Il Santo Rosario
back
Settembre

1. L'orazione purifica l'anima... Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance, e il suo grido non si alza forse contro chi gliele fa versare? E dalle sue guance salgono fino al cielo, e il Signore che esaudisce, certamente non si diletterà di esse. Chi adora Dio sarà accolto con benevolenza, e la sua supplica giungerà fino alle nubi. La preghiera di chi si umilia penetrerà i cieli.

2. Ricordati che ci sono tre specie di orazione: l'orazione mentale, quella vocale e quella manuale. Della prima è scritto: "L'orazione di colui che si umilia penetra i cieli" (Sir 35,21).
Della seconda parla il Salmo 87,3: "La mia orazione entri al tuo cospetto". Sulla terza l'apostolo Paolo dice: "Pregate senza interruzione" (1Ts 5,17). Non cessa mai di pregare, colui che non cessa mai di compiere il bene.

3. Come Dio è il principio di tutte le cose, così la carità, virtù fondamentale, si deve conquistare prima di tutte le altre; e se sarà reciproca e costante, coprirà tutto il cumulo dei peccati. La carità deve essere vicendevole, cioè reciproca e fatta in comune; dev'essere continua: non deve cioè mai mancare, né quando le cose vanno male, né quando vanno bene, ma essere incessante e perseverare sino alla fine.

4. Chi predica la verità, professa Cristo. Chi invece nella predicazione tace la verità, rinnega Cristo. La verità genera l'odio e quindi alcuni, per non incorrere nell'odio di certe persone, si coprono la bocca con il velo del silenzio; ma non è lecito rinunciare alla verità per timore dello scandalo.

5. Il vero amico nostro è Gesù Cristo, che ci ha amati tanto da dare per noi la sua vita. Pensa quale amico fedele sarebbe colui che, vedendoti in punto di morte, si offrisse per te e prendesse volentieri su di sé la tua malattia e la tua morte!

6. Ogni volta che la nostra anima va in giro alla ricerca delle cose temporali, si allontana da noi; ritorna poi quando medita sulle verità eterne e brama rifocillarsi con il nutrimento celeste. Dopo essere stata nelle tenebre, nulla più piace all'anima se non pensare, parlare e guardare a Dio soltanto.

7. La fede viene paragonata al pesce perché, come esso è continuamente sbattuto dalle onde del mare, ma non ne viene ucciso, così anche la fede non viene scossa dalle avversità.

8. "Bellezza del cielo è la gloria delle stelle, gloria che illumina il mondo" (Eccli 43,10). Queste parole mettono in risalto la purezza della natività di Maria. Come ogni stella si distingue dalle altre per il suo splendore, così la natività della beata Vergine Maria si distingue da quella di tutti gli altri santi. La natività di Maria riempì di luce il mondo, che prima era coperto dalla caligine e dall'ombra della morte.

9. "Seguimi!", dice Gesù, e ti mostrerò "ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo" (1Cor 2,9). Vedrai Dio faccia a faccia, come egli è; sarai ricco di delizie, il tuo cuore si gonfierà di gioia e proromperà nel canto dell'esultanza e della lode. Dunque, "seguimi!".

10. A chi è amico di Dio viene manifestata talvolta una certa luce nella coscienza, una luce di interiore letizia, come un lume che, rinchiuso tra le mani, si vede e si occulta ad arbitrio di colui che lo tiene: e questo perché l'animo si infiammi per giungere al possesso della luce eterna e all'eredità della piena visione di Dio.

11. La Vergine Maria non rifugge da nessun peccatore, anzi accoglie tutti coloro che si rivolgono a lei e per questo è chiamata Madre della misericordia: misericordia ai miseri, speranza ai disperati.

12. "Il nome della Vergine era Maria" (Lc 1,27). Una torre inespugnabile è il nome di Maria. Presso di lei si rifugi il peccatore, e sarà salvato. Nome dolce, nome che conforta il peccatore, nome di beata speranza. "Signora, il tuo nome è anelito dell'anima". "Il tuo nome è profumo olezzante". Il nome di Maria è giubilo al cuore, miele alla bocca, melodia all'orecchio.

13. Quando vedo una pianta in fiore, penso e spero nel frutto; così quando vedo un vero umile, spero e penso che egli sarà beato nei cieli. Nel vero umile c'è la speranza di raccogliere il frutto dall'abbondanza della casa del Signore.

14. Mosè, per ordine di Dio, fece un serpente di rame, lo pose sopra un'asta di legno. Chi veniva morso da un serpente, guardando il serpente di rame, restava in vita (cf. Nm 21,9). Il serpente di rame sull'asta è figura di Cristo innalzato sulla croce. Contempliamo il Signore nostro appeso alla croce, confitto con i chiodi... Su questo legno e per mezzo di questo legno della croce, Cristo ha salvato l'umanità, che prima l'acqua del diluvio aveva distrutto.

15. A Maria che presentava al Tempio il figlio Gesù, il vecchio Simeone disse: "E a te una spada trafiggerà l'anima". Il dolore che la beata Vergine soffrì nella passione del Figlio suo, fu come una spada che trapassò la sua anima.
Come dobbiamo partecipare al suo gaudio quando diede alla luce il Figlio nel suo parto verginale, così dobbiamo partecipare alle sue sofferenze durante la passione del Figlio. Quello fu il secondo parto, doloroso e ricolmo di ogni amarezza. Vedeva suo figlio appeso alla croce con i chiodi, in mezzo a due ladroni. Come meravigliarsi se una spada le trapassò l'anima? Considerate e vedete se c'è un dolore simile al suo dolore (cf. Lam 1,12).

