante la fede; un moto del libero arbitrio contro il peccato; e la remissione della colpa. E il motivo di ciò sta nel fatto che la giustificazione, come abbiamo detto, è un moto col quale l'anima viene portata da Dio dallo stato di peccato a quello di giustizia. Ora, in qualsiasi moto che uno riceve da un altro si richiedono tre cose: primo, la mozione di chi muove; secondo, il moto del soggetto mosso; terzo, il compimento del moto, cioè il raggiungimento del fine prestabilito. Ecco perché da parte della mozione divina abbiamo l'infusione della grazia; da parte del libero arbitrio che è il soggetto mosso ci sono i due moti di esso, e cioè l'abbandono del termine di partenza e l'avvicinamento al termine di arrivo; e abbiamo il compimento, ovvero il raggiungimento del termine di codesto moto con la remissione del peccato, poiché la giustificazione si compie in essa.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che la giustificazione dell'empio è la remissione stessa dei peccati, perché ogni moto riceve la sua specificazione dal termine. Tuttavia per raggiungere il termine si richiedono molte cose, come abbiamo visto.
2. L'infusione della grazia e la remissione del peccato si possono considerare sotto due aspetti. Primo, nella concretezza dell'atto. E da questo lato si identificano. Infatti Dio col medesimo atto dona la grazia e rimette il peccato. Secondo, si possono considerare in rapporto al loro oggetto. E allora differiscono, come differisce la colpa che viene eliminata, dalla grazia che viene infusa. E così anche tra gli esseri materiali differisce la generazione dalla corruzione, sebbene la generazione di una cosa sia sempre corruzione di un'altra.
3. Questa enumerazione non è come la divisione di un genere nelle sue specie, in cui i termini enumerati devono essere simultanei; ma è basata sulla differenza esistente tra gli elementi richiesti per completare una cosa. E in tale enumerazione un elemento può precedere, o seguire l'altro: perché tra i principii o le parti di una cosa complessa, uno può precedere l'altro.

ARTICOLO 7

Se la giustificazione del peccatore sia istantanea, o avvenga gradatamente

SEMBRA che la giustificazione del peccatore non sia istantanea, ma avvenga gradatamente. Infatti:
1. Per la giustificazione dell'empio si richiede, come abbiamo detto, l'esercizio del libero arbitrio. Ma l'atto del libero arbitrio è l'elezione, la quale presuppone la deliberazione del consiglio, come sopra abbiamo spiegato. E poiché la deliberazione implica un ragionamento, che richiede fasi successive, è chiaro che la giustificazione dell'empio avviene gradatamente.
2. Un moto del libero arbitrio non si produce mai, senza una considerazione attuale. Ora, è impossibile pensare attualmente più cose nello stesso tempo, come abbiamo visto nella Prima Parte. E quindi, siccome la giustificazione richiede un moto del libero arbitrio verso oggetti differenti, cioè verso Dio e verso il peccato, è impossibile che la giustificazione del peccatore avvenga in un istante.
3. Una forma che può essere più o meno intensa, come p. es., il bianco o il nero, può essere ricevuta gradatamente nel soggetto. Ma la grazia, come abbiamo visto, può essere più o meno abbondante. Dunque non è ricevuta istantaneamente. E siccome per la giustificazione del peccatore si richiede l'infusione della grazia, è chiaro che la giustificazione non può essere istantanea.
4. Il moto del libero arbitrio che concorre alla giustificazione è meritorio: quindi è necessario che derivi dalla grazia, senza la quale, come vedremo, non può esserci nessun merito. Ora, il conseguimento di una forma precede sempre l'opera secondo codesta forma. Perciò prima viene infusa la grazia, e poi viene mosso il libero arbitrio verso Dio e contro il peccato. E quindi la giustificazione dell'empio avviene gradatamente.
5. Se in un'anima viene infusa la grazia, ci deve pur essere un primo istante nel quale per la prima volta si trovi in essa. Così pure, se viene rimesso il peccato, ci dev'essere un ultimo istante nel quale un uomo soggiace ancora alla colpa. Ma non può essere il medesimo istante: perché allora cose opposte verrebbero a trovarsi nel medesimo soggetto. Perciò devono essere due istanti che si succedono: e tra due istanti, come insegna il Filosofo, c'è sempre un tempo intermedio. Dunque la giustificazione non viene tutta insieme, ma gradatamente.

