Il Santo Rosario
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Pensieri di San Pio da Pietrelcina

San Pio da Pietrelcina

Dal libro: Il Santo Rosario meditato. Alla scuola del Beato Padre Pio

Primo Mistero Gaudioso. L'Annunciazione dell'Angelo a Maria Vergine.

Umiltà interna ed esterna; più interna che esterna; più sentita che mostrata; più profonda che visibile. Stimiamoci qual siamo in verità, un nulla, una miseria, una debolezza, una fonte di perversità senza limite ed attenuante, capaci di convertire il bene in male, di abbandonare il bene per il male, di attribuirci il bene che non abbiamo o quel bene che abbiamo ricevuto in prestito e giustificarci nel male e, per amore dello stesso male, di disprezzare il sommo Bene.
Con questa persuasione fissa nella mente, tu:
1º non ti compiacerai mai di te stesso per qualunque bene tu possa in te scorgere, perché il tutto ti viene da Dio e a lui ne darai l'onore e la gloria;
2º non ti lamenterai mai delle offese, da qualunque parte ti vengono fatte;
3º scuserai tutti con la carità cristiana, tenendo a te presente l'esempio del Redentore che scusò persino i suoi crocifissori dinanzi al Padre suo;
4º gemerai sempre come povero dinanzi a Dio;
5º non ti meraviglierai affatto delle tue debolezze e imperfezioni, ma, riconoscendoti per quello che tu sei, arrossirai della tua incostanza e infedeltà a Dio, e in lui proponendo e confidando, ti abbandonerai tranquillamente sulle braccia del celeste Padre come un tenero bambino su quelle materne. (Epist. IV, 309-310)

Secondo Mistero Gaudioso. La Visita di Maria Vergine a Santa Elisabetta.

Unico vostro pensiero sia quello di amare Dio e crescere sempre più nella virtù e nella carità santa, ch'è il vincolo della perfezione cristiana. (Epist. II, 369)

...sforzandovi sempre più col divino aiuto di mantenere sempre salda in voi l'umiltà e la carità che sono le corde maestre di tutto il grande edificio, e tutte le altre sono dipendenti da esse. Mantenetevi bene in queste. L'una è la più bassa, l'altra è la più alta.
La conservazione di tutto l'edificio dipende dalle fondamenta e dal tetto; se si tiene sempre il cuore indirizzato all'esercizio di queste, non si incontrano poi difficoltà nelle altre.
Queste sono le madri delle virtù, quelle le seguono come fanno i piccoli pulcini nel seguir le loro madri. (Epist. I, 1139)

Crescete sempre e mai vi stancate di avanzarvi nella regina di tutte le virtù, la carità cristiana. Considerate che non è mai troppo il crescere in questa bellissima virtù. Abbiatela cara assai, più ancora della pupilla degli occhi vostri, poiché è dessa propriamente la più cara al nostro divin Maestro che con una frase tutta divina suole chiamarla "precetto mio". Oh! sì, teniamolo in gran pregio questo precetto del divin Maestro e tutte le difficoltà saranno superate... Chiediamola insistentemente a Gesù questa virtù e adoperiamoci con sempre nuove forze per crescere in essa. (Epist. II, 383-384)

Terzo Mistero Gaudioso. La Nascita di Gesù.

