Il Santo Rosario

La Grazia

Summa Theologiae

Somma Teologica I-II, q. 109

Necessità della grazia

Eccoci a trattare del principio esterno degli atti umani, cioè di Dio, in quanto ci aiuta ad agire rettamente per mezzo della grazia. Il trattato va diviso in tre parti: primo, la grazia di Dio in se stessa; secondo, le sue cause; terzo, i suoi effetti.
La prima sarà così suddivisa: primo, necessità della grazia; secondo, la grazia nella sua essenza; terzo, le divisioni della grazia.
Sul primo di questi argomenti si pongono dieci quesiti: 1. Se, privo della grazia, l'uomo possa conoscere una qualsiasi verità; 2. Se possa compiere o volere in tal modo qualche cosa di buono; 3. Se l'uomo, senza la grazia, possa amare Dio sopra tutte le cose; 4. Se possa osservare così i precetti della legge; 5. Se possa meritare la vita eterna, senza la grazia; 6. Se possa prepararsi alla grazia, senza la grazia; 7. Se, senza la grazia, possa risorgere dal peccato; 8. Se in tal modo possa evitare il peccato; 9. Se un uomo in grazia possa fare il bene ed evitare il peccato, senza l'aiuto di Dio; 10. Se possa da se stesso perseverare nel bene.

ARTICOLO 1

Se l'uomo privo della grazia possa conoscere una qualsiasi verità

SEMBRA che l'uomo privo della grazia non possa conoscere nessuna verità. Infatti:
1. A commento di quell'espressione paolina: "Nessuno può dire: "Signore Gesù", se non in Spirito Santo", la Glossa di Ambrogio afferma: "Ogni verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo". Ora, lo Spirito Santo abita in noi mediante la grazia. Dunque non possiamo conoscere la verità senza la grazia.

2. Scrive S. Agostino, che "le discipine più certe son quelle che stanno alla pari con le cose rese visibili dalla luce del sole; Dio però è lui stesso la luce; mentre la ragione è per la mente come la vista per gli occhi; e gli occhi della mente sono come i sensi dell'anima". Ora, i sensi del corpo per quanto puri non possono vedere un oggetto visibile, senza la luce del sole. Perciò la mente umana, per quanto perfetta, non può col raziocinio conoscere una verità, senza l'illuminazione divina. E questa rientra nell'aiuto della grazia.
3. La mente umana può capire una verità solo pensando, come S. Agostino dimostra. L'Apostolo però afferma: "Da noi stessi non siamo capaci di pensare, come fosse da noi". Dunque l'uomo non può conoscere da se stesso la verità, senza l'aiuto della grazia.

IN CONTRARIO: Nelle sue Ritrattazioni S. Agostino dichiara: "Non approvo quanto scrissi in una preghiera: "O Dio, che hai voluto riservare ai mondi la conoscenza della verità". Si potrebbe infatti rispondere che molti immondi conoscono non poche verità". Ma l'uomo diviene mondo mediante la grazia, poiché sta scritto: "Un cuor puro crea in me, o Dio; e uno spirito retto rinnova nel mio seno". Dunque l'uomo privo di grazia può conoscere da solo la verità.

RISPONDO: Conoscere la verità consiste nell'usare, o nell'esercitare la luce dell'intelletto: poiché secondo l'Apostolo, "tutto quello che viene manifestato è luce". Ora, qualsiasi uso implica un moto: prendendo il termine moto in senso lato, cioè nel senso che si applica, secondo le spiegazioni del Filosofo, anche all'intendere e al volere. Ma negli esseri materiali noi vediamo che per il moto non si richiede soltanto la forma che è il principio del moto, o dell'operazione, ma anche la mozione del primo motore. E il primo motore per gli esseri materiali è un corpo celeste. Cosicché, per quanto possa essere perfetto, il calore del fuoco non potrebbe alterare senza la mozione del corpo celeste. Ebbene, come è evidente che tutti i moti d'ordine fisico hanno nel moto di un corpo celeste il primo motore di ordine materiale; così tutti i moti, sia corporali che spirituali, hanno un primo motore assoluto, che è Dio. Perciò, una qualsiasi natura, sia materiale che spirituale, per quanto perfetta possa essere, non può compiere il proprio atto, senza la mozione di Dio. Mozione che però segue l'ordine della sua provvidenza, e non una necessità di natura come la mozione dei corpi celesti. E ogni mozione, non solo deriva da Dio come dal suo primo motore; ché da lui deriva anche ogni sua perfezione formale, trattandosi dell'atto primo. Perciò l'atto dell'intelletto e di qualsiasi ente creato dipende da Dio sotto due aspetti: primo, in quanto da lui riceve la forma in forza della quale agisce; secondo, in quanto da lui è mosso ad agire.
Ora, qualsiasi forma, posta da Dio nelle cose create, ha efficacia rispetto a certi atti determinati che corrispondono alle sue proprietà: ma oltre quelli non può arrivare senza una nuova forma supplementare; l'acqua, p. es., non può riscaldare, se non è riscaldata dal fuoco. Perciò anche l'intelletto umano ha una forma, cioè la luce intellettuale, che è di per sé sufficiente a conoscere alcuni intelligibili: vale a dire quelle realtà di cui possiamo formarci un'idea mediante le cose sensibili. Ma l'intelletto non può conoscere le realtà intelligibili superiori, senza una luce superiore, come potrebbe essere la luce della fede, o il lume profetico. E questa si chiama luce della grazia, perché viene ad aggiungersi a quella della natura.
Perciò si deve concludere che l'uomo, nel conoscere qualsiasi verità, ha bisogno dell'aiuto di Dio, perché il suo intelletto si muova ad agire. Ma non sempre ha bisogno di una nuova illuminazione, aggiunta a quella naturale; bensì soltanto quando si tratta di cose che sorpassano codesta conoscenza. - Tuttavia talora Dio istruisce miracolosamente qualcuno con la sua grazia, anche su cose che si potrebbero conoscere con la ragione naturale: come compie miracolosamente dei fenomeni, che la natura stessa può compiere.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Qualsiasi verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo che infonde la luce naturale (dell'intelligenza), e muove ad intendere e ad esprimere la verità. Non deriva però da lui in quanto inabita mediante la grazia santificante, o in quanto elargisce un dono abituale aggiunto alla natura: ma ciò avviene solo nel conoscere e nell'esprimere certe verità; e specialmente verità di fede, alle quali l'Apostolo si riferisce.
2. Il sole materiale illumina esternamente; mentre il sole spirituale, che è Dio, illumina internamente. Perciò anche la luce naturale posta da Dio nell'anima è una luce divina, mediante la quale Dio c'illumina nel conoscere le cose che rientrano nella conoscenza naturale. Però per questo non si richiede una nuova illuminazione: ma solo per ciò che sorpassa la conoscenza naturale.
3. Per conoscere abbiamo sempre bisogno dell'aiuto di Dio, in quanto egli muove l'intelletto ad agire: infatti intendere equivale a pensare qualche cosa, come spiega S. Agostino.