IN CONTRARIO: La giustificazione dell'empio è prodotta dalla grazia dello Spirito santificatore. Ma lo Spirito Santo viene ad un tratto nelle menti umane, secondo le parole degli Atti: "E d'un subito si udì nel cielo un suono, come di vento impetuoso". E la Glossa spiega: "La grazia dello Spirito Santo ignora la lenta fatica". Quindi la giustificazione dell'empio non avviene gradatamente, ma è istantanea.

RISPONDO: La giustificazione dell'empio consiste originariamente nell'infusione della grazia: da questa infatti viene mosso il libero arbitrio, e viene tolto il peccato. Ma l'infusione della grazia avviene senza fasi successive, cioè all'istante. E si dimostra col fatto che una forma non s'imprime subito in un sogggetto, solo quando il soggetto non è disposto, e la causa agente ha bisogno di tempo per predisporlo. Perciò vediamo che appena la materia è predisposta dall'alterazione precedente, subito acquista la nuova forma sostanziale: per questo, essendo un corpo diafano disposto per se stesso a ricevere la luce, viene illuminato all'istante da un corpo luminoso. Ora, sopra abbiamo spiegato che Dio, per infondere la grazia in un'anima, non ha bisogno di altra disposizione all'infuori di quella che egli stesso produce. Ed egli alcune volte produce ad un tratto la disposizione richiesta per accogliere la grazia; altre volte invece la produce gradatamente e un po' per volta, come sopra abbiamo visto. Infatti l'impossibilità in cui si trova un agente naturale di disporre d'un subito la materia dipende da una sproporzione tra la resistenza della materia e la virtù della causa agente. E per questo si nota che quanto più è forte la virtù dell'agente, tanto è più rapida la disposizione della materia. Perciò, essendo la virtù divina addirittura infinita, può predisporre istantaneamente alla forma qualsiasi materia creata: e molto più può così disporre il libero arbitrio, i cui moti possono essere istantanei per natura. E quindi la giustificazione del peccatore è compiuta da Dio istantaneamente.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il moto del libero arbitrio che concorre alla giustificazione dell'empio è il consenso a detestare il peccato e a tornare a Dio: e codesto consenso è istantaneo. Talora però la giustificazione è preceduta da una deliberazione, che non è parte integrante di essa, ma le prepara la via; come fa il moto locale con l'illuminazione, e l'alterazione con la generazione.
2. Come abbiamo detto nella Prima Parte, niente impedisce di pensare simultaneamente due cose in quanto sono in qualche modo una sola: così intendiamo simultaneamente il soggetto e il predicato, in quanto sono uniti in un'unica proposizione. Allo stesso modo il libero arbitrio può muoversi verso due oggetti, quando l'uno è ordinato all'altro. Ora, il moto del libero arbitrio contro il peccato è ordinato al moto di esso verso Dio: infatti l'uomo detesta il peccato perché è contrario a Dio, cui vuole aderire. Ecco dunque che il libero arbitrio nella giustificazione dell'empio simultaneamente detesta il peccato e si volge a Dio: come un corpo, il quale allontanandosi da un luogo si avvicina a un altro.
3. Se una forma non è ricevuta all'istante nella materia, non si deve al fatto che può essere più o meno intensa: ché allora la luce non potrebbe essere ricevuta istantaneamente nell'aria, la quale è passibile di un'illuminazione più o meno intensa. Ma ciò deriva dalla disposizione della materia, ovvero del soggetto, come abbiamo ricordato.
4. Nel medesimo istante in cui acquista la forma, una cosa comincia ad operare secondo la natura di essa: il fuoco, p. es., appena prodotto subito si muove verso l'alto; e se il suo moto fosse istantaneo, si compirebbe nel medesimo istante. Ora, il moto del libero arbitrio, che è il volere, non ha fasi successive, ma è istantaneo. Perciò non è necessario che la giustificazione dell'empio avvenga gradatamente.
5. Il succedersi di due opposte qualità nel medesimo soggetto va considerato diversamente nelle cose sottoposte al tempo, e in quelle che sono al di sopra del tempo. Nelle prime non si può ammettere un ultimo istante nel quale la forma precedente si trovi nel soggetto: è determinabile invece un ultimo tempo, e un primo istante nel quale la forma successiva viene a trovarsi nella materia, o nel subietto. E la ragione di ciò sta nel fatto che nel corso del tempo non si può determinare un istante che precede immediatamente un altro istante: perché gli istanti non sono continui tra loro nel tempo che li include, come non lo sono i punti in una linea, secondo le spiegazioni di Aristotele. Il tempo invece ha nell'istante il suo termine. Ecco perché in tutto il tempo in cui una cosa muove verso una nuova forma, è soggetta alla forma contraria precedente: e nell'ultimo istante di codesto tempo, che poi è il primo del tempo successivo, riceve quella forma che costituisce il termine del moto.
Invece negli esseri che trascendono il tempo le cose stanno diversamente. Infatti allora nell'eventuale succedersi di affetti e di intellezioni, come avviene negli angeli, la successione non è misurata dal tempo continuo, ma dal tempo discreto, perché non sono continue le cose che vengono misurate, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Perciò in questo caso si deve ammettere un ultimo istante in cui esisteva un dato precedente, e un primo istante in cui viene ad esistere quello successivo: e non è necessario che vi sia un tempo intermedio, poiché non c'è la continuità del tempo ad esigerlo.
Ma l'anima umana che viene giustificata, pur essendo essenzialmente superiore al tempo, di fatto è soggetta al tempo: poiché intende nella continuità del tempo per i fantasmi nei quali scorge le specie intelligibili, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Perciò i moti di essa si devono giudicare secondo la condizione dei moti temporali: e cioè si deve concludere che non esiste un ultimo istante, ma un ultimo tempo della permanenza del peccato; mentre è determinabile un primo istante in cui si ha la grazia, dopo che per tutto il tempo precedente perdura la colpa.