Quali e quanti non sono, o cristiani, gli insegnamenti che si partono dalla grotta di Betlemme! Oh come deve sentirsi acceso il cuore di amore per colui che tutto tenerezza si è fatto per noi! Oh come dovremmo ardere del desiderio di condurre il mondo tutto a quest'umile grotta, asilo del re dei re, più grande di ogni reggia umana, perché trono e dimora di Dio! Chiediamo a questo divin Bambino di rivestirci di umiltà, perché solo con questa virtù possiamo gustare questo mistero ripieno di divine tenerezze. Scintillano i palazzi della superba Israele, eppure non in essi venne al mondo la Luce! Baldanzosi di umana grandezza, nuotanti nell'oro e negli agi sono i magnati della nazione giudaica, ricolmi di vana scienza e superbia i sacerdoti del santuario, contro il vero senso delle divine rivelazioni attendono un Salvatore troppo impicciolito, veniente al mondo con umana grandezza e potenza.
...O sapienza o potenza di Dio, ci sentiamo di dover esclamare - estasiati col tuo Apostolo - quanto sono incomprensibili i tuoi giudizi e non investigabili le tue vie! Povertà, umiltà, abiezione, disprezzo, circondano il Verbo fatto carne; ma noi, dall'oscurità in cui questo Verbo fatto carne è avvolto, comprendiamo una cosa, udiamo una voce, intravediamo una sublime verità: tutto questo l'hai fatto per amore, e non c'inviti che all'amore, non ci parli che di amore, non ci dai che prove di amore.
Il celeste Bambino soffre e vagisce nel presepe per rendere a noi amabile, meritoria e ricercata la sofferenza: egli manca di tutto, perché noi apprendiamo da lui la rinunzia dei beni e degli agi terreni; egli si compiace di umili e poveri adoratori per invogliarci ad amare la povertà e preferire la compagnia dei piccoli e dei semplici a quella dei grandi del mondo. Questo celeste Bambino tutto mansuetudine e dolcezza vuole infondere nei nostri cuori col suo esempio queste sublimi virtù, affinché nel mondo dilaniato e sconvolto sorga un'era di pace e di amore. Egli fin dalla nascita ci addita la nostra missione, che è quella di disprezzare ciò che il mondo ama e cerca.
Oh! prostriamoci innanzi al presepe e con il grande san Girolamo, il santo infiammato di amore a Gesù Bambino, offriamogli tutto il nostro cuore senza riserva, e promettiamogli di seguire gli insegnamenti che giungono a noi dalla grotta di Betlemme, che ci predicano essere tutto quaggiù vanità delle vanità, non altro che vanità. (Epist. IV, 971-973)

Quarto Mistero Gaudioso. La Presentazione di Gesù al Tempio.

Ah! che è una grande grazia l'incominciare a servire questo buon Dio mentre che la floridezza dell'età ci rende suscettibili di qualunque impressione! Oh! come il dono è gradito, con cui si offrono i fiori coi primi frutti dell'albero. E quale cosa potrà ormai trattenerti dal fare una totale offerta di tutto te stesso al buon Dio col deciderti una buona volta per sempre a dare un calcio al mondo, al demonio e alla carne, ciò che con tanta risolutezza fecero per noi i nostri padrini che ci tennero al battesimo? Forse che il Signore non merita da te questo altro sacrificio? (Epist. III, 418)

Iddio vuole che noi siamo interamente suoi, perciò nessuna cosa ti ritenga per abbandonarti totalmente in balia della sua provvidenza. (Epist. III, 423)

La santità ha in sé la virtù di trasformare, secondo il linguaggio dei sacri libri, l'uomo in Dio.
Santità vuol dire essere superiori a noi stessi, vuol dire vittoria perfetta di tutte le nostre passioni: vuol dire disprezzare veramente e costantemente noi stessi e le cose del mondo fino a preferire la povertà alle ricchezze, l'umiliazione alla gloria, il dolore al piacere.
La santità è amare il prossimo come noi stessi e per amore di Dio.
La santità, su questo punto, è amare perfino chi ci maledice, ci odia, ci perseguita, anzi perfino fargli del bene. La santità è vivere umili, disinteressati, prudenti, giusti, pazienti, caritatevoli, casti, mansueti, laboriosi, osservatori dei propri doveri non per altro fine se non di piacere a Dio, e per riceverne da lui solo la meritata ricompensa. (Epist. II, 542)

Quinto Mistero Gaudioso. Il Ritrovamento di Gesù nel Tempio.

