Il Santo Rosario

La Grazia

Somma Teologica I-II, q. 112

La causa della grazia

Passiamo ora a considerare la causa della grazia.
Sull'argomento si pongono cinque quesiti: 1. Se Dio soltanto sia la causa efficiente della grazia; 2. Se da parte di chi la riceve si richieda una disposizione alla grazia, mediante un atto del libero arbitrio; 3. Se tale predisposizione renda necessaria la grazia. 4. Se la grazia sia uguale in tutti; 5. Se uno possa sapere di essere in grazia.

ARTICOLO 1

Se Dio soltanto sia la causa della grazia

SEMBRA che non sia soltanto Dio causa della grazia. Infatti:
1. Sta scritto: "La grazia e la verità sono venute da Gesù Cristo". Ma quando si parla di Gesù Cristo non s'intende soltanto la natura divina, bensì anche la natura creata da lei assunta. Dunque una creatura può essere causa della grazia.
2. Tra i sacramenti della nuova e quelli dell'antica legge si nota questa differenza, che i sacramenti della prima causano la grazia, mentre quelli della seconda la significano soltanto. Ma i sacramenti della nuova legge sono cose visibili. Quindi non soltanto Dio è causa della grazia.

3. Come insegna Dionigi, gli angeli purificano, illuminano e perfezionano sia gli angeli inferiori, che gli uomini. Ma una creatura ragionevole è purificata, illuminata e perfezionata dalla grazia. Dunque non è Dio soltanto causa della grazia.

IN CONTRARIO: Nei Salmi si legge: "Grazia e gloria le elargisce il Signore".

RISPONDO: Nessuna cosa può agire oltre i limiti della sua specie; poiché la causa deve essere sempre superiore ai suoi effetti. Ora, il dono della grazia sorpassa tutte le capacità della natura creata, non essendo altro che una partecipazione della natura divina, la quale trascende ogni altra natura. Perciò va escluso che una natura creata possa causare la grazia. Quindi, come il fuoco soltanto può far sì che una cosa s'infuochi, così è necessario che Dio solo deifichi, ammettendoci nel consorzio della natura divina, con la partecipazione di una sua immagine.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'umanità di Cristo è "come uno strumento della sua divinità", secondo l'espressione del Damasceno. Ora, uno strumento non compie l'azione dell'agente principale con la propria virtù, ma con quella dell'agente principale. Ecco perché l'umanità di Cristo non causa la grazia per virtù propria, ma con la virtù della divinità cui è unita, la quale rende salutari le azioni dell'umanità di Cristo.
2. Come in Cristo medesimo l'umanità causa con la grazia la nostra salvezza, principalmente per influsso della virtù divina; anche nei sacramenti della nuova legge, istituiti da Cristo, la grazia viene causata strumentalmente dai sacramenti, ma principalmente dalle virtù dello Spirito Santo che opera in essi, secondo le parole evangeliche:
"Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito Santo, ecc.".
3. L'angelo purifica, illumina e perfeziona un altro angelo, o un uomo, mediante un ammaestramento: non già santificandoli con la grazia. Dionigi infatti ha scritto, che codesta
"puriflcazione, illuminazione e perfezionamento altro non è che una partecipazione della scienza divina".

ARTICOLO 2

Se si richieda una preparazione, o disposizione alla grazia da parte dell'uomo

SEMBRA che non si richieda una preparazione, o disposizione alla grazia da parte dell'uomo. Infatti:
1. L'Apostolo insegna, che "a chi opera la mercede non si conteggia a titolo di grazia, ma di cosa dovuta". Ora, la preparazione umana alla grazia mediante il libero arbitrio non avviene senza un'operazione. Dunque essa eliminerebbe l'aspetto di grazia.
2. Chi progredisce nel peccato non si prepara alla grazia. Ora, la grazia fu data ad alcuni che progredivano nel peccato: com'è evidente per S. Paolo, il quale ricevette la grazia, mentre era "tuttora in furia di minacce e di stragi contro i discepoli del Signore". Dunque non si richiede nessuna preparazione alla grazia da parte dell'uomo.
3. Una causa agente d'infinita potenza non richiede delle disposizioni nella materia: anzi, non richiede neppure la materia, com' è evidente nella creazione, cui viene paragonato il conferimento della grazia, denominata appunto "nuova creazione". Ma la grazia, come abbiamo detto, viene causata soltanto da Dio, che è di una potenza infinita. Dunque non si richiede nessuna preparazione da parte dell'uomo per conseguire la grazia.