ARTICOLO 8

Se l'infusione della grazia in ordine di natura sia la prima tra le cose richieste per la giustificazione dell'empio

SEMBRA che l'infusione della grazia in ordine di natura non sia la prima tra le cose richieste per giustificazione dell'empio. Infatti:
1. L'abbandono del male precede il proseguimento del bene, secondo l'espressione dei Salmi: "Rifuggi dal male, e fa il bene". Ma la remissione dei peccati rientra nell'abbandono del male; mentre l'infusione della grazia appartiene al proseguimento del bene. Dunque in ordine di natura la remissione della colpa precede l'infusione della grazia.
2. Una disposizione per natura precede la forma alla quale dispone. Ora, l'esercizio del libero arbitrio è una disposizione alla recezione della grazia. Esso perciò precede l'infusione della grazia.
3. Il peccato impedisce all'anima di tendere a Dio. Ma togliere gli ostacoli di un moto è un'operazione previa che il moto deve seguire. Dunque per natura la remissione dei peccati e l'atto del libero arbitrio contro il peccato precedono il moto del libero arbitrio verso Dio e l'infusione della grazia.

IN CONTRARIO: La causa per natura precede l'effetto. Ora, l'infusione della grazia è la causa di tutti gli altri requisiti per la giustificazione dell'empio. Quindi è prima in ordine di natura.