...l'anima in cui abita Dio teme sempre a ogni passo che fa di offendere Iddio... è appunto per questo timore ch'ella non andrà in fallo se si spinge avanti. (Epist. IV, 237)

Chi teme di offendere Iddio non l'offende in verità, ed allora l'offende quando cessa questo timore. (Epist. I, 1121)

Di due cose dobbiamo supplicare di continuo il dolcissimo Signor nostro: che accrescesse in noi l'amore e il timore, poiché quello ci farà volare nelle vie del Signore, questo ci fa guardare dove mettiamo il piede; quello ci fa guardare le cose di questo mondo per quelle che sono, questo ci fa riguardare ogni trascuratezza.
Allorché poi amore e timore si daranno un bacio non è più in poter nostro il concedere affetto alle cose di quaggiù. Non si conoscono più contese, non si conoscono più invidie. Unico desiderio sulla terra è di contentare l'oggetto amato. Si sente morire dal desiderio di essere da lui amato. Si sente di esser pronto a sacrificare la vita se si potesse sperare con tal sacrificio di rendersi più grati ai suoi occhi. Cammineremo sempre cauti, ma con santa libertà. Sentiremo che il Signore che a sé ci ha incatenati con l'amore, ci fa riguardare dal peccato come da un aspide velenoso e per il più grande interesse non si commette mai di proposito deliberato un peccato veniale, e quanto al mortale poi lo si teme più del fuoco. (Epist. I, 406-407)

Primo Mistero Doloroso. L'Agonia di Gesù nell'orto degli ulivi.

Procura di conformarti sempre e in tutto alla volontà di Dio, in ogni evento e non temere. Questa conformità è la via sicura per arrivare al cielo. (Epist. III, 448)

...questo è il gran consiglio ma il meno inteso nella condotta spirituale: ciascuno ama secondo il proprio gusto, pochi però amano secondo il proprio dovere e il gusto di nostro Signore. Di qui nasce quello stato lagrimevole che molti sono quelli che intraprendono la via della perfezione, ma pochi sono quelli che arrivano alla cima della stessa perfezione. (Epist. III, 283)

Ecco le condizioni con le quali dobbiamo darci a Dio: che da qui avanti egli faccia la sua volontà su di noi e che distrugga la nostra a suo piacere. Oh quanto sono felici coloro che Dio maneggia a seconda dei suoi voleri, e che esercita, o con la tribolazione o con la consolazione. I veri servi di Dio hanno sempre più stimato l'avversità, come più conforme alla strada che percorse il nostro Capo, il quale operò la nostra salvezza a mezzo della croce e degli obbrobri. (Epist. IV, 148)

Iddio, dopo tanti benefici compartitici senza alcun nostro merito, si contenta di un sì tenuissimo dono, qual è la nostra volontà. Offriamogliela con il medesimo divin Maestro in quella sublimissima preghiera del Pater noster...: "Sia fatta la volontà tua come in cielo così in terra". (Epist. II, 341-342)

Secondo Mistero Doloroso. La Flagellazione di Gesù alla colonna.

...nelle ore di combattimento specialmente, ravvivate la vostra fede nelle verità della dottrina cristiana, e in modo singolarissimo ravvivate la fede nelle promesse di vita eterna che il dolcissimo Signor nostro fa a coloro che combatteranno con forza e coraggio. Valga a infondervi coraggio e a confortarvi il sapere che non si è soli nel soffrire, che tutti i seguaci del Nazareno sparsi nel mondo, patiscono le stesse cose: sono esposti anch'essi alle tribolazioni. (Epist. II, 248)

Sappiate poi soffrire tutto cristianamente e non temete, che nessuna sofferenza, per quanto basso ne sia il suo motivo, resterà senza merito per la vita eterna. Confidate e sperate nei meriti di Gesù, e così anche l'umile argilla diverrà oro finissimo da risplendere nella reggia del monarca dei cieli. (Epist. II, 473)

Rammentiamoci che la sorte delle anime elette è il patire; è la sofferenza sopportata cristianamente condizione a cui Dio, autore di ogni grazia e di ogni dono conducente a salute, ha stabilito di darci la gloria. In alto dunque i cuori, pieni di fiducia in Dio solo; umiliamoci sotto la potente sua mano, accettiamo di buon viso le tribolazioni a cui la pietà del Padre celeste ci sottomette, affinché egli ci esalti nel tempo della visita. Ogni nostra sollecitudine sia questa: "Amare Dio e a lui piacere", nulla curandoci di tutto il resto, sapendo che Iddio avrà cura sempre di noi, più che si possa dire o immaginare. (Epist. II, 248)

Terzo Mistero Doloroso. La Coronazione di spine.