ARTICOLO 2

Se l'uomo possa volere e compiere il bene, senza la grazia

SEMBRA che l'uomo possa volere e compiere il bene, senza la grazia. Infatti:
1. È in potere dell'uomo quanto ricade sotto il suo dominio. Ora, l'uomo ha il dominio dei propri atti, e specialmente del volere, come abbiamo spiegato in precedenza. Dunque l'uomo può volere e compiere il bene da se stesso, senza l'aiuto della grazia.
2. Qualsiasi essere ha più capacità per le cose che sono secondo la sua natura, che per quelle a lui innaturali. Ora, come il Damasceno dimostra, il peccato è contro natura; mentre gli atti virtuosi per l'uomo sono secondo natura, stando alle conclusioni precedenti. Perciò, potendo l'uomo peccare da se stesso, a più forte ragione sarà in grado di volere e di compiere il bene da se stesso.
3. Come nota il Filosofo, il bene dell'intelletto è la verità. Ora, l'intelletto può da se stesso conoscere la verità: come qualsiasi cosa può compiere da se stessa la propria funzione naturale. Molto più l'uomo, dunque, è in grado di fare e di volere il bene da se stesso.

IN CONTRARIO: L'Apostolo afferma: "Non è di chi vuole" il volere, "né di chi corre" il correre, "ma di Dio che usa misericordia". E S. Agostino insegna, che "senza la grazia gli uomini non fanno assolutamente nessun bene, sia nel pensare, sia nel volere, sia nell'amare che nell'agire".

RISPONDO: La natura umana può essere considerata in due maniere: primo, nella sua integrità, cioè com'era nei progenitori prima del peccato; secondo, corrotta com'è in noi dopo il peccato. In tutti e due gli stati suddetti la natura umana ha bisogno, per compiere e volere qualsiasi bene, dell'aiuto offerto da Dio, come primo motore, secondo le spiegazioni già date. Però nello stato di natura integra l'uomo era in grado, per l'efficacia delle sue facoltà operative, di volere e di compiere con le sue forze naturali il bene proporzionato alla sua natura, cioè il bene delle virtù acquisite: ma non un bene superiore, qual'è quello delle virtù infuse. Invece nello stato di natura corrotta l'uomo è impari a quanto potrebbe secondo la sua natura, cosicché non è in grado di compiere tutto codesto bene con le sue forze naturali. Tuttavia, non essendo la natura umana del tutto corrotta col peccato, al punto di essere privata di ogni bene naturale; l'uomo anche allora può compiere determinati beni particolari, come costruire case, piantare vigne, e altre cose del genere; ma non può compiere tutto il bene a lui connaturale, così da non commettere qualche mancanza. Un infermo, p. es., può da se stesso compiere alcuni movimenti; ma non è in grado di compiere perfettamente i moti di un uomo sano, se non viene risanato con l'aiuto della medicina.
Perciò nello stato di natura integra l'uomo ha bisogno di un soccorso gratuito aggiunto alla sua virtù naturale per un solo motivo, cioè per compiere e per volere il bene soprannaturale. Invece nello stato di natura corrotta ne ha bisogno per due motivi: per essere guarito; e per compiere il bene di ordine soprannaturale, che è meritorio. Inoltre in tutti e due gli stati l'uomo ha bisogno dell'aiuto di Dio, che dà la mozione per compiere il bene.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uomo ha il dominio dei suoi atti, cioè ha la facoltà di volerli e di non volerli, per la deliberazione della ragione, che può volgersi in un senso o nell'altro. Però il deliberare o non deliberare, pur ricadendo sotto codesto dominio, dipende da una deliberazione precedente. Ma non potendosi così procedere all'infinito, bisogna giungere a questo, cioè ad ammettere che il libero arbitrio dell'uomo è mosso da un principio esterno, superiore alla mente umana, cioè da Dio; come fa anche Aristotele. Perciò la mente dell'uomo, anche se integra, non ha un tale dominio sul proprio atto da non aver bisogno della mozione divina. A maggior ragione ne ha bisogno il libero arbitrio dell'uomo decaduto dopo il peccato, il quale è ostacolato nel bene dalla corruzione della natura.
2. Peccare altro non è che mancare nel bene che ad uno si addice secondo la sua natura. Ora, ogni cosa creata, come riceve l'essere soltanto da altri, ed in sé considerata è nulla, così ha bisogno di essere conservata da altri nel bene che si addice alla sua natura. Invece può da se stessa avere una mancanza di bene; come da se stessa può mancare ricadendo nel non essere, se Dio non la conserva.
3. L'uomo anche per conoscere la verità ha bisogno dell'aiuto di Dio, come abbiamo detto nell'articolo precedente. Tuttavia la natura umana è stata corrotta dal peccato più nell'appetito del bene, che nella conoscenza del vero.