RISPONDO: I suddetti quattro requisiti per giustificazione del peccatore sono cronologicamente simultanei, poiché la giustificazione non avviene per fasi successive, come abbiamo visto: ma in ordine di natura l'uno precede l'altro. E tra tutti il primo è l'infusione della grazia; il secondo è il moto del libero arbitrio verso Dio; il terzo il moto del libero arbitrio contro il peccato; il quarto è la remissione della colpa.
E il motivo di ciò sta nel fatto che in ogni moto la prima cosa è sempre l'impulso della causa movente; la seconda è la disposizione della materia, ovvero il moto di ciò che è mosso; e l'ultima è il fine, o termine del moto, nel quale viene a terminare la mozione della causa movente. Ora, la mozione della causa movente, cioè di Dio, non è che l'infusione della grazia, come sopra abbiamo notato; il moto o la disposizione del mobile è il duplice moto del libero arbitrio; e il termine, o il fine del moto, è la remissione della colpa, com'è evidente dalle cose dette in precedenza. Perciò in ordine di natura nella giustificazione dell'empio la prima cosa è l'infusione della grazia; la seconda è il moto del libero arbitrio verso Dio; la terza il moto del libero arbitrio contro il peccato (infatti chi viene giustificato detesta i peccati perché offendono Dio: e quindi il moto del libero arbitrio verso Dio precede per natura il moto del libero arbitrio contro il peccato, perché causa e motivo di esso); la quarta ed ultima cosa è la remissione dei peccati, che è il fine cui è ordinata tutta questa trasmutazione, secondo le spiegazioni date.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'abbandono di un termine col raggiungimento del termine contrario si può considerare in due modi. Primo, dal lato del soggetto mobile. E allora in ordine di natura l'abbandono del primo termine precede il raggiungimento del secondo: infatti nel soggetto che viene mosso prima viene ciò che si abbandona, e poi ciò che il mobile raggiunge col moto. Ma dal lato della causa agente è vero il contrario. Infatti la causa agente con la forma che in esso preesiste agisce per rimuovere il suo contrario: il sole, p, es., agisce per togliere le tenebre. Perciò per il sole la funzione di illuminare precede quella di togliere le tenebre; mentre per l'aria che dev'essere illuminata liberarsi dalle tenebre in ordine di natura precede il conseguimento della luce, sebbene siano cronologicamente due cose simultanee. E poiché l'infusione della grazia e la remissione della colpa sono indicate all'attivo come opera di Dio il quale compie la giustificazione, in ordine di natura è prima l'infusione della grazia che la remissione della colpa. Ma se si considerano dal lato dell'uomo giustificato, è vero il contrario: ché allora in ordine di natura la liberazione dalla colpa precede il conseguimento della grazia giustificante. - Oppure si può dire che nella giustificazione la colpa è il termine di partenza e la giustizia quella di arrivo: ma la grazia è causa, sia della remissione della colpa che del conseguimento della giustizia.
2. La disposizione del soggetto precede in esso il conseguimento della forma in ordine di natura: tuttavia essa segue l'operazione dell'agente, che dispone il soggetto medesimo. Ecco perché il moto del libero arbitrio precede in ordine di natura il conseguimento della grazia, mentre segue l'infusione di essa.
3. Come il Filosofo insegna, tra i moti dello spirito nell'ordine speculativo precede il moto riguardante i principii, e nell'ordine pratico, quello relativo al fine: ma negli atti esterni la rimozione degli ostacoli precede il conseguimento del fine. E poiché il moto del libero arbitrio è spirituale, si muove prima per raggiungere Dio come fine, che per togliere l'ostacolo del peccato.