Tutta la vostra vita, dunque, sia spesa nella rassegnazione, nella preghiera, nel lavoro, nell'umiltà, nel rendere grazie al buon Dio. Se vi avverrà di sentire ridestarsi in voi l'impazienza, ricorrete subito alla preghiera; considerate che stiamo sempre alla presenza di Dio, a cui dobbiamo rendere conto di ogni nostra azione, buona o cattiva. Soprattutto poi portate il vostro pensiero sulle annichilazioni che il Figliuolo di Dio ha sofferto per nostro amore. Il pensiero delle sofferenze e delle umiliazioni di Gesù voglio che sia l'oggetto ordinario delle vostre meditazioni. Se lo praticherete, come son certo, in breve tempo ne sperimenterete i salutari frutti. Una tale meditazione vi sarà di scudo per difendervi dall'impazienza allorché il dolcissimo Gesù vi manderà dei travagli, vi metterà in qualche desolazione, vorrà fare di voi un bersaglio di contraddizione. (Epist. III, 58)

"Nella vostra pazienza, dice il Figliuolo di Dio, voi possederete l'anima vostra". È dunque per mezzo di essa, che noi possederemo la nostra anima; ed a misura ch'ella sarà perfetta, il possesso dell'anima nostra sarà intero, eccellente. La pazienza è maggiormente perfetta, quando è meno mescolata di sollecitudini e di disturbi. Mi lusingo che Dio voglia liberarti da questi due ultimi incomodi.
...Non badar molto alla strada che batti, abbi gli occhi sempre fissi su colui che ti guida, sulla patria celeste alla quale egli ti conduce. Di che devi curarti, se sarà per i deserti o per i campi che tu ci giungerai, purché Dio sia sempre con te, e che arrivi al possedimento della beata eternità?... Il tutto sia fatto con calma e sii paziente nell'attendere le misericordie del Signore. (Epist. III, 829-830)

Quarto Mistero Doloroso. Il Viaggio al Calvario di Gesù carico della Croce.

Oh quanto è sublime e soave il dolce invito del divin Maestro: "Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, e prenda la sua croce e mi segua"! Era questo invito che faceva uscire santa Teresa in quella preghiera verso lo Sposo divino: "O patire o morire". Era pure questo invito che faceva esclamare santa Maria Maddalena de' Pazzi: "Sempre patire e non morire". Era pure per questo invito che rapito in estasi il serafico nostro padre san Francesco esclamava: "È tanto il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto".
Lungi sia da noi il lamentarci di quante afflizioni e infermità piacerà a Gesù mandarci. Seguiamo il divin Maestro per l'erta del Calvario carichi della nostra croce; e quando a lui piacerà metterci in croce, cioè tenerci a letto con l'infermità, ringraziamolo e teniamoci fortunati di tanto onore a noi fatto, sapendo che l'essere in croce con Gesù è atto sommamente più perfetto di quell'altro di contemplare solamente Gesù in croce. (Epist. II, 249)

Il Signore - diceva san Paolo - mortifica e vivifica; egli precipita nell'inferno e ne libera; egli ci rende poveri e ricchi, ci umilia e c'innalza.
...Il Signore carica e discarica, poiché quando egli impone una croce a uno dei suoi eletti, lo fortifica talmente, che sopportando il peso con essa, egli ne è sollevato. (Epist. I, 974)

...Il Signore non verrà mai meno nelle sue promesse: "Non temere, io ti farò soffrire, ma te ne darò anche la forza" - mi va ripetendo Gesù.
"Desidero che l'anima tua con quotidiano e occulto martirio sia purificata e provata; non ti spaventare se io permetto al demonio di tormentarti, al mondo di disgustarti, alle persone a te più care di affliggerti, perché niente prevarrà contro coloro che gemono sotto la croce per amor mio e che io mi sono adoperato per proteggerli".
"Quante volte - mi ha detto Gesù poc'anzi - mi avresti abbandonato, figlio mio, se non ti avessi crocifisso".
"Sotto la croce s'impara ad amare e io non la do a tutti, ma solo alle anime che mi sono più care". (Epist. I, 339)

Quinto Mistero Doloroso. La Crocifissione e Morte di Gesù.