16. Senza la cena della penitenza non si arriva alla cena della gloria, che indica il convito nel quale i santi si sazieranno tutti insieme nella visione di Dio, poiché sarà data un'unica ricompensa a coloro che lavorano nella vigna del Signore (cf. Mt 20,2).

17. Come con la farina e con l'acqua si impasta il pane che sostenta il cuore dell'uomo, così con le opere buone mescolate alle lacrime si nutre e si arricchisce la coscienza dell'uomo.

18. La letizia della mente consiste in tre cose: nel testimonio della buona coscienza, nell'edificazione del prossimo e nella speranza della felicità eterna.

19. Nel fico, che è il più dolce di tutti i frutti, è indicata la dolcezza che i santi proveranno nella visione della Trinità. In verità, dolce come il miele è la contemplazione delle cose celesti. La loro dolcezza è tenuta nascosta, perché venga ricercata con più ardore, cercandola venga trovata, e trovatala venga amata intensamente, e con l'amore venga posseduta in eterno.

20. Come nel melograno tutti i grani sono nascosti sotto la stessa corteccia e tuttavia ogni grano ha la sua piccola cella distinta, così nella vita eterna tutti i santi hanno la stessa gloria, e tuttavia ognuno di essi riceverà una ricompensa proporzionata al bene compiuto.

21. Il Signore è divenuto il mio sostegno quando, nella sua passione, ha steso le braccia sulla croce; mi ha portato al largo con l'invio dello Spirito Santo; mi ha salvato dalla distruzione dei nemici, perché ha voluto che io entrassi alla cena della vita eterna.

22. Sappiamo che siamo passati dalla morte del peccato alla vita e alla cena della penitenza, perché amiamo i fratelli. L'amore ai fratelli costituisce veramente l'ingresso alla cena della vita eterna.
Preghiamo dunque il Signore Gesù che ci introduca alla cena della penitenza, e da essa ci faccia poi passare alla cena della gloria celeste.

23. La vera sapienza consiste nell'amore e nella contemplazione di Dio. La sapienza appaga e sazia completamente, mentre il piacere lascia il vuoto. La sapienza procura dolcezza, il piacere lascia amarezza. Chi serve la sapienza è libero, chi serve il piacere è un misero schiavo.

24. L'avaro è povero: non è lui che comanda a se stesso, ma è il denaro che lo domina; non è possessore, ma posseduto, e anche quando ha molto, è sempre convinto di avere troppo poco. Al contrario, come dice Seneca: "Non reputo povero colui che, per quanto poco abbia, quel poco gli basta".

25. Chi ha ricchezze di questo mondo, e dopo aver trattenuto da esse ciò che gli è necessario per il vitto e il vestito, vede che il suo fratello, per il quale Cristo è morto, si trova nel bisogno, deve dargli ciò che gli sopravanza. E se non glielo dà, se chiude il suo cuore di fronte al fratello che è nell'indigenza, io affermo che pecca mortalmente, perché non c'è in lui l'amore di Dio; se ci fosse in lui questo amore, darebbe volentieri al suo fratello.

26. Guai a coloro che hanno la cantina piena di vino e il granaio pieno di frumento, e che hanno due o tre paia di vestiti, mentre i poveri di Cristo con il ventre vuoto e il corpo seminudo gridano aiuto alla loro porta. E se qualcosa si dà loro, si tratta sempre di poco, e non delle cose migliori ma delle più scadenti.
Verrà, sì, verrà l'ora, quando anch'essi grideranno, stando fuori alla porta: "Signore, Signore, aprici!". Ed essi, che non vollero ascoltare i lamenti dei poveri, si sentiranno dire: "In verità, in verità, vi dico: io non vi conosco" (cf. Mt 25,11-12).

27. Il Signore ha posto in mezzo al popolo cristiano la predicazione, perché fosse a disposizione di tutti e si estendesse sia al giusto che al peccatore e riunisse con l'amore tutti i credenti in Cristo.

28. Il predicatore dev'essere figlio della scienza e della conoscenza. In primo luogo deve sapere che cosa, a chi e quando predicare; in secondo luogo deve controllare se stesso per vedere se la sua vita è coerente con ciò che predica agli altri.

29. Che cosa intende il mondo per "sapienza"? Ecco: irretire il cuore nei desideri, abbuiare il senso delle parole, mostrare vero il falso e far apparire falso il vero. Questa è la nociva prudenza che i giovani imparano nella vita, che i bambini apprendono a scuola. Quelli che la sanno, ne vanno superbi e disprezzano gli altri che la ignorano; quelli che non la sanno, sottomessi e timidi, l'ammirano negli altri. A coloro che la seguono, la sapienza mondana insegna a cercare i più alti onori, a godere nelle vanità dell'esistenza terrena, a rendere male per male, a non cedere quando si può resistere e, quando le forze non bastano, allora quello che per mala volontà non si riesce a sgretolare, ci si sforza di sopportarlo. Una sapienza piena di orgoglio, di vanità, d'inganno.

30. Le cose terrene si possono accumulare solo per essere distribuite ai poveri, e vengono messe a fuoco quando nel fervore dello spirito sono considerate soltanto come polvere e cenere. La fede invece viene distrutta dall'abbondanza delle cose materiali.