IN CONTRARIO: Nella Scrittura si legge: "Preparati all'incontro del tuo Dio, o Israele". E altrove: "Disponete i vostri cuori a servire soltanto il Signore".

RISPONDO: Come sopra abbiamo notato, col termine grazia si possono intendere due cose: talora s'intende il dono abituale di Dio; ma spesso s'intende l'aiuto di Dio che muove l'anima al bene. Presa nel primo senso la grazia esige una preparazione: poiché una forma non può trovarsi in una materia che non sia disposta. Ma se parliamo della grazia in quanto aiuto attuale di Dio che muove al bene, allora non si richiede nessuna preparazione da parte dell'uomo, come precedente all'aiuto di Dio: ché anzi qualunque possa essere la preparazione da parte dell'uomo, essa va attribuita all'aiuto di Dio che muove l'anima al bene. Ecco perché lo stesso moto virtuoso del libero arbitrio, col quale uno si prepara a ricevere il dono della grazia, è insieme un atto del libero arbitrio mosso da Dio: e per questo si può dire, come fa la Scrittura, che l'uomo si prepara: "Sta all'uomo preparare l'animo"; e tuttavia va attribuito principalmente alla mozione esercitata da Dio sul libero arbitrio: e per questo si legge nella Scrittura, che "spetta a Dio predisporre la volontà dell'uomo", e che "dal Signore son diretti i passi dell'uomo".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. C'è una preparazione alla grazia che è simultanea all'infusione della grazia. E codesto atto è meritorio; ma non meritorio della grazia che già allora si possiede, bensì della gloria che ancora non si possiede. - C'è invece una preparazione imperfetta alla grazia, che talora precede il dono della grazia santificante, e che tuttavia viene dalla mozione di Dio. Ma questa non basta per meritare, non essendo ancora l'uomo giustificato dalla grazia: poiché, come vedremo, non può esserci nessun merito senza la grazia.
2. Non potendosi l'uomo da sé preparare alla grazia, se Dio non lo previene e non lo muove al bene, poco importa che raggiunga la perfetta preparazione un po' per volta oppure improvvisamente: infatti, come dice la Scrittura, "è facile agli occhi di Dio arricchire il povero a un tratto". Ma, capita talora che Dio muova un uomo al bene, non già al bene perfetto: e questa preparazione precede la grazia. Talora invece lo muove subito perfettamente al bene, e l'uomo riceve immediatamente la grazia, secondo le parole evangeliche: "Chiunque ha udito il Padre ed ha appreso, viene a me". Così avvenne per S. Paolo: poiché all'improvviso, mentre era ingolfato nei peccati, il suo cuore fu mosso perfettamente da Dio ad ascoltare, ad apprendere, e a donarsi. Ecco perché conseguì immediatamente la grazia.
3. Una causa agente d'infinita potenza non ha bisogno né della materia, né della disposizione di essa, come di presupposti dovuti ad altre cause. Tuttavia è necessario che essa, secondo la condizione dell'essere da produrre, causi e la materia e la dovuta disposizione alla forma. Quindi perché Dio infonda nell'anima la grazia, non si può dare nessuna preparazione che non produca egli stesso.

ARTICOLO 3

Se a chi si prepara alla grazia, facendo quanto sta in lui, la grazia venga concessa necessariamente

SEMBRA che a chi si prepara alla grazia, facendo quanto sta in lui, la grazia venga concessa necessariamente. Infatti:
1. La Glossa così spiega quel passo di S. Paolo, "Giustificati dalla fede abbiamo pace, ecc.": "Dio accoglie chi ricorre a lui; altrimenti in lui ci sarebbe iniquità". Ora, è impossibile che in Dio ci sia iniquità. Dunque è impossibile che Dio non accolga chi a lui ricorre. E quindi costui riceve necessariamente la grazia.
2. S. Anselmo insegna che questa è la cagione per cui Dio non concesse la grazia al demonio, che questi non la volle ricevere, e non vi si preparò. Ma tolta la causa viene eliminato anche l'effetto. Perciò, se uno vuol ricevere la grazia, questa gli viene necessariamente concessa.
3. Il bene tende a comunicarsi, come insegna Dionigi. Ma il bene della grazia è superiore al bene della natura. Perciò, dal momento che una forma naturale scaturisce necessariamente in una materia predisposta, a maggior ragione deve essere necessariamente concessa la grazia a chi vi si è preparato.