La croce di Gesù e i dolori di Maria siano sempre fra la giustizia di Dio e i miei peccati. (Epist. II, 75)

...preferirei mille volte la morte, anziché determinarmi a offendere un Dio sì buono. (Epist. I, 187-188)

Consolati! tutto passa; Gesù ti presenta una croce... sì, ma non perderti d'animo: la croce di Gesù fu molto più pesante; non temere; egli è vicinissimo a te; e ti guarda; è lì per alleviarti i dolori e tu invocalo sia nei pericoli, sia nelle cose prospere. (Epist. IV, 696)

Deh! dunque, figliuolo mio, ama più di star sulla croce che ai piedi di essa, ama più agonizzare con Gesù nell'orto, che compassionarlo perché più ti assomigli al divin Prototipo. In quale circostanza puoi tu fare atti d'invariabile unione del tuo cuore, del tuo spirito alla santa volontà di Dio, della mortificazione dell'io, e dell'amore della tua crocifissione, se non negli aspri e rigorosi assalti che ti vengono mossi dai nostri nemici? Ma, mio carissimo figliuolo, non ti ho io sovente inculcato lo spogliamento di tutto ciò che non è Dio, per rivestirti del nostro Signore crocifisso? (Epist. IV, 493)

Il Calvario è il monte dei santi; ma al di là si passa a un altro monte, che denominasi Tabor (Epist. I, 829)

Gesù solo può comprendere che pena sia per me, allorché mi si prepara davanti la scena dolorosa del Calvario. È parimenti incomprensibile che sollievo si dà a Gesù non solo col compatirlo nei suoi dolori, ma quando trova un'anima che per amor suo gli chiede non consolazioni, ma di essere fatto partecipe dei suoi medesimi dolori.
Gesù quando vuol darmi a conoscere che mi ama, mi dà a gustare della sua passione le piaghe, le spine, le angosce... Quando vuol farmi godere, mi riempie il cuore di quello spirito che è tutto fuoco, mi parla delle sue delizie; ma quando vuole essere dilettato lui, mi parla dei suoi dolori, m'invita, con voce insieme di preghiera e di comando, ad apporre il mio corpo per alleggerirgli le pene.
...Gesù, uomo dei dolori, vorrebbe che tutti i cristiani l'imitassero. Ora Gesù questo calice l'offrì anche a me; io l'accettai, ed ecco perché non me ne risparmia. (Epist. I, 335-336)

Primo Mistero Glorioso. La Risurrezione di Gesù.

Resurrexit!... "Ita et nos in novitate vitae ambulemus": risorgiamo noi pure in vita nuova, morigerata e santa... Perché Gesù Cristo si sacrificò alla morte? Per espiare le nostre colpe, mi risponde la fede. Perché risuscitò con tanto strepito di prodigi? Per testimoniarci il conseguimento della nostra redenzione.
Nella morte di lui ci rammenta che eravamo morti per il peccato, nella sua risurrezione abbiamo invece un perfettissimo modello del nostro risorgimento alla grazia.
Siccome Gesù Cristo è risorto immortale alla vita di gloria, così, a dire con lo stesso san Paolo, dobbiamo noi pure risorgere immortali alla vita di grazia, con fermo proposito di non voler mai più, per l'avvenire, soggiacere alla morte spirituale dell'anima.
...Volevano le regole di una rigorosa giustizia che, risorto, Cristo salisse subito glorioso alla destra del suo celeste Padre nel possesso dell'eterno gaudio, come proposto si era nel sostenere l'acerbissima morte di croce. E, nondimeno, noi sappiamo benissimo che, per lo spazio di quaranta giorni, volle comparire risorto. Surrexit Dominus vere, et apparuit. E per che mai? Per stabilire, come dice san Leone, con sì eccelso mistero le massime tutte della novella sua fede.
Reputò, quindi, non aver fatto abbastanza per la nostra edificazione se, dopo esser risorto, non fosse comparso. Dico questo per la nostra edificazione, perché non basta a noi il risorgere ad imitazione di Cristo, se, a sua imitazione, non compariamo risorti, cambiati, e rinnovati nello spirito. (Epist. IV, 1083-1085)

Non vogliate sconfortarvi e perdervi di coraggio per l'enorme debito contratto con la divina giustizia. Gesù è di tutti, ma lo è a più ragione per i peccatori. Egli stesso ce lo dice: Non sono venuto per i giusti ma per i peccatori; non sono i sani che abbisognano del medico, ma gli infermi; il Figliuolo dell'uomo è venuto per salvare ciò che era perduto; in cielo si farà più festa per la conversione di un peccatore, che per la perseveranza di novantanove giusti.
Dunque, fatevi animo, e ritornate presto a Gesù che vi attende. (Epist. IV, 723-724)

Secondo Mistero Glorioso. L'Ascensione di Gesù al Cielo.