ARTICOLO 3

Se l'uomo possa amare Dio sopra tutte le cose con i soli mezzi naturali, senza la grazia

SEMBRA che l'uomo non possa amare Dio sopra tutte le cose con i soli mezzi naturali, senza la grazia. Infatti:
1. Amare Dio sopra tutte le cose è l'atto proprio e principale della carità. Ora, l'uomo non può possedere la carità per se stesso: poiché, a detta di S. Paolo, "la carità si è riversata nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci fu dato". Dunque l'uomo non può amare Dio sopra tutte le cose con i soli mezzi naturali.
2. Nessuna natura può superare se stessa. Ma amare un oggetto più di se stessi significa tendere a qualche cosa che è al di sopra di noi stessi. Quindi nessuna natura creata può amare Dio più di se stessa senza l'aiuto della grazia.
3. Essendo Dio il sommo bene, si deve a lui un amore sommo, che consiste nell'amarlo sopra tutte le cose. Ma per rendere a Dio codesto amore l'uomo è impari senza la grazia: altrimenti la grazia sarebbe poi data inutilmente. Perciò l'uomo non può amare Dio sopra tutte le cose con i soli mezzi naturali, senza la grazia.

IN CONTRARIO: Alcuni ritengono che l'uomo sia stato creato nelle sole sue facoltà naturali. Ora, è evidente che in tale stato egli amava Dio in qualche modo. Ma non poteva amare Dio come se stesso: ché allora avrebbe peccato. Quindi amava Dio al di sopra di sé. Dunque l'uomo con i soli mezzi naturali può amare Dio più di se stesso, e più di ogni altra cosa.

RISPONDO: Come abbiamo detto nella Prima Parte, quando abbiamo esposto le diverse opinioni a proposito dell'amore naturale degli angeli, l'uomo nel suo stato di natura integra avrebbe potuto compiere il bene a lui connaturale con le forze della sua natura, senza l'aiuto di un dono di grazia, sebbene non senza l'aiuto della mozione divina. Ora, amare Dio sopra tutte le cose è connaturale all'uomo, come a qualsiasi creatura non solo razionale, ma persino irrazionale e inanimata, secondo le espressioni dell'amore di cui ciascuna creatura è capace. E la ragione sta nel fatto che per ogni cosa è naturale amare, nella misura in cui è partecipe dell'essere: infatti, come dice Aristotele, "ogni cosa agisce nello stesso modo che è". Ora, è evidente che il bene della parte è per il bene del tutto. E quindi per amore o appetito naturale, ciascuna cosa particolare ama il proprio bene mirando al bene comune di tutto l'universo, che è Dio. Infatti Dionigi insegna, che "Dio volge tutte le cose al suo amore". Perciò nello stato di natura integra l'uomo indirizzava l'amore di sé all'amore di Dio, e così pure l'amore di ogni altra cosa. E quindi allora egli amava Dio più di se stesso, e conosceva tutte le cose. Ma nello stato di natura decaduta l'uomo è impari a questo per quanto riguarda l'appetito della sua volontà razionale, la quale, se non è risanata dalla grazia di Dio, persegue il bene privato. Perciò dobbiamo affermare che l'uomo nello stato di natura integra non aveva bisogno di un dono di grazia aggiunto ai doni di natura, per amare naturalmente Dio sopra tutte le cose; sebbene avesse bisogno della mozione di Dio anche per questo. Ma nello stato di natura decaduta l'uomo ha bisogno dell'aiuto della grazia anche per il risanamento della sua natura.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La carità ama Dio sopra tutte le cose in una maniera superiore alla natura. Infatti la natura ama Dio sopra tutte le cose in quanto principio e fine dei beni naturali: la carità invece lo ama in quanto egli è oggetto della beatitudine, e in quanto l'uomo forma con Dio una certa società spirituale. Inoltre la carità aggiunge all'amore naturale di Dio prontezza e piacere; come fa qualsiasi abito virtuoso, rispetto all'atto buono compiuto con la sola ragione naturale da un uomo privo dell'abito della virtù.
2. L'affermazione che nessuna natura può superare se stessa non va intesa nel senso che non può avere per oggetto una cosa ad essa superiore: è chiaro infatti che il nostro intelletto può conoscere nell'ordine naturale cose che sono superiori a se stesso, com'è evidente nella conoscenza naturale di Dio. Ma va intesa nel senso che la natura non può compiere un atto che sorpassa i limiti delle sue capacità. Ora, amare Dio sopra tutte le cose non è un atto di questo genere: essendo ciò naturale per ogni natura creata, come abbiamo spiegato.
3. Un amore è sommo non soltanto per il grado d'intensità, ma anche per il motivo che lo ispira, e per il modo di attuarsi. Ecco perché il grado supremo dell'amore è quello in cui la carità ama Dio come oggetto della beatitudine, secondo le spiegazioni date.

ARTICOLO 4

Se l'uomo, privo della grazia, possa adempiere i precetti della legge con i suoi mezzi naturali

SEMBRA che l'uomo, privo della grazia, possa adempiere i precetti della legge con i suoi mezzi naturali. Infatti:
1. L'Apostolo afferma, che "i gentili i quali non han legge fanno per natura le cose della legge". Ma quanto l'uomo fa naturalmente può farlo da se stesso, senza la grazia. Quindi l'uomo può adempiere i precetti della legge, senza la grazia.
2. S. Girolamo scrive, che "sono da maledirsi coloro i quali affermano che Dio ha comandato all'uomo cose impossibili". Ora, impossibile è ciò che non si può adempiere da se stessi. Dunque l'uomo può adempiere tutti i precetti della legge da se stesso.
3. Tra tutti i precetti della legge il massimo, come afferma il Vangelo, è questo: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore". Ma l'uomo può adempiere questo precetto con le sole sue forze naturali, amando Dio sopra tutte le cose, secondo la conclusione dell'articolo precedente. Perciò l'uomo può osservare tutti i precetti della legge, senza la grazia.

IN CONTRARIO: S. Agostino insegna che è proprio dell'eresia pelagiana, "credere che l'uomo possa adempiere tutti i divini precetti senza la grazia".