IN CONTRARIO: Secondo la Sacra Scrittura, l'uomo sta a Dio come l'argilla al vasaio: "Quale l'argilla in mano d'un vasaio, tali siete voi nelle mie mani". Ora, l'argilla per quanto preparata, non riceve dal vasaio una data forma in maniera necessaria. Dunque neppure l'uomo riceve da Dio necessariamente la grazia, per quanto vi si prepari.

RISPONDO: Stando alle conclusioni dell'articolo precedente, la preparazione di un uomo alla grazia appartiene a Dio come a causa movente, e al libero arbitrio come a soggetto di codesto moto. Perciò la preparazione si può considerare sotto due aspetti. Primo, in quanto appartiene al libero arbitrio. E da questo lato essa non implica nessuna necessità al conseguimento della grazia: poiché il dono della grazia trascende ogni preparazione della virtù umana. - Secondo, si può considerare in quanto appartiene alla mozione divina. E allora essa implica una necessità rispetto allo scopo cui è ordinata da Dio; però non una necessità di coazione, ma d'infallibilità: poiché l'intenzione di Dio non può fallire, stando anche alle parole di S. Agostino, il quale afferma che "mediante i benefici di Dio sono certissimamente liberati coloro che sono liberati". Perciò, se è intenzione di Dio, che l'uomo di cui egli muove il cuore ottenga la grazia, infallibilmente essa sarà ottenuta; come confermano le parole evangeliche: "Chiunque ha udito il Padre ed ha appreso, viene a me".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La Glossa riferita parla di colui che ricorre a Dio con atti meritori del libero arbitrio già informato dalla grazia. E questo certo sarebbe contro la giustizia da Dio stesso stabilita, se Dio non lo accogliesse. - Oppure, se si riferisce al moto del libero arbitrio prima della grazia, parla del ricorso dell'uomo a Dio in quanto dipende dalla mozione divina: la quale è giusto che non fallisca.
2. La prima causa della privazione della grazia va cercata in noi, mentre la prima causa del suo conferimento va cercata in Dio, secondo le parole di Osea: "Sei tu la tua rovina, o Israele; mentre soltanto in me sta il tuo aiuto".
3. Anche nelle cose naturali la disposizione della materia è seguita necessariamente dalla forma, solo per la virtù dell'agente che produce codesta disposizione.

ARTICOLO 4

Se la grazia possa essere in uno più grande che in un altro

SEMBRA che la grazia non possa essere in uno più grande che in un altro. Infatti:
1. La grazia, come abbiamo detto, viene causata in noi dall'amore di Dio. Ora, nella Scrittura si legge: "Il grande e il piccolo li ha fatti lui, e ha cura ugualmente di tutti". Dunque tutti da lui ricevono la grazia in eguale misura.
2. Quando si tratta di cose che attingono il sommo, il più e il meno non sono possibili. Ma la grazia attinge il sommo; poiché unisce l'uomo all'ultimo fine. Quindi non ammette né il più né il meno. Perciò in uno non può essere più grande che in un altro.
3. La grazia è la vita dell'anima, come sopra abbiamo visto. Ma la vita non ammette gradazioni. Dunque neppure la grazia.

IN CONTRARIO: Sta scritto: "A ciascuno fu data la grazia secondo la misura del dono di Cristo". Ora, ciò che si dà con misura non è dato a tutti ugualmente. Quindi non tutti hanno ugualmente la grazia.