Oh quanto è bello il volto del nostro dolcissimo sposo Gesù! Oh quanto sono dolci i suoi occhi! Oh che felicità è lo stare vicino a lui sul monte della sua gloria! Là dobbiamo collocare i nostri desideri e le nostre affezioni, non nelle creature, nelle quali o non vi è bellezza o, se vi è, discende dall'alto.
...Ci rianimi il consolante pensiero che dopo asceso il Calvario, si ascenderà ancora più in alto, senza nostro sforzo; si ascenderà al monte santo di Dio, alla Gerusalemme celeste. Noi già, per divina bontà, siamo a metà strada per la salita del monte del dolore, poiché ci troviamo nella ferma risoluzione di ben servire e amare questa divina bontà. (Epist. III, 535-536)

Non tutti siamo chiamati da Dio a salvare anime e a propagare la sua gloria mediante l'alto apostolato della predicazione; e sappiate pure che questo non è l'unico e solo mezzo per raggiungere questi due grandi ideali. L'anima può propagare la gloria di Dio e lavorare per la salvezza delle anime mediante una vita veramente cristiana, pregando incessantemente il Signore che "venga il suo regno", che il suo santissimo nome "sia santificato", che "non c'induca in tentazione", che "ci liberi dal male".
...Pregate per i perfidi, pregate per i tiepidi, pregate anche per i fervorosi, ma specialmente pregate per il sommo Pontefice, per tutti i bisogni spirituali e temporali della santa Chiesa, nostra tenerissima madre; e una preghiera speciale per tutti coloro che lavorano per la salvezza delle anime e per la gloria di Dio con le missioni fra tanta gente infedele e incredula. (Epist. II, 70)

Se non abbiamo né sufficiente oro né incenso per offrire a nostro Signore, rammentiamoci che abbiamo della mirra a nostra disposizione. Offriamogli questa ed egli l'accetta volentieri.
Gesù glorificato è bello, ma quantunque egli sia tale, sembrami che lo sia maggiormente crocifisso. (Epist. IV, 149)

Terzo Mistero Glorioso. La Discesa dello Spirito Santo.

Passiamo adesso a considerare quello che l'anima deve praticare, perché lo Spirito Santo possa sicuramente in lei vivere. Il tutto si riduce alla mortificazione della carne con i vizi e con le concupiscenze e al riguardarsi dallo spirito proprio.
Per quanto riguarda la mortificazione della carne san Paolo ci avverte che "quelli che sono veri cristiani, hanno crocifisso la loro carne con i vizi e le concupiscenze". Dall'insegnamento di questo santo apostolo appare che chi vuole essere vero cristiano, chi vive cioè con lo spirito di Gesù Cristo deve mortificare la sua carne non per altro fine se non per devozione a Gesù, che per nostro amore volle sulla croce mortificare tutte le sue membra. Tale mortificazione deve essere stabile, salda e non incostante, duratura quanto la vita. Deve ancora il perfetto cristiano non accontentarsi di quella mortificazione rigida semplicemente nell'apparenza, ma deve essere dolorosa.

