SALVE REGINA

Salve, Regina, madre di misericordia,
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A te ricorriamo, esuli figli di Eva;
a te sospiriamo, gementi e piangenti
in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù,
il frutto benedetto del tuo seno.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

Il testo è attribuito a Ermanno il Contratto († 1054), monaco di Reichenau, ma anche a Pietro di Mezonzo, vescovo di Compostella († 1000) e Ademaro di Monteil, vescovo di Le Puy-en-Velay (delegato pontificio alla I Crociata, † 1098). Esprime liricamente la devozione medievale alla Vergine, sentita quale Regina da amare e servire fedelmente, ed insieme come Madre dalla quale ottenere protezione nelle asperità della vita. La regalità viene infatti declinata con la maternità: piena di misericordia, Maria stringe a sé i figli di Eva e li conduce all'incontro con il suo Figlio-Giudice, traguardo del nostro faticoso pellegrinaggio terreno. Si ricorre a Maria quale «advocata», pronta ad ascoltare il «clamor» del popolo oppresso che ricorre al proprio avvocato — nel senso feudale del termine — per chiedere protezione giuridica contro i nemici. Fu adottata come canto di processione in festività mariane e come antifona dell'ufficio, cantata quotidianamente dopo compieta (domenicani, cistercensi) o ai cantici del Benedictus e del Magnificat nelle feste della Vergine.

L'invocazione, racchiusa nel reiterato saluto latino «Salve», è indirizzata alla «Regina, madre di misericordia» (in origine: «Salve, Regina misericordiae»), titolo amplificato dalla triplice attribuzione: «vita, dolcezza, speranza nostra». Traspare così la consapevolezza di volgersi non ad una regina dispotica che incute paura, ma ad una regina teneramente amata, verso la quale si è attratti, davanti alla quale si può spalancare davvero il cuore. Segue la presentazione di chi la invoca: «esuli figli di Eva, gementi e piangenti in questa valle di lacrime», e il loro intento di ricorrere a Colei che, avendo mutato la sorte di Eva, non lascia inascoltate le loro voci. All'avvocata si presentano due domande: «rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi, e mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno». L'antifona termina con la triplice esclamazione di lode alla Regina, chiamata per nome: «o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria».

Varcando le mura dei monasteri medievali in cui è sorta, la Salve Regina è divenuta l'invocazione mariana più conosciuta, dopo l'Ave Maria. Oltre che al termine dell'Ufficio, è comunemente recitata a coronamento del rosario.

(Dizionari san Paolo. Mariologia)