RISPONDO: Secondo le spiegazioni date in precedenza, un abito può avere due tipi di grandezza: l'uno è relativo al fine o all'oggetto, il quale rende una virtù superiore a un'altra in quanto la ordina a un bene maggiore; l'altro è relativo al soggetto, il quale può partecipare più o meno l'abito che lo riveste. Perciò secondo il primo tipo di grandezza la grazia santificante non può essere maggiore o minore: poiché la grazia per sua natura unisce l'uomo al sommo bene, che è Dio. Ma la grazia può essere maggiore o minore in rapporto al soggetto: cioè nel senso che uno può essere illuminato dalla luce della grazia più perfettamente di un altro.
La ragione di questa diversità in parte si deve a colui che si prepara alla grazia: infatti chi meglio si prepara riceve una grazia più abbondante. Ma la prima ragione di tale diversità non può desumersi da questo: poiché la preparazione alla grazia non appartiene all'uomo, se non in quanto il suo libero arbitrio viene predisposto da Dio. Perciò la prima causa di questa diversità va desunta da parte di Dio, il quale dispensa i doni della sua grazia in diversa misura, affinché dalla varietà dei gradi risulti la bellezza e la perfezione della Chiesa: come del resto ha creato i diversi gradi degli esseri per la perfezione dell'universo. Ecco perché l'Apostolo, dopo aver detto, che "a ciascuno fu data la grazia secondo la misura del dono di Cristo", finita l'enumerazione delle varie grazie, conclude: "... per il perfezionamento dei santi, in vista dell'edificazione del corpo di Cristo".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La cura che Dio ha delle cose si può considerare sotto due aspetti. Primo, in quanto è un atto divino semplice e informe. E da questo lato la sua cura si estende ugualmente su tutti gli esseri: poiché Dio con un unico semplice atto dispensa i doni più grandi come quelli più piccoli. - Secondo, in rapporto agli effetti prodotti nelle cose dal governo di Dio. E sotto tale aspetto ci sono delle diversità: perché Dio ad alcuni esseri offre doni maggiori, e ad altri minori.
2. Codesto argomento vale per il primo tipo di grandezza applicato alla grazia. Infatti la grazia, sotto tale aspetto, non può divenire più grande, ordinando ad un bene maggiore: ma solo ordinando un uomo a partecipare di più o di meno un identico bene. Infatti possono esserci variazioni d'intensità secondo la partecipazione del soggetto, sia nella grazia medesima, che nella gloria celeste.
3. La vita naturale appartiene all'essenza dell'uomo: ecco perché non ammette gradazioni. Ma la vita della grazia l'uomo la partecipa in maniera accidentale: e quindi l'uomo può possederla più o meno intensamente.

ARTICOLO 5

Se l'uomo possa sapere di essere in grazia

SEMBRA che l'uomo possa sapere di essere in grazia. Infatti:
1. La grazia risiede nell'anima per la sua essenza. Ora, S. Agostino dimostra che l'anima ha una conoscenza certissima delle cose esistenti in essa per la loro essenza. Dunque la grazia può essere conosciuta con assoluta certezza da chi la possiede.
2. La grazia è un dono di Dio come la scienza. Ma chi riceve da Dio la scienza sa di averla; così infatti si esprime il savio: "È lui che m'ha dato la scienza vera delle cose". Per lo stesso motivo, quindi, chi riceve da Dio la grazia sa di avere la grazia.
3. La luce è più conoscibile delle tenebre: poiché, a detta dell'Apostolo, "tutto ciò che si manifesta è luce". Ora il peccato, che è tenebra dello spirito, può essere conosciuto con certezza da chi è in peccato. Perciò a maggior ragione lo sarà la grazia, che è la luce dello spirito.
4. L'Apostolo afferma: "E noi, non lo spirito del mondo abbiamo ricevuto, ma lo Spirito che viene da Dio, affinché conosciamo le cose che a noi Dio ha donato". Ma la grazia tra i doni di Dio è il più importante. Dunque l'uomo che ha ricevuto la grazia dallo Spirito Santo, apprende dallo Spirito Santo medesimo che egli ha ricevuto la grazia.
5. Nella Scrittura così il Signore fa dire (da un angelo) ad Abramo: "Ora ho conosciuto che temi il Signore"; e cioè, "te l'ho fatto conoscere". Ma qui si parla del timore casto, o filiale, che non può stare senza la grazia. Quindi l'uomo può conoscere di essere in grazia.