Così va fatta la mortificazione della carne, poiché l'Apostolo non senza ragione la chiama crocifissione. Ma qualcuno potrebbe opporci perché tanto rigore contro la carne? Insensato, se voi rifletteste attentamente a quel che dite, vi accorgereste che tutti i mali che patisce l'anima vostra vi provengono dal non aver saputo e dal non aver voluto mortificare, come si doveva, la vostra carne. Se volete guarire, giù alla radice, bisogna dominare, crocifiggere la carne, poiché è dessa la radice di tutti i mali.
L'Apostolo aggiunge pure che: alla crocifissione della carne va unita la crocifissione dei vizi e delle concupiscenze. Ora i vizi sono tutti gli abiti peccaminosi; le concupiscenze sono le passioni; e gli uni e le altre è necessario costantemente mortificare e crocifiggere acciocché non spingano la carne al peccato: chi si limita solo alla mortificazione della carne è simile a quello stolto che edifica senza le fondamenta.
Dissi pure che per far vivere lo Spirito Santo nell'anima si richiedeva il riguardarsi anche dallo spirito proprio, il quale s'insinua, se l'anima non è accorta, anche quando ella ha mortificato la sua carne.
...San Paolo ci avvisa: "Se viviamo per lo Spirito, camminiamo per lo Spirito", quasi come se volesse dirci a comune nostra edificazione: vogliamo vivere spiritualmente, cioè mossi e guidati dallo Spirito Santo? Siamo accorti nel mortificare lo spirito proprio, il quale ci gonfia, ci rende impetuosi, ci dissecca; badiamo insomma a reprimere la vanagloria, l'iracondia, l'invidia: tre spiriti maligni che tengono schiavi la maggior parte degli uomini. Questi tre spiriti maligni si oppongono estremamente con lo Spirito del Signore. (Epist. II, 203-205)

Intorno a tre grandi verità specialmente bisogna pregare lo Spirito Paraclito che ci illumini, e sono: che ci faccia conoscere sempre più l'eccellenza della nostra vocazione cristiana. L'essere scelti, l'essere eletti tra innumerabili, e sapere che questa scelta, che questa elezione è stata fatta, senza nessun nostro merito, da Dio fin dall'eternità "ante mundi constitutionem", a solo fine che fossimo suoi nel tempo e nell'eternità, è un mistero sì grande e insieme sì dolce, che l'anima per poco che lo penetra, non può non liquefarsi tutta in amore.
Secondariamente preghiamo che ci illumini sempre di più intorno all'immensità dell'eterna eredità a cui la bontà del celeste Padre ci ha destinati. La penetrazione del nostro spirito in questo mistero aliena l'anima dai beni terreni, e ci rende ansiosi di arrivare alla patria celeste.
Preghiamo infine il Padre dei lumi che ci faccia sempre più penetrare il mistero della nostra giustificazione, che da miseri peccatori ci trasse a salute. La nostra giustificazione è un miracolo estremamente grande che la sacra scrittura lo paragona con la risurrezione del divin Maestro. (Epist. II, 198-199)

Quarto Mistero Glorioso. L'Assunzione di Maria Vergine al Cielo.

Tenete sempre sotto il vostro sguardo questa sì eloquente lezione, che è degna di essere molto bene intesa: la presente vita non ci è data se non per acquistare l'eterna, e per mancanza di questa riflessione fondiamo i nostri affetti in quello che appartiene a questo mondo, nel quale andiamo passando; e quando bisogna lasciarlo ci spaventiamo e turbiamo. Credetemi, per vivere contenti nel pellegrinaggio, bisogna aver presente agli occhi nostri la speranza dell'arrivo alla nostra patria, dove eternamente ci fermeremo, e frattanto credere fermamente; perché è vero che Dio che ci chiama a sé, riguarda come andiamo a lui, e non permetterà giammai che ci avvenga cosa alcuna che non sia per nostro maggior bene. Egli sa chi noi siamo e ci stenderà la sua paterna mano nei cattivi passi, acciocché nessuna cosa ci trattenga per correre a lui veloci; ma per ben godere di questa grazia, bisogna avere una totale confidenza in lui. (Epist. III, 725-726)