RISPONDO: In due modi si possono adempiere i precetti della legge. Primo, quanto alla sostanza delle opere: cioè in quanto uno compie azioni giuste, forti, e tutte le altre azioni virtuose. E in tal modo l'uomo poteva adempiere tutti i precetti della legge nello stato di natura integra: altrimenti in tale stato non avrebbe potuto non peccare; non essendo altro il peccato che la trasgressione dei divini precetti. Ma nello stato di natura corrotta l'uomo non può adempiere tutti i divini precetti, senza la grazia sanante.
Secondo, i precetti della legge si possono adempiere non solo quanto alla sostanza delle opere, ma anche quanto al modo di compierle, cioè facendole mossi dalla carità. E in tal senso l'uomo non è in grado di adempiere i precetti della legge, senza la grazia, né allo stato di natura integra, né in quello di natura corrotta. Ecco perché S. Agostino, dopo aver affermato, che "senza la grazia gli uomini non compiono assolutamente nessun bene", aggiunge: "ne hanno bisogno non solo per conoscere con la sua luce quello che devono compiere, ma anche per adempiere con amore mediante il suo aiuto quello che sanno di dover fare". - Inoltre nell'uno e nell'altro stato essi hanno bisogno della mozione di Dio per adempiere i precetti, come abbiamo già ricordato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come spiega S. Agostino, "non deve impressionare l'affermazione che essi fanno per natura le cose della legge: poiché si tratta di un'opera compiuta dallo Spirito di grazia, per instaurare in noi l'immagine di Dio, nella quale per natura siamo stati creati".
2. Non è per noi assolutamente impossibile ciò che possiamo con l'aiuto di Dio; poiché, come dice il Filosofo, "quanto possiamo mediante gli amici, in qualche modo lo possiamo da noi stessi". Infatti S. Girolamo nel medesimo passo "confessa che il nostro libero arbitrio è tale, da dover sempre riconoscere la nostra indigenza dell'aiuto di Dio".
3. L'uomo non può adempiere il precetto dell'amore di Dio con le sole forze naturali, in quanto esso viene adempiuto con la carità, secondo le spiegazioni date.

ARTICOLO 5

Se l'uomo possa meritare la vita eterna, senza la grazia

SEMBRA che l'uomo possa meritare la vita eterna, senza la grazia. Infatti:
1. Il Signore ha detto: "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti"; parole le quali mostrano chiaramente che entrare nella vita eterna dipende dalla volontà umana. Ora, ciò che dipende dalla nostra volontà lo possiamo ottenere da noi stessi. Dunque l'uomo da se stesso può meritare la vita eterna.
2. La vita eterna è un premio, o ricompensa che Dio assegna agli uomini, come appare dalle parole evangeliche: "Grande è la vostra ricompensa nei cieli". Ma la ricompensa, o premio, viene assegnata all'uomo secondo le sue opere, come si dice nei Salmi: "Tu rendi a ciascuno secondo le sue opere". Ora, avendo l'uomo il dominio dei propri atti, è chiaro che è in suo potere raggiungere la vita eterna.
3. La vita eterna è l'ultimo fine della vita umana. Ma qualsiasi essere esistente in natura è in grado di raggiungere il proprio fine mediante le sue facoltà naturali. A maggior ragione, quindi, sarà in grado di raggiungere così la vita eterna l'uomo, che è di una natura più nobile, senza bisogno della grazia.

IN CONTRARIO: L'Apostolo afferma: "Grazia di Dio è la vita eterna". E questo, come spiega la Glossa, "per farci intendere che Dio ci conduce alla vita eterna per la sua misericordia".

RISPONDO: Gli atti che devono condurci a un fine bisogna che siano proporzionati a codesto fine. Ora, nessun atto sorpassa la misura del principio attivo che lo produce. Infatti vediamo che negli esseri materiali una cosa non può mai compiere un effetto superiore alla propria virtù attiva, ma con la sua operazione può produrre soltanto un effetto proporzionato alla propria capacità. Ora, la vita eterna è un fine che sorpassa la misura della natura umana, come sopra abbiamo dimostrato. Ecco perché l'uomo con le sue facoltà naturali non può compiere opere meritorie proporzionate alla vita eterna, ma si esige per questo una virtù superiore, qual'è quella della grazia. Perciò l'uomo non può meritare la vita eterna, senza la grazia. Tuttavia può compiere così del bene di ordine naturale, e cioè, come nota S. Agostino rispondendo ai Pelagiani, "lavorare i campi, bere, mangiare, e contrarre amicizie".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uomo compie di propria volontà le opere della vita eterna: però, come nota S. Agostino, per questo si richiede che la volontà umana sia trasformata da Dio mediante la grazia.
2. Commentando l'espressione paolina: "Grazia di Dio è la vita eterna", la Glossa afferma: "È certo che la vita eterna è data per le opere buone: ma le stesse opere buone così rimunerate son dovute alla grazia di Dio". Poiché, come abbiamo già spiegato, per osservare i precetti della legge nel debito modo, cioè in maniera meritoria, si richiede la grazia.
3. La terza difficoltà vale per un fine proporzionato alla natura umana. Ora, questa natura, per il fatto che è più nobile, può certo raggiungere un fine così alto, sia pure con l'aiuto della grazia, che gli esseri inferiori non possono raggiungere in nessuna maniera. Per usare un esempio del Filosofo, diremo che è più disposto alla guarigione chi può averla con l'aiuto della medicina, piuttosto che colui il quale non può conseguirla in nessun modo.