ARTICOLO 9

Se la giustificazione del peccatore sia la più grande opera di Dio

SEMBRA che la giustificazione del peccatore non sia la più grande opera di Dio. Infatti:
1. Con la giustificazione uno raggiunge la grazia dei viatori. Invece con la glorificazione si ottiene la grazia dei beati, che è maggiore. Dunque la glorificazione degli angeli, o degli uomini, è un'opera più grande della giustificazione dell'empio.
2. La giustificazione dell'empio è ordinata al bene particolare di un uomo. Ma il bene dell'universo è superiore a quello di un uomo singolo, come dice Aristotele. Dunque la creazione del cielo e della terra è un'opera più grande della giustificazione di un peccatore.
3. È un'opera più grande fare qualche cosa dal nulla, dove niente coopera con la causa agente, che fare qualche cosa con una qualsiasi cooperazione del paziente. Ora, nell'opera della creazione c'è la produzione di qualche cosa dal nulla: e quindi niente può cooperare con la causa agente. Invece nella giustificazione dell'empio Dio compie qualche cosa su di un soggetto, egli cioè rende giusto un peccatore: e in questo c'è una cooperazione da parte dell'uomo; poiché, come abbiamo detto, interviene un atto del libero arbitrio. Perciò la giustificazione dell'empio non è l'opera più grande di Dio.

IN CONTRARIO: Sta scritto: "Le misericordie del Signore sono su tutte le sue opere". E in una colletta si legge: "O Dio, che manifesti la tua onnipotenza massimamente col perdono e con la misericordia". S. Agostino poi, commentando il testo di S. Giovanni: "Farà opere più grandi di queste", afferma che "è opera più grande fare un giusto da un peccatore, che creare il cielo e la terra".

RISPONDO: Un'opera può dirsi grande in due maniere. Primo, per il modo con cui viene compiuta. E in tal senso l'opera più grande è la creazione, in cui c'è la produzione dell'essere dal nulla. - Secondo, un'opera può dirsi grande per la grandezza di ciò che viene prodotto. E in questo senso è più grande la giustificazione dell'empio, la quale termina nel bene eterno della partecipazione di Dio, che la creazione del cielo e della terra, la quale termina a un bene mutevole. Ecco perché S. Agostino, dopo aver affermato che "fare un giusto da un peccatore è un'opera più grande che creare il cielo e la terra", aggiunge: "Infatti il cielo e la terra passeranno; mentre la salvezza e la giustificazione dei predestinati resteranno per sempre".
Si noti però che la grandezza di una cosa si può considerare sotto due aspetti. Primo, sotto l'aspetto della quantità assoluta. E in codesto senso il dono della gloria è maggiore del dono della grazia che giustifica i peccatori; e così la glorificazione dei giusti è un'opera più grande della giustificazione dell'empio. - Secondo, la grandezza di una cosa si può considerare in rapporto alla quantità relativa, o di proporzione: e in questo senso si può dire che un monte è piccolo, e che una data pianta di miglio è grande. E sotto quest'aspetto il dono della grazia che giustifica il peccatore è più grande del dono della gloria che rende beato il giusto: perché il dono della grazia sorpassa molto di più il merito del peccatore, che era meritevole di pena; di quanto il dono della gloria non superi il merito del giusto, il quale per il fatto che era giustificato era degno della gloria. Perciò S. Agostino continua: "Chi è in grado giudichi se sia cosa più grande creare angeli giusti, o giustificare dei peccatori. Certamente, anche se in tutti e due i casi uguale è la potenza, la misericordia è più grande in quest'ultimo".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È così evidente la risposta alla prima difficoltà.
2. Il bene dell'universo è superiore al bene particolare di un individuo, se si considerano nel medesimo genere. Ma il bene di un individuo nell'ordine della grazia è superiore al bene naturale di tutto l'universo.
3. La terza difllcoltà si fonda sul modo col quale viene compiuta un'azione: in tal senso l'opera più grande di Dio è la creazione.

ARTICOLO 10

Se la giustificazione dell'empio sia un'opera miracolosa

SEMBRA che la giustificazione dell'empio sia un'opera miracolosa. Infatti:
1. Le opere miracolose sono più grandi di quelle non miracolose. Ma la giustificazione dell'empio è più grande delle altre opere miracolose, com'è evidente dal passo di S. Agostino riferito sopra. Quindi la giustificazione dei peccatori è un'opera miracolosa.
2. Il moto della volontà è per l'anima come l'inclinazione naturale per gli esseri materiali. Ora, quando Dio agisce negli esseri materiali contro la loro inclinazione naturale, p. es., dando la vista ai ciechi, o risuscitando i morti, si ha un'opera miracolosa. Ma la volontà del peccatore tende al male. Perciò, siccome quando Dio giustifica un uomo lo muove al bene, è chiaro che la giustificazione del peccatore è miracolosa.
3. La giustizia è un dono di Dio, come la sapienza. Ora, è un miracolo che uno, senza studiare, riceva da Dio a un tratto la sapienza. Dunque è un miracolo anche, che Dio renda giusto un peccatore.