IN CONTRARIO: Sta scritto: "Nessuno sa se è degno di odio o di amore". Ma la grazia santificante rende l'uomo degno dell'amore di Dio. Dunque nessuno può sapere se ha la grazia santificante.

RISPONDO: Una cosa può essere conosciuta in tre modi. Primo, per rivelazione. E per questa via uno può sapere di essere in grazia. Infatti Dio talora lo rivela ad alcuni per uno speciale privilegio, per iniziare in essi già in questa vita la gioia della sicurezza, e perché essi con maggiore fortezza e confidenza proseguano le loro grandi opere, e affrontino le contrarietà della vita presente. A S. Paolo, p. es., fu detto: "Ti basta la mia grazia".
Secondo, l'uomo può conoscere una cosa da se stesso, e con certezza. E in tal modo nessuno può sapere di essere in grazia. Infatti di una cosa non si può avere la certezza, se non possiamo giudicarne in base alle sue cause, o principii propri. È così infatti che si ha la certezza delle conclusioni dimostrative mediante i principii universali indiscutibili; mentre nessuno potrebbe avere la scienza di una conclusione, se non conoscesse i principii. Ora, il principio e l'oggetto della grazia è Dio, il quale per la sua trascendenza è a noi sconosciuto, secondo le parole della Scrittura: "Ecco, Dio è grande, vince la nostra scienza". Perciò la sua presenza, o la sua assenza in noi non la possiamo conoscere con certezza; poiché sta scritto: "Se egli viene a me, io non lo scorgo, se s'allontana, io non me ne avvedo". Ecco perché l'uomo non può giudicare con certezza di essere in grazia; come dice appunto S. Paolo: "Neppure io stesso mi giudico: chi mi deve giudicare è il Signore".
Terzo, si può conoscere una cosa in maniera indiziale, attraverso certi segni. E in tal modo uno può sapere di essere in grazia: e cioè perché trova in Dio la sua gioia, disprezza le cose del mondo, e non ha coscienza di nessun peccato mortale. In tal senso si possono intendere le parole dell'Apocalisse: "A chi vince darò della manna nascosta, che nessuno conosce, se non chi la riceve"; poiché chi la riceve sperimenta una dolcezza, che è ignota a chi non la riceve. Tuttavia questa conoscenza è imperfetta. Ecco perché l'Apostolo diceva: "Non ho coscienza di nessuna mancanza, ma non per questo mi sento giustificato". E il Salmista scrive: "I falli propri chi li conosce? Dai miei peccati occulti mondami, o Signore".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le cose che si trovano nell'anima per la loro essenza son conosciute con una conoscenza sperimentale, in quanto l'uomo attraverso le operazioni sperimenta i loro principii interiori. È così che noi volendo conosciamo la volontà, e conosciamo la vita dalle operazioni vitali.
2. La natura della scienza implica che l'uomo abbia la certezza dei dati scientifici; e così pure la natura della fede implica che un uomo sia certo delle cose che crede. Questo perché la certezza costituisce la perfezione dell'intelletto, nel quale codesti doni risiedono. Perciò chiunque abbia la scienza, o la fede, è certo di averla. Ma non è la stessa cosa per la grazia, per la carità e per altri abiti che risiedono nella potenza appetitiva.
3. Il peccato ha come principio e come oggetto un bene transitorio, che noi ben conosciamo. Mentre l'oggetto o il fine della grazia è a noi sconosciuto, per l'immensità della sua luce; ché, secondo l'espressione paolina, "Egli abita una luce inaccessibile".
4. L'Apostolo parla in quel testo dei doni della gloria, che sono stati offerti alla nostra speranza, e che noi conosciamo in maniera certissima per fede; sebbene noi non si sia in grado di conoscere con certezza di avere la grazia, con la quale possiamo meritarli. - Oppure dobbiamo dire che egli parla della conoscenza straordinaria, che si ha per rivelazione. Infatti aggiunge: "A noi lo rivelò Dio per mezzo dello Spirito Santo".
5. Anche le parole rivolte ad Abramo si possono applicare alla conoscenza sperimentale, che si ottiene attraverso il compimento delle opere. Infatti nel gesto compiuto Abramo poteva conoscere sperimentalmente di avere il timore di Dio. - Oppure si possono riferire a una rivelazione.