ARTICOLO 6

Se l'uomo possa prepararsi da solo alla grazia, senza l'aiuto esterno della grazia

SEMBRA che l'uomo possa prepararsi da solo alla grazia, senza l'aiuto esterno della grazia. Infatti:
1. Sopra abbiamo detto che è assurdo imporre all'uomo delle cose impossibili, Ora, nella Scrittura si legge: "Volgetevi a me, ed io mi rivolgerò a voi". Ma prepararsi alla grazia equivale a volgersi, o convertirsi a Dio. Dunque l'uomo è in grado di prepararsi da se stesso alla grazia, senza l'aiuto della grazia.
2. Facendo quanto sta in lui, l'uomo si prepara alla grazia: poiché se l'uomo compie quanto sta in lui, Dio non gliela nega; infatti nel Vangelo si legge, che Dio "dà lo Spirito buono a coloro che glielo domandano". Ora, si dice che sta a noi quanto è in nostro potere. Perciò sembra essere in nostro potere prepararci alla grazia.
3. Se uno ha bisogno di grazia per prepararsi alla grazia, per lo stesso motivo avrà bisogno di un'altra grazia per prepararsi a quella grazia, e così all'infinito: il che è assurdo. Perciò bisogna cominciare da una prima grazia, alla quale l'uomo può prepararsi senza la grazia.
4. Sta scritto: "All'uomo spetta preparare l'animo". Ma si dice che spetta all'uomo quanto egli può fare da se stesso. Quindi l'uomo può prepararsi da se stesso alla grazia.

IN CONTRARlO: Il Signore dice nel Vangelo: "Nessuno può venire a me, se non vi è attratto dal Padre che mi ha inviato". Ora, se l'uomo potesse prepararsi da solo, non sarebbe necessario che fosse attratto da un altro. Dunque l'uomo non può prepararsi alla grazia, senza l'aiuto della grazia.

RISPONDO: Esistono due preparazioni della volontà umana al bene. La prima che la predispone al compimento del bene e al possesso di Dio. E tale preparazione non si può avere, senza il dono della grazia abituale, principio come abbiamo detto, di ogni atto meritorio. - C'è poi una preparazione della volontà umana per ottenere il dono stesso della grazia abituale. Ora, perché un uomo si prepari a ricevere codesto dono, non è necessario presupporre un altro dono abituale nell'anima, poiché così si procederebbe all'infinito: è necessario però presupporre un aiuto gratuito di Dio, il quale muove l'anima interiormente, e ne ispira i buoni propositi. Poiché, come sopra abbiamo spiegato, noi abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio in questi due modi.
Del resto è evidente che noi abbiamo bisogno così dell'aiuto di Dio. Ogni causa, infatti, deve necessariamente volgere i suoi effetti al proprio fine, poiché ogni causa agente agisce per un fine. E siccome l'ordine delle cause agenti corrisponde all'ordine dei fini, è necessario che l'uomo venga indirizzato all'ultimo fine dalla mozione della causa prima, e al fine prossimo dalla mozione delle cause inferiori. L'animo del soldato, p. es., è volto a conseguire la vittoria dalla mozione del comandante supremo dell'esercito, mentre è volto dal tribuno a impadronirsi della bandiera di un fortilizio. Perciò, essendo Dio il primo motore assoluto, dipende dalla sua mozione il volgersi di tutte le cose a lui, secondo la ragione comune di bene, mediante la quale ogni cosa tende, a suo modo, a una somiglianza con Dio. Ecco perché Dionigi afferma che Dio "volge a sé tutte le cose". Ma questi volge a sé gli uomini giusti come a un fine speciale da perseguire col desiderio di aderirvi come al proprio bene, secondo l'espressione del Salmista: "Per me il bene sta nell'aderire a Dio". Quindi il volgersi dell'uomo a Dio non può avvenire, senza che Dio lo rivolga verso di sé. Ora, prepararsi alla grazia significa appunto volgersi a Dio: come per chi non guarda il sole, prepararsi a riceverne la luce significa rivolgere gli occhi verso di esso. Perciò è evidente che l'uomo non può prepararsi a ricevere la luce della grazia, che mediante l'aiuto gratuito di Dio il quale lo muove interiormente.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La conversione dell'uomo a Dio avviene mediante il libero arbitrio; ed ecco perché si comanda all'uomo di convertirsi a Dio. Ma il libero arbitrio non può volgersi a Dio, se Dio non lo piega verso di sé, secondo le espressioni di Geremia: "Convertimi, e mi convertirò, perché tu sei il Signore mio Dio"; "Convertici a te, Signore, e ci convertiremo".
2. L'uomo non può far nulla senza la mozione di Dio, secondo il detto evangelico: "Senza di me voi non potete far nulla". Perciò, quando si dice che l'uomo fa quanto è in suo potere, s'intende del potere che egli ha sotto la mozione di Dio.
3. La terza difficoltà ha valore per la grazia abituale, che richiede una certa preparazione, poiché ogni forma richiede un soggetto predisposto. Ma perché un uomo sia mosso da Dio, non si esige una mozione precedente: essendo Dio il primo motore. E quindi non c'è da procedere all'infinito.
4. Spetta all'uomo preparare l'animo, poiché questo dipende dal suo libero arbitrio: ma codesta preparazione egli non può compierla senza l'aiuto di Dio che muove e trae, secondo le spiegazioni date.

ARTICOLO 7

Se l'uomo possa risorgere dal peccato, senza l'aiuto della grazia

SEMBRA che l'uomo possa risorgere dal peccato, senza l'aiuto della grazia. Infatti:
1. Quanto è prerequisito alla grazia avviene senza la grazia. Ma la risurrezione dal peccato è un prerequisito alla illuminazione della grazia; poiché sta scritto: "Risorgi dai morti, e Cristo ti darà luce". Dunque si può risorgere dal peccato, senza la grazia.
2. Il peccato, secondo le spiegazioni date, si contrappone alla virtù, come la malattia alla salute. Ma l'uomo con la sua virtù può tornare dalla malattia alla salute, senza l'aiuto esterno della medicina, poiché interiormente rimane il principio di vita, dal quale procede l'operazione naturale. Per lo stesso motivo sembra che l'uomo possa risanarsi da sé, tornando dallo stato di peccato allo stato di giustizia, senza l'aiuto esterno della grazia.
3. Qualsiasi essere naturale può tornare all'atto corrispondente alla sua natura: l'acqua riscaldata, p. es., torna da se stessa alla sua naturale frigidità, e il sasso lanciato in alto torna da sé al suo moto naturale. Ma il peccato è un atto contro natura, come il Damasceno dimostra. Perciò l'uomo può tornare da sé dal peccato allo stato di giustizia.