IN CONTRARIO: Le opere miracolose sorpassano le facoltà della natura. Invece la giustificazione dell'empio non sorpassa codeste capacità: infatti S. Agostino scrive, che "è della natura degli uomini poter avere la fede e la carità: averle però di fatto è proprio della grazia dei fedeli". Perciò la giustificazione dell'empio non è miracolosa.

RISPONDO: Nelle opere miracolose siamo soliti riscontrare tre cose. La prima di esse riguarda la potenza della causa agente: tali opere possono essere compiute solo dalla potenza di Dio. Perciò esse sono mirabili in senso assoluto, avendo una causa occulta, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. E da questo lato si possono chiamare miracolose sia la giustificazione dell'empio che la creazione del mondo, e in genere qualsiasi cosa che Dio solo può compiere.
Secondo, in alcune opere miracolose si riscontra che la forma prodotta è al di sopra della potenza naturale di quella data materia: nella resurrezione di un morto, p. es., la vita è data al di sopra della potenza di quel dato corpo. E sotto quest'aspetto la giustificazione dell'empio non è miracolosa: perché l'anima è per natura capace della grazia; infatti, a detta di S. Agostino, "per il fatto stesso che è stata creata a immagine di Dio, è capace di Dio per la grazia".
Terzo, nelle opere miracolose si riscontra qualche cosa che non rispetta l'ordine consueto nel causare: come quando un infermo riacquista subito la salute, fuori del corso normale della guarigione dovuta alla natura o alla medicina. E sotto quest'aspetto la giustificazione dell'empio a volte, ma non sempre, è miracolosa. Infatti il corso ordinario e comune della giustificazione richiede che l'uomo, sotto l'interna mozione divina, si volga prima a Dio con una conversione imperfetta, e in seguito raggiunga la perfetta conversione: poiché, come insegna S. Agostino, "la carità iniziale merita di essere accresciuta, e quella in sviluppo merita di essere condotta a perfezione". Tuttavia in certi casi Dio muove l'anima con tanta forza da farle raggiungere subito una certa perfezione nella giustizia. Così avvenne nella conversione di S. Paolo, con l'intervento anche di un'esterna prostrazione miracolosa. Ecco perché la conversione di S. Paolo, come miracolosa, viene solennemente celebrata nella Chiesa.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Certe opere miracolose, sebbene siano più piccole della giustificazione dei peccatori per il bene prodotto, sono fuori dell'ordine consueto. E quindi hanno l'aspetto più evidente di miracoli.
2. Si ha il miracolo non tutte le volte che una cosa naturale è mossa contro la sua inclinazione: altrimenti sarebbe miracoloso il riscaldamento dell'acqua, o il lancio in alto di un sasso; ma quando ciò viene compiuto fuori dell'ordine delle cause prossime, che sono fatte per causarlo. Ora, la giustificazione dell'empio non può avere un'altra causa fuori che Dio: così come l'acqua non può essere riscaldata che dal fuoco. Perciò la giustificazione del peccatore, che è compiuta da Dio, sotto quest'aspetto non è miracolosa.

3. L'uomo è fatto per acquistare da Dio la sapienza e la scienza con l'ingegno e lo studio personale: perciò quando uno diviene sapiente e istruito fuori di codesto ordine, si ha un miracolo. Ma l'uomo non è fatto per acquistare la grazia giustificante con la sua operazione, bensì con l'intervento di Dio. Perciò il paragone non regge.