Noi cattolici che veneriamo in Maria santissima la madre più tenera e affettuosa che dir si possa, non possiamo far a meno di esultare di gioia... alla memoria del suo maggior trionfo, voglio dire la sua assunzione al cielo e la sua incoronazione a regina degli angeli e di tutti i santi. Tratteniamoci dunque alquanto a considerare la potenza e la gloria di Maria santissima assunta in cielo, per infervorarci maggiormente alla devozione e alla fiducia verso di lei.
Dopo l'ascensione di Gesù Cristo al cielo, Maria ardeva continuamente del più vivo desiderio di riunirsi a lui. Ed oh! gli infocati sospiri, i pietosi gemiti che essa gli indirizzava di continuo, perché la chiamasse a sé. Senza il suo divin Figliuolo, a lei sembrava di trovarsi nel più duro esilio. Quegli anni in cui dovette stare divisa da lui furono per lei il più lento e penoso martirio, martirio d'amore che la consumava lentamente.
Ma ecco finalmente l'ora sospirata è giunta e Maria sente la voce del suo diletto che la chiama lassù: "Veni, soror mea, dilecta mea, sponsa mea, veni": vieni, o diletta del mio cuore, è finito il tempo di gemere sulla terra; vieni o sposa, a ricevere dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo la corona che ti sta preparata in cielo.
...Il cuore le dice che le sue brame stanno per essere soddisfatte e tutta lieta si dispone a lasciare la terra.
...Gesù che regnava in cielo con l'umanità santissima, che aveva preso dalle viscere della Vergine, volle che pure la Madre sua non solo con l'anima, ma anche con il corpo, si riunisse a lui e dividesse appieno la sua gloria. E ciò era ben giusto e doveroso.
Quel corpo che neppure un istante era stato schiavo del demonio e del peccato, non lo doveva essere neppure nella corruzione. (Epist. IV, 1087-1089)

Quinto Mistero Glorioso. L'Incoronazione di Maria Vergine.

La Vergine santissima possa nascere nei nostri cuori, per apportarci le sue benedizioni. (Epist. III, 482)

La santissima Vergine ci ottenga l'amore alla croce, ai patimenti, ai dolori ed ella che fu la prima a praticare il Vangelo in tutta la sua perfezione, in tutta la sua severità, anche prima che fosse pubblicato, ottenga a noi pure e dessa stessa dia a noi la spinta di venire immediatamente a lei d'appresso.
Sforziamoci noi pure, come tante anime elette, di tener sempre dietro a questa benedetta Madre, di camminare sempre appresso ad ella, non essendovi altra strada che a vita conduce, se non quella battuta dalla Madre nostra: non ricusiamo questa via, noi che vogliamo giungere al termine.
Associamoci sempre a questa sì cara Madre: usciamo con essa appresso Gesù fuori di Gerusalemme, simbolo e figura del campo dell'ostinazione giudaica, del mondo che rigetta e che rinnega Gesù Cristo, e dal quale Gesù Cristo ha dichiarato di essersi separato, avendo detto: "Ego non sum de mundo" e che ha escluso dalla sua preghiera fatta al Padre: "Non pro mundo rogo". (Epist. I, 602)

Vorrei avere una voce sì forte per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna. Ma poiché ciò non è in mio potere, ho pregato, e pregherò il mio angiolino a compiere per me questo ufficio. (Epist. I, 277)

La Chiesa romana ha pure la nota di santità, perché possiede tutto ciò che comprendesi sotto questo nome di santità considerata come nota della Chiesa. Difatti la santità come nota della Chiesa è riposta in tre cose; cioè nella santità dei fondatori; nella santità di professione ossia della dottrina e nella santità delle sue principali membra ossia che molte membra siano sante. Questa santità sebbene non possa conoscersi, perché è interna, pure si rende visibile e manifesta per mezzo delle opere buone esteriori. Ma la sola Chiesa romana è fornita di questa triplice santità, primo perché riconosce per fondatori uomini insigni per santità quali sono: Cristo, gli apostoli, gli uomini apostolici, i santi padri e molti altri che ad essi successero, i sommi pontefici, i vescovi, i quali forniti di santità hanno dato il proprio sangue per la religione.
Santa è anche la dottrina, sia che riguarda il domma, sia la morale; i suoi insegnamenti mirano alla pratica delle più sublimi virtù e alla fuga dei vizi benché piccoli. Santa è anche la Chiesa romana per santità delle molte sue membra, giacché non sono mai mancati in ogni tempo e in ogni luogo uomini e donne insigni in ogni genere di virtù. (Epist. IV, 1033-1034)

Piaccia a Dio e alla Vergine santissima renderci degni della gloria eterna. (Epist. IV, 145)