IN CONTRARIO: L'Apostolo scrive: "Se la giustizia si avesse già per la legge, allora Cristo sarebbe morto invano", cioè senza motivo. Parimente, se l'uomo ha da natura la giustificazione, "Cristo è morto invano", cioè senza motivo. Ma questo è inaccettabile. Dunque non può giustificarsi da sé, cioè tornare da sé dallo stato di colpa a quello di giustizia.

RISPONDO: In nessun modo l'uomo da sé può risorgere dal peccato, senza l'aiuto della grazia. Infatti il peccato, pur essendo passeggero come atto, rimane come reato, secondo le spiegazioni da noi date in precedenza; e quindi risorgere dal peccato non è lo stesso che cessare dall'atto peccaminoso. Ma per l'uomo risorgere dal peccato equivale ad essere reintegrato nei beni perduti con la colpa. Ora, l'uomo peccando incorre tre danni, come sopra si disse: la macchia, la corruzione dei beni di natura, e il reato della pena. Contrae una macchia, in quanto viene privato dello splendore della grazia per la deformità del peccato. Si corrompono i beni di natura, in quanto la natura dell'uomo cade nel disordine, quando la volontà umana non è soggetta a Dio: infatti eliminato quest'ordine, tutta la natura dell'uomo in peccato rimane disordinata. Il reato della pena invece consiste nel fatto che l'uomo, peccando mortalmente, merita la dannazione eterna.
Ora, è evidente per tutte e tre queste cose che soltanto Dio può ripararle. Infatti la bellezza della grazia deriva da una illuminazione di Dio; e quindi codesta bellezza non può tornare in un'anima, senza una nuova illuminazione da parte di Dio: ecco perché si richiede quel dono abituale che è la luce della grazia. Anche l'ordine della natura, che implica la sottomissione della volontà umana a quella di Dio, non può essere riparato, se Dio non trae a sé la volontà dell'uomo, come abbiamo detto nell'articolo precedente. Così pure nessuno all'infuori di Dio può condonare il reato della pena eterna, essendo egli l'offeso, e il giudice degli uomini. Perciò, affinché l'uomo risorga dal peccato, si richiede l'aiuto della grazia, sia in quanto dono abituale, sia in quanto mozione interiore di Dio.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nella resurrezione umana dal peccato all'uomo viene comandato di compiere quanto appartiene all'atto del libero arbitrio. Perciò la frase: "Risorgi, e Cristo ti darà luce", non si deve intendere nel senso che la resurrezione dal peccato debba precedere interamente l'illuminazione della grazia: ma nel senso che l'uomo riceve la luce della grazia santificante, mentre col suo libero arbitrio mosso da Dio si sforza di risorgere dal peccato.
2. La ragione naturale non è il principio adeguato della guarigione prodotta nell'uomo dalla grazia santificante; ma principio di essa è la grazia che il peccato distrugge. Ecco perché l'uomo non può guarire da se stesso, ma ha bisogno di una nuova infusione della luce della grazia: come se si trattasse di infondere nuovamente l'anima in un corpo da risuscitare.
3. Quando la natura è integra, può tornare da sé nelle disposizioni ad essa connaturali e proporzionate: ma non può mai reintegrarsi, senza un aiuto esterno, nei beni che sorpassano la sua misura. Ecco perché la natura umana, non essendo rimasta integra dopo l'atto peccaminoso, ma essendo stata corrotta, come abbiamo spiegato, non può tornare da sé né al bene ad essa connaturale, né tanto meno al bene della giustizia soprannaturale.

ARTICOLO 8

Se l'uomo senza la grazia possa non peccare

SEMBRA che l'uomo senza la grazia possa non peccare. Infatti:
1. Come afferma ripetutamente S. Agostino, "nessuno pecca facendo ciò che non può evitare". Perciò, se un uomo in peccato mortale non potesse evitare il peccato, peccando non peccherebbe. Il che è assurdo.

2. Si corregge un uomo perché non pecchi. Ora, se uno che è in peccato mortale non può non peccare, è inutile correggerlo. Ma questo è inammissibile.
3. Sta scritto: "Di faccia all'uomo sono la vita e la morte, il bene e il male: ciò che gli piacerà gli sarà dato". Ma quando uno pecca, non cessa di essere un uomo. Perciò rimane ancora in suo potere scegliere tra bene e male. E quindi l'uomo privo della grazia può evitare il peccato.

IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: "Chiunque neghi che noi siamo tenuti a pregare per non cadere in tentazione (e lo nega chi sostiene che non è necessaria la grazia divina per non peccare, ma che basta la volontà umana, con la sola accettazione della legge), non esito a considerarlo inaccettabile per tutte le orecchie, e degno di essere scomunicato dalla bocca di tutti".

RISPONDO: L'uomo possiamo considerarlo sotto due aspetti: primo, nello stato di natura integra; secondo, nello stato di natura corrotta. Nello stato di natura integra, anche senza la grazia abituale, poteva non peccare né mortalmente né venialmente: poiché peccare non è altro che scostarsi da ciò che è secondo natura; e questo l'uomo poteva evitarlo mentre la natura era integra. Tuttavia bisognava che Dio lo conservasse nel bene; poiché senza questo aiuto divino la stessa natura ricadrebbe nel nulla.
Ma nello stato di natura corrotta l'uomo ha bisogno della grazia abituale che risani la natura, per astenersi totalmente dal peccato. E questo risanamento avviene prima nella mente durante la vita presente, mentre l'appetito carnale ancora non viene completamente risanato; ecco perché l'Apostolo così parla a nome dell'uomo redento: "Io stesso con la mente sono servo della legge di Dio, con la carne della legge del peccato". E in tale stato l'uomo può astenersi dal peccato mortale, che si attua nella ragione, come sopra abbiamo detto. Ma non può astenersi da ogni peccato veniale, per la corruzione degli appetiti inferiori della sensualità, i cui moti la ragione è in grado di reprimere singolarmente (e a ciò essi devono la loro natura di atti peccaminosi volontari), però non può reprimerli globalmente tutti; poiché mentre tenta di resistere ad uno, forse ne insorge un altro; ed anche perché la ragione non sempre è pronta ad evitare codesti moti; come sopra abbiamo spiegato.
Inoltre prima che la sua ragione, in cui si attua il peccato mortale, sia risanata dalla grazia, l'uomo può evitare i peccati mortali singolarmente e per un dato tempo: poiché non è necessario che subito pecchi in maniera attuale, ma è impossibile che rimanga a lungo senza peccare mortalmente. Infatti S. Gregorio afferma che "il peccato non riparato subito con la penitenza, col suo peso trascina ad altri peccati". E ciò si spiega col fatto che, come l'appetito inferiore deve essere sottomesso alla ragione, così la ragione deve essere sottoposta a Dio, e costituire in lui il fine della sua volontà. E il fine deve regolare tutti gli atti umani; come il giudizio della ragione deve regolare i moti dell'appetito inferiore. Ora, come quando l'appetito inferiore non è pienamente sottoposto alla ragione, certi moti disordinati nell'appetito sensitivo sono inevitabili; così, quando la ragione umana non è del tutto sottoposta a Dio, sono inevitabili molteplici disordini negli atti della ragione. Infatti, se l'uomo non ha il cuore ben fisso in Dio, così da non volersi da lui separare, né per conquistare un qualsiasi bene, né per evitare qualsiasi male; capiteranno troppe cose, per raggiungere e per evitare le quali, egli si allontanerà da Dio trasgredendone i precetti, peccando così mortalmente. E questo specialmente perché nei casi improvvisi l'uomo agisce secondo il fine prestabilito, e secondo l'abito preesistente, come dice il Filosofo; sebbene possa agire scostandosi da quel fine, e dalle inclinazioni abituali, con la riflessione della ragione. Ma poiché l'uomo non sempre può riflettere in tal modo, non può trattenersi a lungo dall'agire secondo la spinta della sua volontà non orientata verso Dio, a meno che dalla grazia non venga presto ristabilito nel debito ordine.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uomo senza la grazia può evitare i singoli atti del peccato; ma non tutti, come abbiamo detto. Però, siccome è per sua negligenza che egli non si è preparato a ricevere la grazia, non lo scusa dal peccato il fatto che non può evitare la colpa, senza la grazia.
2. La correzione serve, come dice S. Agostino, "a far sì che dal dolore della correzione sorga la volontà della rigenerazione. Purché chi viene corretto sia figlio della promessa: e così, mentre lo strepito della correzione suona e fiagella all'esterno, Dio opera in lui il volere dall'interno, con una ispirazione occulta". Ecco quindi che è necessaria la correzione, perché si richiede la volontà dell'interessato, per fuggire i peccati. Ma la correzione non è efficace, senza l'aiuto di Dio; perciò sta scritto: "Considera le opere di Dio, come niuno possa correggere colui che egli non cura".
3. Come spiega S. Agostino, quell'affermazione vale per l'uomo nello stato di natura integra, quando non era servo del peccato, cosicché poteva peccare e non peccare. - Anche adesso però all'uomo vien dato quello che vuole. Ma che voglia il bene dipende dall'aiuto della grazia.

ARTICOLO 9

Se chi è già in grazia possa fare il bene ed evitare il peccato da solo, senza l'aiuto della grazia

SEMBRA che uno, il quale sia già in grazia, possa fare il bene ed evitare il peccato da solo, senza l'aiuto della grazia. Infatti:
1. Se un aiuto non raggiunge l'effetto per cui vien dato, o è inutile, o è imperfetto. Ora, la grazia ci è data perché noi possiamo fare il bene ed evitare il peccato. Perciò, se con la grazia l'uomo non ha questo potere, la grazia è data inutilmente, o è imperfetta.

2. Mediante la grazia lo stesso Spirito Santo abita in noi, secondo le parole di S. Paolo: "Non sapete che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi?". Ma lo Spirito Santo, essendo onnipotente, è capace di indurci a compiere il bene, e di custodirci dal peccato. Dunque l'uomo in grazia è provveduto di codesti due vantaggi, senza bisogno di altri aiuti della grazia.
3. Se un uomo in grazia avesse ancora bisogno della grazia per vivere onestamente e per astenersi dal peccato, una volta conseguita questa seconda grazia, avrebbe bisogno ancora di un altro aiuto. E quindi si andrebbe all'infinito: il che è assurdo. Perciò chi è in grazia non ha bisogno dell'aiuto della grazia per compiere il bene, e per evitare il peccato.

IN CONTRARIO: S. Agostino insegna, che "come un occhio corporeo del tutto sano, se non è aiutato dal fulgore della luce, non può vedere; così un uomo, anche pienamente giustificato, se non è soccorso da Dio con l'eterna luce della giustizia, non può vivere rettamente". Ora, la giustificazione avviene mediante la grazia, secondo l'espressione paolina: "Giustificati gratuitamente per la grazia di lui". Perciò, anche se in grazia, l'uomo ha bisogno dell'aiuto della grazia per vivere onestamente.

RISPONDO: Abbiamo già detto sopra che l'uomo, per vivere rettamente, ha bisogno di essere aiutato da Dio in due maniere. Primo, mediante il dono di un abito che risani la natura umana corrotta; e che la elevi, anche se sana, a compiere opere meritorie per la vita eterna, le quali sorpassano le capacità della natura. Secondo, ha bisogno dell'aiuto della grazia nel senso che attende da Dio la mozione ad agire. Ora, chi è in grazia non ha bisogno di un altro aiuto della grazia che sia, come nel primo caso, un secondo abito infuso. Però ha bisogno dell'altro tipo di aiuto gratuito, e cioè ha bisogno di essere mosso da Dio a ben operare.
E questo per due motivi. Primo, per un motivo generale: cioè per il fatto che nessuna cosa creata può emettere, come abbiamo già spiegato, un qualsiasi atto, se non in forza della mozione divina. - Secondo, per un motivo particolare, data la condizione attuale della natura umana. La quale anche se, quanto alla mente, è risanata dalla grazia, conserva la corruzione e l'infezione quanto alla carne, in cui "serve alla legge del peccato", come si esprime S. Paolo. Inoltre rimane una certa ombra d'ignoranza nell'intelletto, alla quale l'Apostolo accenna, affermando che "noi non sappiamo che cosa dobbiamo dire nella preghiera". Infatti, data la varietà degli avvenimenti, e l'imperfetta conoscenza che abbiamo di noi stessi, non possiamo pienamente conoscere le cose di cui abbiamo bisogno; poiché, come dice la Scritlura, "timidi sono i ragionamenti dei mortali e malsicuri i nostri divisamenti". Perciò abbiamo bisogno di essere guidati e protetti da Dio, il quale tutto può e tutto conosce. Ecco perché anche coloro che la grazia ha rigenerato come figli di Dio hanno il dovere di ripetere: "Non c'indurre in tentazione", "sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra", e le altre domande del Pater Noster, che si riferiscono a questo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il dono della grazia abituale non ci viene dato, perché con esso cessiamo di aver bisogno dell'aiuto di Dio: poiché qualsiasi creatura ha bisogno di essere conservata da Dio nel bene che da lui ha ricevuto. Perciò, se dopo aver ricevuto la grazia l'uomo ha ancora bisogno del divino aiuto, non si può concludere che la grazia è stata data invano, o che è imperfetta. Ché anche nello stato di gloria, quando la grazia sarà assolutamente perfetta, l'uomo avrà sempre bisogno dell'aiuto divino. Adesso però la grazia è imperfetta in qualche modo; perché, come abbiamo detto, non risana l'uomo totalmente.
2. L'azione con la quale lo Spirito Santo ci muove e ci protegge non si limita a produrre in noi la grazia abituale; ma oltre a questo egli, in unione col Padre e col Figlio, ci muove e ci protegge.
3. L'argomento dimostra soltanto che l'uomo non ha bisogno di un'altra grazia abituale.

ARTICOLO 10

Se chi è in grazia per perseverare abbia bisogno dell'aiuto della grazia

SEMBRA che un uomo in grazia, non abbia bisogno, per perseverare, dell'aiuto della grazia. Infatti:
1. Come dice il Filosofo la perseveranza, al pari della continenza, è qualche cosa di inferiore alla virtù. Ma l'uomo non ha bisogno di un nuovo aiuto della grazia per avere le virtù, una volta che sia giustificato dalla grazia. Molto meno, dunque, ne avrà bisogno per avere la perseveranza.
2. Le virtù vengono infuse tutte insieme. Ora, la perseveranza è elencata tra le virtù. Quindi sembra che la perseveranza sia infusa con la grazia insieme alle altre virtù.
3. Secondo l'insegnamento dell'Apostolo, l'uomo riacquistò, per il dono di Cristo, più di quanto aveva perduto col peccato di Adamo. Ma Adamo aveva avuto la facoltà di poter perseverare. Perciò con la grazia di Cristo codesta facoltà viene concessa ancora di più a noi. E quindi l'uomo non ha bisogno della grazia per perseverare.

IN CONTRARIO: S. Agostino ha scritto: "Perché si chiede a Dio la perseveranza, se questa non è data da Dio? Si tratta forse di una domanda irrisoria, sapendo noi che quanto a lui si chiede non è dato da lui, ma è in potere dell'uomo, senza che egli lo conceda?". Ora, la perseveranza vien chiesta anche da coloro che son già santificati dalla grazia: poiché tale domanda è implicita nelle parole, "sia santificato il tuo nome", come spiega S. Agostino, servendosi dell'autorità di S. Cipriano. Dunque l'uomo, anche se è in grazia, ha bisogno di ricevere da Dio la perseveranza.

RISPONDO: Tre sono le accezioni del termine perseveranza. Talora infatti significa quell'abito dell'anima per cui l'uomo è costante e non si lascia distogliere dall'agire secondo virtù, nonostante dolori, o tristezze: cosicché la perseveranza sta al dolore, come la continenza sta al piacere, secondo le parole del Filosofo. In secondo luogo la perseveranza può indicare l'abito in forza del quale l'uomo concepisce il proposito di perseverare nel bene sino alla fine. E in tutte e due codeste accezioni, la perseveranza viene infusa assieme alla grazia, come la continenza e le altre virtù.
Finalmente si chiama perseveranza il continuare nel bene sino alla fine della vita. E per avere questa perseveranza l'uomo in grazia ha bisogno, non già di una nuova grazia abituale, ma dell'aiuto di Dio che lo guidi e lo protegga contro gli assalti delle tentazioni, come abbiamo visto nella questione precedente. Perciò, chi è già santificato dalla grazia ha bisogno di chiedere a Dio codesto dono della perseveranza, cioè deve chiedere di essere custodito dal male sino alla fine della vita. Infatti la grazia viene concessa a molti, ai quali non è concesso di perseverare nella grazia.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'obiezione vale per il primo significato del termine perseveranza: come la successiva vale per il secondo.
2. È così risolta anche la seconda difficoltà.
3. Come insegna S. Agostino, "nello stato primitivo all'uomo fu dato un dono che gli offriva la possibilità di perseverare; ma non fu dato di perseverare. Invece adesso per la grazia di Cristo molti ricevono e il dono della grazia per poter perseverare, e in più il perseverare di fatto". E così il dono di Cristo è più grande del peccato di Adamo. - Tuttavia l'uomo poteva perseverare più facilmente con la grazia dello stato d'innocenza, in cui non c'era nessuna ribellione della carne allo spirito, di quanto non possiamo adesso. Poiché la restaurazione della grazia di Cristo, sebbene sia iniziata quanto allo spirito, non è compiuta quanto alla carne. Ciò avverrà nella patria, dove l'uomo non solo potrà perseverare, ma sarà in condizione di non poter peccare.